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I ghiacciai in mostra al Museo Alpino Svizzero

Il ghiacciaio di Grindelwald nel 1910 e nel 2000. Gesellschaft für ökologische Forschung

Con l'esposizione "Ghiacciai in serra", inaugurata il 1° settembre a Berna, si vuole attirare l'attenzione del pubblico sugli enormi mutamenti dei paesaggi glaciali nelle Alpi.

Oltre a presentare una serie di fotografie che ne documentano il drammatico ritiro, la mostra affronta anche il tema delle Alpi come castello d’acqua per l’Europa.

Tra un centinaio d’anni, i ghiacciai della regione alpina saranno verosimilmente solo un ricordo. A causa del riscaldamento del pianeta si stanno ritirando a vista d’occhio.

Per rendersi conto dei cambiamenti drammatici in corso nello spazio alpino basta visitare l’esposizione organizzata dal Museo Alpino Svizzero di Berna.

Il cuore della mostra è costituito da una serie di fotografie e cartoline d’epoca accostate ad immagini attuali che documentano il ritiro dei ghiacciai. Le immagini provengono dall’archivio creato dalla Società per la ricerca ecologica di Monaco, che ne ha raccolte circa 7’000.

La panoramica è desolante. Nel 1905 il ghiacciaio di Palü, nei Grigioni, scendeva ancora quasi fino a valle; nel 2005 ne resta solo una lingua sottile. Su una cartolina del 1900 si può ancora ammirare il ghiacciaio del Rodano, in Vallese, che ricopre il vallone sottostante all’Hotel Belvedere, sulla strada del passo del Furka. Un secolo più tardi, dallo stesso albergo si può ammirare solo la grigia roccia.

E pensare che ancora 20’000 anni fa – come ricorda Wolfgang Zängl, coautore assieme a Sylvia Hamberger del libro “Ghiacciai in serra” – “Lucerna si trovava sotto una coltre di ghiaccio spessa 1’000 metri”.

Una regressione spettacolare

Dalla metà del XIX secolo, i ghiacciai alpini sono regrediti ad una velocità mai constatata prima. Tra il 1850 e il 1975, hanno perso in media un terzo della loro superficie e la metà del loro volume.

Da allora, il ritiro si è ulteriormente accentuato: i ghiacciai hanno ancora perso tra il 20 e il 30% del loro volume. La canicola dell’estate del 2003 è da sola responsabile dello scioglimento del 5-10% delle riserve.

Gli scienziati prevedono che a causa dell’aumento della temperatura, del forte irradiamento solare durante i mesi estivi e delle deboli precipitazioni nevose, entro il 2050 i ghiacciai perderanno i tre quarti del loro volume attuale.

Tra cento anni, secondo una ricerca dell’Università di Zurigo, nelle Alpi rimarranno tracce solo dei più grandi ghiacciai, come ad esempio quello dell’Aletsch, in Vallese, lungo oggi più di 20 chilometri.

Tra il 2004 e il 2005, sui 91 ghiacciai svizzeri sotto osservazione, 84 sono regrediti e solo sette non si sono mossi. Il più forte indietreggiamento è stato registrato al ghiacciaio del Trift, nel canton Berna, che si è ritirato di ben 216 metri.

Effetti non solo sul paesaggio

La mostra non si limita però a un’esposizione fotografica. Il ritiro dei ghiacciai rischia infatti di avere conseguenze drammatiche non solo per la regione alpina, ma per l’intera Europa.

I ghiacciai sono delle riserve idriche vitali. In Svizzera, costituiscono ben il 35% delle riserve in superficie. A medio-lungo termine, la loro scomparsa si ripercuoterà sulla portata di grandi fiumi come il Reno, il Rodano o il Po, che nascono proprio dai ghiacciai, con effetti nefasti sull’approvigionamento di acqua potabile in mezza Europa.

Inoltre, quando i ghiacciai si ritirano lasciano sul terreno enormi massi di detriti. Senza il “mastice” che mantiene il suolo compatto, in caso di nubifragi questi cumuli di macerie rischiano di provocare frane disastrose. Il canton Vallese, il cui territorio è coperto per più del 10% da ghiacciai, ha del resto già elaborato un inventario di quelli più pericolosi.

Infine, l’esposizione presenta anche un aspetto forse meno conosciuto legato al ritiro dei ghiacciai. Vestigia rimaste racchiuse per secoli tra i ghiacci tornano improvvisamente alla luce. L’esempio più famoso è la mummia di Similaun (o Oetzi), rinvenuta nel 1991 nell’omonimo ghiacciaio tra l’Italia e il Tirolo austriaco. Questi cimeli spesso forniscono informazioni importanti per lo studio di antiche civiltà. I paleontologi, insomma, sono forse i soli che possono sorridere.

swissinfo, Daniele Mariani

La Svizzera conta più di 1’800 ghiacciai.
Il più grande ghiacciaio alpino è quello dell’Aletsch, in Vallese, con una superficie di circa 96 km2, uno spessore massimo di 900 metri e una lunghezza di 23 chilometri.
In Europa il più grande è il Vajnajökull, in Islanda, che ricopre una superficie di circa 8’200 km2.
Il record è però detenuto dal ghiacciaio Beardmore, in Antartico, lungo più di 160 km.

La mostra “Ghiacciai in serra” al Museo Alpino Svizzero di Berna è aperta dal 1° settembre 2006 al 25 marzo 2007.

Durante l’esposizione verrà lanciata l’iniziativa “Foto di ghiacciai”, promossa dal Club Alpino Svizzero (CAS) e da Greenpeace.

Ognuno può trasmettere delle foto, che saranno poi archiviate su un sito internet.

Il CAS e Greenpeace trasmetteranno poi una petizione fotografica alle autorità politiche per sottolineare l’importanza delle misure per ridurre le emissioni di CO2.

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