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I sapori della Scuola Svizzera di Milano

Niente di meglio che un piatto di lasagne per far felici i bambini swissinfo.ch

Quest'anno, l'istituto elvetico compie 150 anni. A saziare la fame dei circa 360 allievi ci pensano due mamme-chef davvero speciali: Marlis Waser e Laura Spazi. Il loro segreto? Cucinare come se fossero ai fornelli di casa.

Ne è passato di tempo da quando la Scuola Svizzera di Milano era la “Scuola Internazionale delle famiglie protestanti di Milano”. Fu inaugurata il 10 dicembre del 1860 con soli 4 scolari.

Malgrado il nome, la scuola era laica, completamente indipendente dalla chiesa, e aperta sin dall’inizio a bambini di tutte le nazionalità e religioni. Un gruppo di genitori molto determinati ed esponenti della colonia svizzera, sotto la guida di Adolf Nadig – che sarà poi il primo presidente della scuola elvetica -, portarono avanti i preparativi per la fondazione di un’istituzione sganciata dall’appellativo di scuola protestante.

Tuttavia solo nella primavera del 1919 si poté dare vita alla ” Scuola Svizzera di Milano”. Il 1° ottobre del 1919 la scuola aprì i cancelli per i suoi primi 50 scolari.

La prima sede dell’istituto era quella di via Carlo Porta, spesso ricordata nei diari degli alunni conservati nell’archivio. Anche il Corriere della Sera nell’autunno del 1923 in un articolo illustrava il cambiamento di sede nell’attuale edificio di via Appiani, in un fabbricato modello per quegli anni.

Si legge nella bacheca della scuola: “Il 30 maggio del 1939 il nuovo edificio fu inaugurato con una spesa globale di lire 20’420.45 tra pranzi al Palace Hotel e alla Società Svizzera, una monografia, fiori e cantante”. Sopravvivono a quel mondo in bianco e nero, le risa dei ragazzi, i colori, le corse ginniche nel cortile interno, dove ancora si respira la disciplina che sarà utile nella vita che verrà.

A pochi passi e sotto i nomi di tutti i presidi e insegnanti affissi in una monumentale scultura fissata al muro di uno degli ingressi principali c’è la mensa, con la sua storia che sa di un tempo che non c’è più, e per questo veniamo richiamati dal profumo delle lasagne fatte in casa e dai fiori di zucca, cosa inconsueta per una scuola, dove spesso sono gli odori di sughi insignificanti a farla da padrone.

Cuoche per caso

Manca un’ora a mezzogiorno, è il primo turno dei bambini dell’asilo. In cucina Marlis e Laura si muovono con grazia attorno alla spesa che hanno fatto la mattina nel mercato vicino alla scuola. Bolle l’acqua, fischiano le pentole sui fornelli, e loro sanno di aver realizzato un sogno: mamme e chef per passione.

“Facciamo circa duecento coperti al giorno e non basta saper cucinare – dice Laura, una ex biologa italiana che ha mandato i suoi due figli italiani alla scuola svizzera – occorrono fantasia, curiosità, e quella voglia di saper trasmettere la genuinità ai ragazzi. Cerchiamo anche noi di rinnovarci con proposte sempre accattivanti. Sapevamo cosa voleva dire vedere i propri figli con le merendine nello zaino”.

Le due cuoche per caso si sono affiatate con il tempo. Entrambe hanno varcato i cancelli della scuola per anni insieme ai figli. Lavoravano come assistenti alla scuola materna della scuola svizzera e a tempo perso cucinavano per le grandi occasioni della scuola o della comunità svizzera italiana.

Poi, un giorno, hanno deciso di prendere in gestione la mensa della scuola dei loro figli, l’Istituto Svizzero. Hanno raccolto la sfida, ben sapendo che quello che sapevano fare a casa poteva essere una risorsa in una mensa scolastica. Così, quando è scaduto il contratto con la precedente ditta appaltatrice del servizio mensa si sono guardate negli occhi e hanno redatto la loro candidatura con una lettera all’attuale direttrice scolastica Christina Urech.

“Non sapevamo da che parte cominciare”

“Per me è stata una bella sorpresa, ma un po’ ci speravo perché sapevo che Marlies e Laura sono davvero affiatate e cucinano come se fossero a casa – dice Christina Urech – . È nella tradizione della scuola il senso della famiglia e della qualità. Abbiamo valutato la proposta con il consiglio direttivo e ci siamo detti perché non provare?”.

All’inizio le due mamme chef non avevano idea di cosa le aspettasse. “Siamo state un po’ sprovvedute – incalza Marlis Waser – e i primi giorni non dormivamo la notte dalla paura. Eppure è stato quel pizzico di incoscienza a darci il coraggio per trovare un metodo. Ci siamo rese conto che dovevamo prendere la mano sul numero dei coperti e organizzarci per proporre qualcosa di spontaneo. Ricordo che non sapevamo da che parte cominciare. E la prima volta che abbiamo fatto la spesa sembrava dovessimo dar da mangiare a duecento Golia”.

Pasta rigorosamente al dente

Messi da parte le trafila di scartoffie, i corsi di abilitazione, le procedure di idoneità e abilitazione sanitaria, ad agosto hanno incominciato a prendere confidenza con la mensa.

Ogni mattina Marlis e Laura si alzano alle 7 per poi andare in cucina. Alle 10 preparano la merenda. Di solito qualche torta ai mirtilli, alle mele, le crostata, tanta frutta e lo yogurt fresco.

Al mercoledì c’è la fila di prenotazioni per la piadina alla nutella. Il pranzo è alle 12 e alle 13 quando arrivano scaglionati gruppi di 40-50 allievi. Dal corridoio si sente un boato. I bambini si affacciano al vetro della sala pranzo e qualcuno entra in cucina per chiedere qual è il menu.

“Fosse per i bambini – dicono le mamme chef – tutti i giorni dovremmo fare i rösti, i würstel, i rösti di mele o i capuns. Per le minestre o le zuppe di lenticchie, che non sono tanto gradite, ai più piccoli regaliamo la caramella per incitarli a mangiare qualcosa di sano. Ma dobbiamo tener conto che il menu è internazionale e cercando così di conciliare anche le esigenze del Comune di Milano. Tuttavia ci impegniamo a soddisfare tutti, sia i bambini svizzeri che quelli italiani, con abitudini e preferenze alimentari diverse. Qui, la pasta non manca mai ed è al dente. La scoliamo quando li sentiamo arrivare dal cortile”.

Gli allievi si siedono con le forchette e fanno tintinnare i piatti nell’attesa. Qualcuno si lecca i baffi. Poco più in là, un bambino appende un disegno con le due cuoche sorridenti, più grandi di due titani e una caramella al posto di una nuvola. È proprio vero che le “minestrine” aguzzano la fantasia.

Ambra Craighero, swissinfo.ch, Milano

La Scuola svizzera di Milano è sottoposta alla sorveglianza del Dipartimento Federale degli Interni ed è legalmente riconosciuta dalle autorità italiane.

È retta dall’Associazione Scuola svizzera di Milano e dal 2007 Christina Urech è la direttrice scolastica.

Nella Scuola Svizzera di Milano ci sono ben 360 allievi così suddivisi: 105 all’asilo; 140 alle elementari; 61 alle medie e 45 al liceo divisi in 4 classi.

Gli insegnanti hanno una formazione svizzera e svolgono le lezioni in tedesco per tutte le materie. Tutte le discipline vengono insegnate in tedesco e in italiano fin dall’asilo.

Inoltre gli allievi hanno un’insegnante italiana per le lezioni di italiano e, in seguito, di storia. In alcune materie le classi vengono divise in due gruppi, per dare l’opportunità agli allievi di potersi esprimere anche oralmente.

Dal 2004 gli allievi sostengono gli esami di maturità secondo il nuovo Regolamento svizzero di Riconoscimento della Maturità (MAR), emanato nel 1995 dal governo svizzero.

Dal 1939 al 1945 la Scuola svizzera di Milano continuò tenacemente la sua attività didattica continuando ad essere un punto di riferimento per la comunità.

Il sabato 24 ottobre del 1942 una pioggia di bombe cadde sulla città – 42.234 bombe incendiarie – e dei 340 bambini presenti al sabato, solo 126 se ne presentarono al lunedì.

Gli altri si erano rifugiati con le famiglie. Pur di far proseguire le lezioni, già dalla prima guerra mondiale la Scuola internazionale aveva aperto una “filiale” a Lugano Paradiso.

A Milano ad ogni allarme antiaereo gli allievi e gli insegnati si spostavano in cantina, dove le lezioni proseguivano a lume di candela. Nella notte tra il 12 e il 13 agosto del 1943 l’edificio di via Appiani venne danneggiato da due bombe: una demolì l’ingresso e l’asilo; l’altra una parte del cortile.

Fortunatamente in breve tempo fu ripristinato l’edificio scolastico perché pochi mesi prima la Scuola Svizzera di Milano aveva aderito ad una mutua svizzera, un’assicurazione volontaria per i danni della guerra creata dagli svizzeri di Milano e poi estesa ad altre città italiane.

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