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I Rom non viaggiano più di me e te

Rom nella regione di Bacau, in Romania. Yves Leresche

Allarmato dai pregiudizi veicolati nella campagna contro l'estensione della libera circolazione a Romania e Bulgaria, un gruppo di ONG cerca di far chiarezza sulla figura dei Rom, sedentari ormai da diverse generazioni. Intervista a Cristina Kruck.

In un comunicato congiunto, l’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati, Amnesty International, l’Associazione per i popoli minacciati, la Fondazione Rroma e l’Associazione svizzera dei diritti umani hanno condannato la campagna «populista» lanciata in vista delle votazioni dell’8 febbraio.

Se il popolo dovesse accettare il rinnovo e l’estensione dell’accordo di libera circolazione delle persone con l’Unione Europea, da due a tre milioni di zingari verrebbero in Svizzera per mendicare o rubare, almeno secondo quanto sottintendono gli oppositori.

Presidente della Fondazione Rroma, Cristina Kruck ha 73 anni e vive a Zurigo. Originaria dell’Estonia, è cresciuta in Svizzera e ha lavorato tra l’altro per il Comitato internazionale della Croce Rossa prima di dirigere l’ONG zurighese, sostenuta dal finanziere George Soros.

swissinfo: In quale misura i pregiudizi contro i Rom stanno segnando la campagna in vista del voto dell’8 febbraio?

Cristina Kruck: Finora non sono mancati gli annunci sui giornali e le dichiarazioni di alcuni politici come Christoph Blocher che cercano di veicolare tutta una serie di pregiudizi contro i Rom, a partire dall’appellativo «nomadi».

Si tratta di un mito particolarmente presente in Svizzera, anche se da diversi secoli la maggior parte dei Rom sono sedentari. Sui 12 milioni che risiedono in Europa, soltanto l’1% può essere considerato nomade. La maggior parte appartiene ai gruppi Sinti, Manouches o Kalderaches.

I timori legati a un’invasione di Rom in Svizzera sono completamente infondati. Dal 2004, decine di migliaia di persone avrebbero potuto varcare i confini elvetici provenienti da Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia o altri paesi baltici. Ma non è stato il caso.

swissinfo: In Svizzera i Rom vengono spesso associati a mendicanti provenienti dall’Europa orientale. È anche questa una leggenda?

C.R.: Si tratta di un gruppo minoritario. La maggior parte proviene dalla Francia e può avere origini rumene.

swissinfo: Significa che gli svizzeri non conoscono davvero quei Rom – da 50 a 60’000 – che vivono sul loro territorio?

C.R.: Se mi presento come una rom, mi viene immancabilmente chiesto se so leggere e scrivere. In Svizzera questi gruppi preferiscono dunque essere discreti, perché è sempre meglio essere scambiati per jugoslavi che per rom.

La maggior parte di coloro che vivono in Svizzera ha il passaporto rossocrociato. Sono ristoratori, medici, ingegneri o magazzinieri. Provengono dall’ex Yugoslavia, dalla Polonia o da altri paesi. Hanno lingue e tradizioni diverse, pur essendo perfettamente integrati.

swissinfo: Si può parlare di una certa coesione all’interno della comunità Rom?

C.R.: Siamo senza dubbio uniti, anche se prima di tutto apparteniamo al nostro gruppo (Kalderache, Lovar, Arlije, ecc.) ed eventualmente al nostro paese d’origine (Ex Yugoslavia, Ungheria, Polonia). La maggior parte dei Rom che vivono nel nostro paese sono comunque svizzeri e si sentono svizzeri.

swissinfo: Ritiene che siano discriminati in Svizzera?

C.R.: La campagna in vista delle votazioni dell’8 febbraio dimostra chiaramente come gli argomenti utilizzati contro gli zingari si basino su pregiudizi e stereotipi. Se i rom mettono l’accento sulle loro origini etniche rischiano dunque di essere discriminati. Per questo è più semplice far riferimento alla nazionalità, che spesso pone meno problemi.

Questi pregiudizi non toccano soltanto la Svizzera, ma tutta l’Europa centrale e sono da ricondurre alle difficoltà economiche dei paesi dell’ex blocco sovietico.

Un po’ ovunque è quindi più semplice nascondere la propria appartenenza alla comunità Rom per evitare di essere considerato povero, ladro e a capo di una famiglia troppo numerosa.

swissinfo: I Rom sono spesso associati alla musica. È un altro mito?

C.R.: Si tratta senza dubbio di un’immagine più positiva, ma resta comunque un pregiudizio. Tra i Rom, infatti, gli artisti non sono sempre ben visti perché spesso accettano di suonare un tipo di musica non tradizionale per i Gadjés, i non gitani.

swissinfo: Ma quali sono allora le specificità culturali dei Rom?

C.R.: In primo luogo la lingua, trasmessa attraverso la cultura orale. La scrittura è stata introdotta soltanto da una quindicina di anni, ma ciò nonostante la lunga tradizione orale ha ancora un’importanza fondamentale. Ed è proprio in quei paesi dove si è cercato di sopprimere la lingua dei Rom che sono sorti i problemi più grossi.

Intervista swissinfo, Frédéric Burnand, Ginevra
(Traduzione, Stefania Summermatter)

Rom è il termine più corretto da utilizzare, al posto di zingari o gitani.

In italiano è invariabile, ma nella lingua rom viene declinato in Rroma (plurale) e Rromni (femminile).

L’espressione, che significa uomo / marito, designa tutti i gruppi che compongono questo popolo partito dal Rajastan (India) nell’Ottavo secolo dopo Cristo.

I Rom sono la principale minoranza etnica dell’Europa (da 8 a 12 milioni di persone).

La prima ondata di immigrati Rom è giunta in Svizzera dopo la Seconda Guerra mondiale.

La maggior parte è ben integrata: parlano una lingua nazionale, lavorano e mandano i propri figli a scuola.

In seguito alla pulizia etnica in Bosnia e in Kosovo, molti Rom hanno cercato rifugio nell’Europa dell’Est. Dei 300’000 Rom che vivevano in Kosovo prima della guerra, non ne restano che 20’000.

Fonte: Fondazione Rroma

Istituita nel 1993, la Fondazione Rroma si è stabilita in Svizzera grazie all’aiuto del finanziere George Soros.

Attualmente, la Fondazione Rroma sostiene e finanzia dei progetti in diversi paesi dell’Europa dell’Est, come ad esempio delle borse di studio, dei programmi di scolarizzazione e dei progetti sanitari.

In svizzera si occupa soprattutto dei rifugiati rom.

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