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I cantoni si abituano alla nuova Casa

In quattro lingue, come vuole il federalismo Keystone

Nell'agosto del 2008 è stata inaugurata a Berna la Casa dei cantoni, una struttura voluta per riunire le diverse conferenze intercantonali e migliorare la cooperazione tra i cantoni. Bilancio a due anni dall'apertura.

Al momento dell’insediamento nello storico edificio della Speichergasse 6 di Berna – dal 1902 al 1907 vi aveva lavorato pure Albert Einstein, impiegato dell’Ufficio brevetti cittadino – le aspettative erano molte, ma non erano mancante neppure le critiche.

L’allora segretario della Conferenza dei governi cantonali Canisius Braun aveva lodato l’iniziativa, auspicando che i cantoni – «i quali costituiscono insieme al popolo le fondamenta della Svizzera» – potessero coalizzarsi e difendere meglio i loro interessi, in particolare di fronte alle sfide dell’integrazione europea e della globalizzazione.

D’altro canto, erano state sollevate perplessità – per esempio da parte dell’Unione democratica di centro (destra nazional-conservatrice) nei confronti di una struttura giudicata eccessivamente costosa e tecnocratica.

Buon inizio

Dopo due anni, si può tentare di stilare un primo bilancio. Secondo Sandra Maissen – che ha sostituito Canisius Braun, assumendo la carica di segretaria generale della Conferenza dei governi cantonali – «obiettivi come il rafforzamento e la coordinazione dell’azione dei cantoni dei confronti della Confederazione, il miglioramento della visibilità presso l’opinione pubblica e la capacità di difendere a Berna i temi d’interesse cantonale non possono essere raggiunti completamente in due soli anni. Si tratta di traguardi a medio-lungo termine».

Ciononostante, sottolinea, «è già stato messo in atto un processo di semplificazione e di miglioramento nella collaborazione tra le varie conferenze cantonali». In quest’ottica, aggiunge, «abbiamo creato un gruppo d’accompagnamento che si riunisce regolarmente e attribuisce le competenze per quanto concerne le questioni discusse a livello federale». Complessivamente, sintetizza, «siamo sulla buona strada».

Come esempio di compromesso tra cantoni, riuscito senza chiamare in causa Berna, la segretaria generale cita il concordato HarmoS, che ha consentito di avviare un processo di armonizzazione del sistema educativo elvetico (per esempio introducendo i due anni obbligatori di scuola dell’infanzia).

Infatti, senza rimettere in discussione la sovranità cantonale in materia d’educazione, è stata trovata una formula per ridurre le principali differenze tra i sistemi scolastici, che ostacolavano tra l’altro la mobilità degli allievi.

Lavoro dietro le quinte

Secondo il politologo Hans Hirter, docente all’Università di Berna, «è difficile misurare in modo oggettivo l’efficacia della Casa dei cantoni, poiché di regola i risultati non si manifestano in modo eclatante come nel 2004 [quando i cantoni si opposero con successo al pacchetto fiscale proposto da Berna]. Si tratta di un importante lavoro, ma svolto dietro le quinte».

L’esperto suggerisce di valutare la questione da un altro punto di vista: «Nel corso degli ultimi due anni, vi sono state molto meno lamentele pubbliche da parte dei cantoni nei confronti della Berna federale… segno che qualcosa di positivo è stato fatto».

«In ogni caso, è certamente aumentata presso i cantoni la consapevolezza dell’importanza di una presenza costante e centralizzata a Berna. Da questo punto di vista, istituire la Casa dei cantoni è senz’altro risultata una scelta positiva», aggiunge Hirter.

Europa e cantoni

I cantoni si occupano anche di questioni che valicano i confini nazionali: «La Conferenza dei governi cantonali coordina infatti l’azione comune dei cantoni nel settore della politica estera: molti temi di carattere europeo – per i quali la Confederazione è responsabile – hanno infatti importanti ripercussioni su competenze cantonali», evidenzia Maissen. Per questo motivo, aggiunge, «i cantoni hanno tutto l’interesse a partecipare il più presto possibile al processo di discussione».

Le fa eco Hans Hirter: «I cantoni hanno da tempo voce in capitolo per quanto concerne le questioni internazionali che li toccano da vicino, basti pensare agli aspetti relativi all’implementazione delle norme europee e all’esecuzione dei controlli. La Casa dei cantoni costituisce quindi un simbolo della loro presenza e delle loro rivendicazioni, se non a Bruxelles perlomeno a Berna».

Andrea Clementi, swissinfo.ch

La Svizzera conta 26 Stati membri (cantoni) che godono di grande autonomia, secondo i principi del federalismo.

Dalla nascita della Confederazione elvetica nel 1848, queste entità politiche e istituzionali mantengono chiare competenze in ambito di giustizia, polizia, economia, fiscalità, educazione, sanità e socialità.

La struttura politica dei cantoni assomiglia in molti aspetti a quella della Confederazione.

Ogni cantone dispone di una propria costituzione, di un governo e di un parlamento (una sola camera).

La popolazione può partecipare alla vita politica cantonale esercitando il diritto di iniziativa e referendum.

Sono inoltre gli elettori a poter scegliere i loro rappresentanti in governo – mentre sul piano federale l’elezione dei membri del governo spetta al parlamento.

Operativo dal 18 agosto 2008, il nuovo centro di competenza dei cantoni è situata nel cuore di Berna, a poche centinaia di metri da Palazzo federale.

L’edificio ha richiesto una spesa di 6,5 milioni di franchi per i lavori di ristrutturazione e per l’equipaggiamento. Il canone di affitto è di 1,68 milioni di franchi all’anno.

I cantoni devolvono 20 milioni di franchi all’anno per le attività di cooperazione intercantonale, il coordinamento delle loro politiche e la difesa dei loro interessi a livello federale.

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