Prospettive svizzere in 10 lingue

«Il fascismo va condannato nel suo insieme»

«Di Canio? Un bravo ragazzo, ma un po’ esibizionista», dixit Silvio Berlusconi AFP

Negli ultimi anni, in Italia gli episodi di apologia del fascismo si sono moltiplicati. Proclamarsi ‘fascista’ non preclude la carriera, come avverrebbe in altri paesi, Germania in primis. Intervista allo storico svizzero Aram Mattioli, autore di un saggio sul tema.

«Amo questo paese, ma trovo la situazione allarmante. Negli ultimi anni la cultura del dibattito pubblico in Italia è fortemente peggiorata e dialogare sul passato è diventato molto difficile. Sono stato accusato di riaprire vecchie ferite, ma ritengo che per una società sia indispensabile confrontarsi su temi controversi». Esordisce così Aram Mattioli, professore di storia contemporanea all’Università di Lucerna.

Da un paio di mesi, nelle librerie è disponibile la versione in lingua italiana del suo saggio intitolato «Viva Mussolini!» – La guerra della memoria nell’Italia di Berlusconi, Bossi e Fini. Dal saluto romano dell’ex ministra del turismo Michela Vittoria Brambilla ai vari drammi propinati dalle televisioni che mettono in scena fascisti ‘buoni’, passando per le decine di migliaia di persone che ogni anno accorrono in pellegrinaggio a Predappio, l’onda lunga del revisionismo sta lentamente trasformando la «cultura della memoria» italiana.

«L’uso strumentale della storia – mette in guardia Mattioli – non conduce solo a una politica di irresponsabilità nei confronti del proprio passato, bensì anche nei confronti della democrazia, dei diritti dell’uomo e dello Stato di diritto».

swissinfo.ch: Sgomberiamo subito il campo da ogni equivoco. Mussolini è stato un criminale e il regime fascista non è stato ‘una dittatura all’acqua di rose che ha fatto anche del bene’…

Aram Mattioli: Il regime fascista e il suo leader hanno la responsabilità di un milione di morti soltanto in Africa e nei Balcani. Si può utilizzare senza ombra di dubbio l’aggettivo ‘criminale’. Sono anche sicuro che se Mussolini fosse sopravvissuto, sarebbe stato processato. Come democratici, non si può che condannare il fascismo nel suo insieme.

swissinfo.ch: Ritiene che all’Italia sia mancata la sua Norimberga?

A.M.: Sì, penso che la mancanza di processi contro i principali responsabili fascisti abbia avuto per effetto che non si siano fatti i conti col passato. È mancata una discussione pubblica, che sarebbe stata necessaria per avere un altro rapporto col passato. La sinistra ha avuto la sua parte di responsabilità. L’amnistia generale concessa da Togliatti nel 1946 è giunta troppo presto.

Dopo una guerra civile, c’era una certa logica nel voler dire ‘adesso basta, non parliamo più del passato perché bisogna creare un nuovo futuro’. Ciò facendo, le domande problematiche sul passato del paese non sono però state affrontate.

swissinfo.ch: Tutti i paesi che hanno collaborato con la Germania nazista sono stati colpiti dalla sindrome di Vichy, ovvero l’incapacità di accettare il proprio passato come non eroico. Perché in Italia dovrebbe essere diverso?

A.M.: È vero che tutti i paesi hanno avuto difficoltà a fare i conti con il proprio passato. La differenza è che negli anni ’90 in molti Stati si è avuto un boom della memoria. Si è cominciato a parlare dei lati oscuri della storia. In Italia questo è mancato. Anzi, quando Berlusconi è entrato nella stanza dei bottoni ha portato con sé  gli eredi del fascismo.

swissinfo.ch: Pensa che Silvio Berlusconi abbia simpatie col passato fascista? Oppure è soprattutto un opportunista?

A.M.: Propendo piuttosto per la seconda ipotesi. Berlusconi ha strumentalizzato la storia, perché ciò gli permetteva di allargare la sua base di consenso. Non ha avuto la sensibilità di dire che un’alleanza con gli eredi del fascismo era problematica. Berlusconi ha sdoganato l’estrema destra e ha permesso di sfocare le differenze tra una destra conservatrice, ma democratica, e l’estrema destra.

swissinfo.ch: A destra, negli ultimi decenni si è insistito sulla necessità di raggiungere una «pacificazione» tra i due campi. In fondo cosa c’è di male?

A.M.: Bisogna prima di tutto precisare che questa ondata revisionista è arrivata già negli anni ’80. Non si è trattato di una trovata di Berlusconi. Anzi, direi che in parte ha reso possibile l’arrivo di Berlusconi.

Naturalmente non è negativo se a un certo punto si cerca una riconciliazione, tentando di mettere d’accordo tutti su un’interpretazione comune del passato. Ciò può però avvenire solo se non viene fatta violenza al passato, se ci si accorda nel dire che gli antifascisti erano dalla parte del giusto perché combattevano per la democrazia e non ci si limita a sottolineare che anche loro si sono macchiati di violenze.

La risposta dell’ex partigiano Vittorio Foa all’ex ufficiale della Decima Mas Giorgio Pisanò, neofascista convinto, riassume alla perfezione la distanza che separa i due campi: «È vero abbiamo vinto noi e tu sei potuto diventare senatore, avessi vinto tu io sarei ancora in carcere», disse Foa al senatore dell’MSI, che gli aveva chiesto di stringergli la mano in segno di rappacificazione.

swissinfo.ch: Prima del 1938 e delle leggi razziali, il regime fascista ha fatto anche molte cose buone. Negli ultimi anni si è spesso sentita questa affermazione, che in parte trova origine negli studi di Renzo De Felice. Cosa ne pensa?

A.M.: Fa parte della strategia per cercare di riabilitare il regime. Si dice che il regime fascista ha sviluppato le infrastrutture, ha avviato dei grandi programmi di costruzione e così via.

Da un lato si dimentica però che anche senza il regime fascista questo processo di modernizzazione sarebbe probabilmente comunque avvenuto, come nella maggior parte dei paesi occidentali.

Dall’altro ci si scorda un po’ troppo facilmente che già prima del 1938, il fascismo ha condotto delle guerre di un’estrema violenza. Prima in patria per la conquista del potere, poi in Libia, dove la cosiddetta ‘pacificazione’ è stata portata avanti a prezzo di crimini molto gravi, poi ancora in Abissinia, dove le forze armate italiane si sono macchiate di orrori ancora peggiori, con l’utilizzazione, tra l’altro, di gas di guerra. Di questo, neofascisti e revisionisti non ne parlano mai.

swissinfo.ch: Quali ritiene siano i pericoli di questo scivolamento a destra della «cultura della memoria»?

A.M.: È difficile dare una risposta. Con l’uscita di scena di Berlusconi, la situazione si è un po’ calmata, anche se credo che ormai questa forma di dibattere altamente polemica instaurata negli ultimi vent’anni permarrà.

Vi è sopratttutto un problema di fondo. La storia non è qualcosa di morto. Vive e con essa si fa anche politica. Se ci fosse un’attitudine più critica nei confronti del fascismo, un movimento che professa posizioni apertamente razziste come la Lega Nord non potrebbe far parte di un governo. L’uso strumentale della storia al quale stiamo assistendo, non conduce solo a una politica di irresponsabilità nei confronti del proprio passato, bensì anche nei confronti della democrazia, dei diritti dell’uomo e dello Stato di diritto.

Aram Mattioli

«Viva Mussolini!» – La guerra della memoria nell’Italia di Berlusconi, Bossi e Fini.

Collezione storica Garzanti

Traduzione dal tedesco di Sara Sullum

Prima edizione novembre 2011

272 pagine

In conformità con gli standard di JTI

Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative

Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.

Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR