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I Caflisch, pasticcieri grigionesi all’ombra del Vesuvio

vecchie caffettiere
Il Caffè fondato dallo svizzero Luigi Caflisch è stato per anni punto di riferimento per migliaia di napoletani e non solo per i suoi dolci. tvsvizzera

In Italia c’è un nome che – al Nord come al Sud – viene spesso collegato alla pasticceria e all’imprenditoria. È il nome di Luigi Caflisch, imprenditore svizzero che – all’inizio del XIX secolo – partendo da Trin nei Grigioni, si spostò a Livorno, Roma, Napoli e Palermo e in ognuna di queste città lasciò un… dolcissimo segno.

Alla fine dell’Ottocento, quando l’Italia era una nazione appena nata, a Napoli – il cui Regno era stato inglobato in quello Sabaudo – si diceva che la politica e la posizione della città nel neonato Regno d’Italia erano decise “a tavolino”. E non in un tavolino qualsiasi ma in quelli di uno dei caffè aristocratici che sorgevano tra Chiaia e Via Toledo. Uno, in particolare, era il centro della politica informale partenopea: il Cafè Caflisch.

Sorto nel 1825 nel cuore pulsante della città, il Caffè fondato dallo svizzero Luigi Caflisch è stato per anni punto di riferimento per migliaia di napoletani. Tanto che ancora oggi, gli abitanti più anziani della città, per spiegarti in quale lato si trova questo o quel negozio ti dicono “sta sul lato Caflisch” per indicare il lato della strada su cui nasceva l’antico Caffè.

Dai Grigioni a Livorno

La storia dei Caflisch (il cui nome deriva dal latino “Ca’ Felix”, Casa di Felice), secondo quanto raccontato da Elio Varriale in “Svizzeri nella storia di Napoli” (Tommaso Marotta Editore, 1998), comincia con Durisch Caflisch, un falegname di Trins, nel Canton Grigioni.

Nel 1804 Durisch si trovava al lavoro a St. Moritz alle dipendenze di un certo Signor Pietromani che a Livorno aveva aperto una pasticceria.

Vedovo da tempo, Durisch cercava di portare avanti la famiglia e allo stesso tempo di trovare una sistemazione per i propri figli. Per questo pensò di chiedere al Signor Pietromani di portare con sé a Livorno Luigi, il figlio tredicenne, per avviarlo alla vita da pasticcere.

Niente da fare! La febbre gialla che in quei giorni imperversava nella città toscana portò il Pietromani a rispondere negativamente. Ma quando Luigi venne a conoscenza del colloquio tra il padre e il ricco imprenditore, decise di non accettare la risposta negativa e, appena arrivata la primavera, decise di partire alla volta di Livorno.

Pietromani non lo volle con sé, ma ormai l’idea di diventare pasticcere si era fatta strada nella fervida immaginazione del piccolo Luigi e dunque cercò lavoro come garzone in un’altra pasticceria del posto, quella del Signor Tuccetti.

Dopo anni di apprendistato e duro lavoro, il giovane Caflisch si sentì pronto per mettersi in proprio. Fu a Livorno, dunque, che nacque la prima “Pasticceria Caflisch e C.” d’Italia e della storia.

Fu un successo! Tanto che da quella pasticceria ne nacquero altre due, a Lucca e a Modena.

Il naufragio scampato e l’arrivo nella Città Eterna

Le cronache raccontate da Giorgio Caflisch, in “Luigi Caflisch e i suoi successori” (Editore S. A. Richter & C., 1939), saggio conservato presso l’Archivio di San Gallo, raccontano che dopo un primo momento di grande fortuna, per Luigi Caflisch arrivò la crisi.

Gli affari in Toscana iniziarono ad andare male e Luigi fu costretto a chiudere tutti i locali che nel frattempo aveva aperto.

Deluso e avvilito dall’avventura livornese, decise di salpare verso l’America. Aveva già fatto il biglietto per il Nuovo Mondo ed era pronto a imbarcarsi quando una sua conoscenza (la cui identità non è rimasta nelle cronache di famiglia) lo convinse a restare in Europa e a provare ad iniziare un’attività a Civitavecchia.

Fu una vera fortuna. Il veliero che doveva portarlo oltre Atlantico, in America non arrivò mai. Una forte burrasca lo fece perdere nell’Oceano e con lui si persero i passeggeri e l’equipaggio.

La rinascita di Luigi Caflisch partì da Civitavecchia ma si affermò a Roma. Qui aprì una piccola pasticceria a Via dei Postini. Ma le cose andarono talmente bene che questa fu subito chiusa e riaperta in locali più grandi a Via Bergamaschi e, infine, nel 1822, con alcuni soci aprì un nuovo negozio a Via del Corso.

Il ritorno in Svizzera e l’inizio dell’avventura napoletana

Per il trentenne Luigi Caflisch era tempo di cercar moglie. Nonostante le tante città in cui visse fino a quel momento, decise di cercarla a casa, nella sua Svizzera, dalla quale mancava da ben tredici anni.

Appena rientrato nei Grigioni, a Trins incontrò e subito sposò Elisabetta Caflisch (omonima ma non parente) con la quale tornò in poco tempo a Roma.

Ma la vita romana di Luigi ed Elisabetta fu molto breve. Appena rientrati, infatti, un socio di Caflisch che era da poco stato a Napoli, iniziò a sciorinare le bellezze della capitale del Regno delle Due Sicilie. L’obiettivo era quello di convincere Luigi a continuare la sua discesa lungo lo Stivale e cominciare una nuova avventura imprenditoriale a Napoli.

Così fu!

Il 15 Ottobre 1825 nella capitale partenopea fu fondata la nuova attività di Caflisch e soci e fu aperta la pasticceria di Via Santa Brigida. La richiesta ufficiale fatta al governo della città recitava: “[L’obiettivo della società è] stabilire in Napoli un negozio di vini esteri, liquori spiritosi, pasticceria e lavori di credenza, di tutte sorte droghe, e quanto altro può essere inerente a questo ramo di negozio”.

La prima chiusura di bilancio diede un risultato talmente positivo che Caflisch e i suoi decisero di trovare una nuova sede, con locali più grandi ma non troppo lontano dalla zona più chic della città. Così, in Via Toledo 253, proprio di fronte la storica Galleria Umberto I, fu aperto il Caffè Caflisch che entrò nella storia della città.

Intanto Luigi Caflisch, che a Napoli aveva deciso di rimanere, avviò una nuova attività in città. Così a Capodimonte aprì la prima birreria della napoletana (che rimase in attività sotto diverse denominazioni e diverse proprietà fino al 1955).

L’esportazione del marchio Caflisch in Sicilia e il ritorno in patria

Ma Luigi di fermarsi non aveva alcuna voglia, così decise di continuare il suo viaggio verso Sud e aprire altre due pasticcerie nelle altri grandi città del Regno: Palermo e Catania.

In Sicilia Caflisch portò modalità di lavorazione fino ad allora sconosciute.

Marilia Porsio, titolare della Pasticceria Siciliana Svizzera di Roma, intervistata da Gilberto Matromatteo per RsiNews spiega che “la pasticceria in Sicilia nacque proprio grazie agli Svizzeri”.

Parlando dell’arrivo sull’isola di Luigi Caflisch e del suo concittadino Alessandro Caviezel di Pitasch, Marilia Porsio spiega: “Gli svizzeri sono i veri fondatori della pasticceria siciliana. Questi pasticceri portarono modalità tipiche della pasticceria francese, con creme a base di latte bovino e panna, che fino ad allora non c’erano nella tradizione siciliana”.

Dopo aver contribuito a creare la moderna pasticceria siciliana, Caflisch tornò a Napoli che in quegli anni fu al centro di momenti turbolenti in seguito alla guerra e alla creazione del nuovo Regno d’Italia.

Caflisch ne uscì indenne e anzi rafforzò la propria posizione in città. Scrive Vitale: “Con l’acquisto nel 1873 di alcuni locali adiacenti, la pasticceria di Via Toledo [che nel frattempo era diventata via Roma, ndr], più volte ampliata, divenne, per voto unanime, la più importante della città di Napoli e, credetemi, non è certamente poco in una località dove il dolce e il sopraffino sono oltremodo di casa”.

Nonostante avesse ormai fatto di Napoli la sua casa, Caflisch decise di morire nella sua Svizzera. Il 17 Aprile del 1877 morì a Coira a 75 anni.

Le sue attività in giro per l’Italia proseguirono per diversi anni e alcune sono ancora attive.

Quella di Napoli, purtroppo, ha avuto vita più breve. Nel 1932 la napoletana “Caflisch e C.” si fuse con un’altra storica azienda dolciaria napoletana, la “Van Bol & Feste”. Carlo Caflisch, discendente di Luigi, fu nominato presidente onorario.

In un modo o nell’altro, i Caflisch continuarono a fare la storia della pasticceria napoletana fino almeno al 1979, anno in cui morì Giorgio, l’ultimo dei Caflisch napoletani.

L’attività di famiglia proseguì, cambiando proprietà e indirizzo, per alcuni anni fino a scomparire del tutto nel 2000 quando chiuse l’ultima caffetteria Caflisch napoletana di Via Chiaia.

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