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I pirati virtuali affondano il Compact Disc

Il buon vecchio CD ha i giorni contati Reuters

Mentre si moltiplicano i pirati musicali in Internet, le vendite di CD hanno raggiunto il minimo storico negli Stati Uniti. Una tendenza che non risparmia nemmeno la Svizzera, con conseguenze pesanti soprattutto sui giovani artisti.

Dopo i dischi di vinile e le audiocassette, anche il buon vecchio Compact Disc sembra avere i giorni contati. Il mercato discografico tradizionale è infatti confrontato a una crisi senza precedenti: negli Stati Uniti per il settimo anno consecutivo le vendite di album hanno fatto registrare perdite a due cifre (-14%), da 500,5 a 428,4 milioni. Dal 2000 il commercio di CD si è praticamente dimezzato, mentre fiorisce l’offerta di siti internet illegali dove scaricare gratuitamente brani protetti da copyright.

La rete vanta una banca dati vastissima: basta un semplice clic per procurarsi gli ultimi successi discografici o le canzoni che hanno segnato la storia della musica. Ogni giorno sono milioni gli utenti che scaricano da internet, incuranti delle leggi sui diritti d’autore in vigore in Svizzera. D’altronde come resistere alla tentazione di procurarsi un prodotto artistico senza nemmeno sborsare un centesimo?

Cronaca di una morte annunciata

Se i vantaggi per gli utenti sono indiscutibili, per l’industria musicale questa tendenza ha conseguenze talmente pesanti da rimettere in questione il futuro stesso dei CD. «Si calcola che dal 2000 la cifra d’affari sia diminuita del 50%», spiega Roger Chevallaz dell’Ufficio stampa dell’Associazione svizzera per la lotta contro la pirateria (SAFE).

Dietro a questi dati si nasconde tuttavia una realtà ancor più preoccupante. «Oggi le canzoni ci accompagnano in gran parte delle attività che svolgiamo, sul posto di lavoro, nei centri commerciali e perfino su una montagna o in mezzo a un bosco. L’invenzione dell’MP3 ha favorito la diffusione della musica, aumentandone il consumo. Ciò significa che le perdite per il settore vanno ben oltre le stime».

Una tendenza confermata anche dalla Società svizzera per i diritti degli autori di opere musicali (SUISA) che da anni registra un calo delle entrate provenienti dai diritti di riproduzione. «Nel 2007 il fatturato delle licenze centrali dei supporti sonori è sceso di circa 800’000 franchi», precisa il portavoce Martin Wüthrich. «E la contrazione sarebbe stata ancora più sensibile senza gli introiti provenienti dai video musicali».

Sensibilizzare i consumatori

Chi viola la legge in ambito di diritti d’autore rischia una multa di diverse migliaia di franchi e, in casi estremi, la prigione. Pene severe, che sembrano tuttavia non spaventare particolarmente le migliaia di persone che ogni giorno partecipano attivamente alle borse di scambio «peer to peer», un sistema gratuito che permette di collegare tra loro gli internauti e di condividere il contenuto del proprio disco fisso.

Anche se tecnicamente è possibile identificare il computer da cui è stato scaricato materiale illegalmente, attraverso il cosiddetto indirizzo IP, in pratica sporgere denuncia contro tutti i pirati di Internet provocherebbe un blocco totale dell’apparato giudiziario.

Come contrastare dunque questo fenomeno? La strategia da seguire è duplice, spiega Roger Chevallaz. «Si tratta prima di tutto di spiegare al consumatore che una prestazione di questo tipo non può essere gratuita e invitarlo a rispettare la regola del fairplay. È un appello a una maggiore responsabilità perché quando si pretende un prodotto di qualità bisogna anche essere disposti a pagarlo».

Se una cultura a costo zero non può esistere, allora scaricare musica abusivamente può paradossalmente contribuire alla rovina dei propri beniamini, come sostengono le organizzazioni antipirateria. Un’equazione che colpisce in modo particolare gli artisti meno conosciuti che spesso faticano a finanziare il loro lavoro e a vivere di sola musica.

Spingere i consumatori a un comportamento più responsabile non è tuttavia sufficiente a frenare la pirateria su Internet. Per questo motivo, SAFE ha incaricato una serie di ispettori di scovare sulla rete quei siti illegali che offrono brani musicali protetti da copyright senza un’autorizzazione ufficiale o che più semplicemente mettono a disposizione una serie di link ad altri siti dove gli internauti possono scaricare gratuitamente.

Il fatto che internet sia un mezzo di comunicazione a portata internazionale complica tuttavia ulteriormente il lavoro della giustizia. «Ogni Stato ha le proprie norme ed è quindi difficile perseguire penalmente un sito estero che diffonde opere protette, pur essendo accessibile in Svizzera», spiega Roger Chevallaz. «Se all’interno dell’Unione Europea la collaborazione funziona piuttosto bene, per altri paesi – come la Russia – sono necessari nuovi trattati internazionali che permettano di punire chi gestisce questi siti illegali ed evitare che possano trasferirli tranquillamente da uno Stato all’altro».

Una rovina per gli artisti emergenti

A guardare meglio l’evoluzione dell’industria discografica svizzera, il bicchiere non è però soltanto mezzo vuoto: il mercato è in continua crescita, grazie anche al successo di servizi come iTunes che permettono di scaricare singoli brani a prezzi più vantaggiosi rispetto all’acquisto di un intero CD.

«La transizione al digitale è stata una mossa obbligata per le case discografiche, costrette a far fronte all’aumento della pirateria su Internet e al conseguente calo delle vendite», spiega il portavoce della Sound Service Wigra AG. «Queste forme alternative di distribuzione di contenuti – come il download online o lo streaming dei videoclip – sono una nuova e importante fonte di introiti sulla quale bisognerà puntare anche in futuro».

Nel 2007, infatti, il commercio di musica su internet è aumentato del 64%, secondo i dati della SUISA. Ciò nonostante, rileva Martin Wüthrich, «queste entrate hanno assorbito soltanto il 20% delle perdite legate al crollo dei CD perché la maggior parte degli utenti continua a scaricare canzoni da siti illegali».

E a soffrire maggiormente, in questa guerra virtuale tra case discografiche e internauti, sono soprattutto gli artisti emergenti. «I produttori preferiscono puntare su cantanti o gruppi già affermati», spiega Roger Chevallaz, «piuttosto che assumersi il rischio di investire nella carriera incerta di un giovane musicista».

Per far fronte al problema, secondo la SUISA, è necessario concentrarsi maggiormente sulla diversificazione delle modalità di vendita e promozione. Internet offre infatti alle nuove generazioni numerose piattaforme per farsi conoscere e apprezzare dal pubblico senza l’aiuto di una casa discografica o di un’agenzia promozionale.

Profittevole o meno che sia, la transizione verso il digitale è comunque una mossa obbligatoria anche per le industrie elvetiche, costrette a puntare non solo sulla propria offerta di musica a pagamento, ma anche su quei servizi che per il momento restano unici nel loro genere, dai concerti dal vivo, ai vinili, fino ai CD ad edizione limitata.

swissinfo, Stefania Summermatter

10 milioni l’anno, il minor guadagno per l’industria discografica svizzera a causa della pirateria.

Fino a cinque anni di prigione, e a una multa di 1’080’000 franchi, la pena per chi viola i diritti di proprietà intellettuale a fini commerciali

Da 3’000 fino a 10’000 franchi, invece, la sanzione prevista per chi scarica illegalmente a scopi privati.

Il Compact Disc, più comunemente noto come CD, fu inventato dalle aziende statunitensi Sony e Philips nel 1979, grazie all’applicazione congiunta del sistema numerico binario al suono e del laser.

Il primo CD ad utilizzo commerciale venne prodotto nel 1982 in una fabbrica della Philips ad Hannover, in Germania.

I primi album in vendita furono la Sinfonia delle Alpi di Richard Strauss – con l’orchestra filarmonica di Berlino, e The Visitors degli ABBA.

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