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Il bambino soggetto di diritto: una “rivoluzione”

Parlare con i bambini e ascoltarli in tutte le questioni che li riguardano, è forse uno dei diritti umani più violato Ex-press

In Svizzera si calpesta regolarmente il diritto dei minori di essere consultati sulle questioni che li riguardano. Lo denuncia una Commissione federale che chiede la promozione di una "cultura della partecipazione" per porre fine alla discriminazione dei bambini.

Le cifre sono esplicite. Su circa 14mila procedimenti di divorzio fra genitori di minorenni che annualmente sono trattati nella Confederazione, soltanto nel 10% dei casi i figli sono interpellati dai giudici. Ciò viola l’articolo 12 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo (CDF), ratificata dalla Svizzera nel 1997, che sancisce il diritto dei minori di essere ascoltati in ogni procedura che li concerne.

La Convenzione, infatti, “è vincolante per gli tutti gli stati che l’hanno sottoscritta”, ha sottolineato il presidente della Commissione ONU dei diritti dell’infanzia, Jean Zermatten, il 17 novembre a Berna, durante la presentazione del rapporto della Commissione federale per l’infanzia e la gioventù (CFIG), “Ascoltiamo i bambini”. Non c’è una facoltà discrezionale: tutte le disposizioni della Convenzione devono essere applicate, ha insistito l’ex giudice dei minorenni.

Le audizioni di figli minorenni nei procedimenti di divorzio costituiscono dunque “un obbligo giuridico” e la loro esclusione “una discriminazione”, precisa Zermatten. Del resto questo diritto di audizione nelle procedure di divorzio in Svizzera è esplicitato nella legge, ricorda l’esperto.

Il problema risiede nella prassi. Reticenze e negligenze nell’applicazione del diritto dei minori di esprimere la loro opinione e di essere presi veramente in considerazione è legato al profondo cambiamento di mentalità che questo comporta, spiega a swissinfo.ch il presidente della Commissione ONU.

Da oggetto da proteggere a soggetto da ascoltare

“Il bambino è stato a lungo considerato un oggetto di diritto, non un soggetto. Nelle nostre menti c’è ancora l’idea secondo cui il bambino è un nostro bene, per il quale possiamo decidere quello che vogliamo. La Convenzione ONU lo ha fatto diventare un attore giuridico. È una vera rivoluzione. C’è quindi un’enorme difficoltà di accettazione sociale” di questa nuova condizione del bambino, considerato come individuo con diritti umani inalienabili alla stessa stregua di qualsiasi adulto.

Gli specialisti che hanno partecipato ai lavori della Commissione federale refutano la tesi secondo cui è preferibile non coinvolgere il bambino nei procedimenti di divorzio per il suo stesso bene. “È una rappresentazione distorta della realtà. Per il bambino è importante poter partecipare attivamente, essere preso sul serio. Ciò lo rafforza e gli permette di sviluppare resilienze”, sostiene Michelle Cottier, professoressa assistente di diritto all’università di Basilea e giudice supplente.

“Dagli studi che abbiamo effettuato è anche emerso che nei tribunali dove i bambini sono consultati regolarmente si hanno molte più informazioni, il bambino è più felice e c’è un beneficio per tutto il procedimento. Dunque è un investimento proficuo”, ha detto a swissinfo.ch il vicepresidente della CFIG Luca Cirigliano.

Il giudice argoviese definisce “quasi scandalosa” la proporzione attuale del 10% di minori consultati nei procedimenti di divorzio. “L’obiettivo della Commissione è di invertire le cifre: i figli dovrebbero essere consultati nel 90% dei casi”.

Ci sono effettivamente casi in cui il bambino si trova in situazione di conflitto acuto tale per cui un’audizione gli recherebbe pregiudizio. “Perciò il giudice può, per giusti motivi, rinunciare ad ascoltarlo. Il bambino deve avere la possibilità di partecipare, ma non deve diventare vittima della procedura”, spiega Zermatten. Il direttore dell’Istituto internazionale per i diritti dei minori ritiene inoltre “che si debba essere molto prudenti nell’audizioni di bambini in tenerissima età”.

Sensibilizzare e formare

Ma identificare l’interesse superiore del bambino, raccogliere in modo adeguato la sua opinione e interpretarla correttamente “non è un gioco da ragazzi”, riconosce la Commissione. Per questo, considera indispensabile una formazione adeguata dei decisori, l’assistenza di specialisti nelle procedure e una vasta campagna d’informazione e di sensibilizzazione.

Per quanto riguarda i giudici, “in tutti i cantoni hanno già l’obbligo di seguire una formazione continua, solitamente ripartita in due o tre volte all’anno. Attualmente le materie non strettamente giuridiche non vengono quasi mai prese in considerazione. È un peccato, perché non comporterebbe costi supplementari se in questo ambito degli psicologi insegnassero ai giudici come formulare le domande, come porsi davanti ai bambini”, osserva Luca Cirigliano.

Il vicepresidente della CFIG è però fiducioso su un miglioramento a partire dal 2013, quando “nella maggior parte dei cantoni ci saranno dei tribunali specifici per problemi familiari”. Fa l’esempio del canton Argovia, dove “vi saranno tre giudici: un giurista, uno psicologo e un medico”.

Ancora molto da fare in ogni ambito

I procedimenti di divorzio sono comunque solo la punta dell’iceberg. La CFIG evidenzia come l’articolo 12 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo non sia rispettato in quasi tutti i campi e a tutti i livelli, dalla famiglia alla scuola, dai comuni ai cantoni e alla confederazione.

Del resto, un’illustrazione delle difficoltà di concretizzare questa cultura partecipativa in cui il minorenne è un attore viene proprio dalla stessa CFIG. Alla presentazione del rapporto, fra gli oratori non c’era alcun minore.

“Forse invitare un bambino ad esporre i suoi pensieri in una conferenza stampa non sarebbe stata la cosa più adeguata e più interessante”, obietta Luca Cirigliano. Il giudice argoviese precisa che ai minori è stata data la parola e che le loro opinioni sono state considerate nei lavori che hanno portato al rapporto. E in quest’ultimo sono riportate le riflessioni dei bambini e dei ragazzi intervistati in Ticino e nella Svizzera tedesca.

“Tutti sono stati piccoli. Allora perché i grandi non sanno più come si parla con i bambini?”, chiede ad esempio un bambino di 11 anni. Qualcuno fra tutti i membri del governo e del parlamento, ai quali sarà consegnato il rapporto, sarà in grado di rispondergli?

Il rapporto della Commissione federale per l’infanzia e la gioventù (CFIG) presenta una sintesi dei lavori di un convegno sull’applicazione del diritto del bambino di esprimere la propria opinione e di essere ascoltati, svoltosi a Bienne nel novembre 2010, cui hanno partecipato oltre 180 specialisti.

Il documento comprende dichiarazioni di minori in merito a questo loro diritto.

Contiene anche sette raccomandazioni della CFIG per l’applicazione di tale diritto. Queste sono rivolte a tutte le autorità, ai politici, ai professionisti, ai genitori e a tutti coloro che operano con minori. Si tratta in breve di:

istituire un programma nazionale coordinato, che faccia capo alla Confederazione e ai Cantoni, con valutazioni e dati standardizzati;

promuovere progetti partecipativi;

promuovere l’informazione e la sensibilizzazione a tutti i livelli;

adattare le basi legali in modo capillare e mettere a disposizione interlocutori facilmente accessibili;

migliorare la partecipazione alle procedure;

aumentare i programmi di formazione;

integrare i diritti dei minori nelle istituzioni.

Quasi tutti gli stati hanno ratificato la Convenzione dell’ONU del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo (CDF). La Svizzera lo ha fatto il 26 marzo 1997.

L’articolo 12 della CDF recita:

“(1) Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità.

(2) A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale”.

Istituita nel giugno 1978, la Commissione federale per l’infanzia e la gioventù (CFIG) è un organo consultivo per il governo svizzero e altri enti della Confederazione. Prende posizione su temi che riguardano i bambini e i giovani e formula proposte in materia, all’indirizzo delle autorità elvetiche. È composta di 20 membri che per la loro attività professionale o la loro esperienza in organizzazioni sono considerati esperti nella politica giovanile e dell’infanzia. Ogni membro è nominato per un mandato di 4 anni, rinnovabile al massimo per altri 4 anni.

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