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La guerra ostacola la cooperazione scientifica nell’Artico

Sara Ibrahim

L'Artico è l'epicentro del cambiamento climatico e la cooperazione scientifica è essenziale per studiarne gli effetti. Ma molte di queste collaborazioni, in cui anche la Svizzera è coinvolta, sono state sospese a causa della guerra tra la Russia e l'Ucraina. Le tensioni aumentano e il controllo delle risorse naturali e delle rotte commerciali è in gioco. 

Era il 1987 quando l’allora presidente dell’Unione Sovietica, Mikhail Gorbachev, propose di trasformare l’Artico in una “zona di pace”Collegamento esterno, dove l’Est e l’Ovest potessero collaborare, sfruttando congiuntamente le risorse naturali e riducendo le attività militari in loco.

Oggi, l’invasione russa dell’Ucraina sta mettendo a soqquadro i fragili equilibri costruiti nella regione e questo sta già avendo ripercussioni sulla collaborazione scientifica nell’ArticoCollegamento esterno tra ricercatrici e ricercatori da tutto il mondo.

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Le importanti ricerche sul campo su temi come lo scioglimento del permafrost, il cambiamento climatico, la ricerca e l’estrazione di risorse minerali sono possibili spesso solo grazie a collaborazioni multilaterali che coinvolgono anche scienziate e scienziati russi. Questo è del tutto normale: la Russia possiede la costa artica più lunga di qualsiasi altro Paese.  

Tuttavia, le sanzioni imposte al Cremlino e la sospensione delle attivitàCollegamento esterno da parte del Consiglio artico, il maggiore organismo di gestione della cooperazione tra gli Stati artici e le popolazioni locali, hanno avuto come effetto l’interruzione di molti progetti di ricerca in loco e la posticipazione a tempo indeterminato di spedizioni scientifiche. Qualche settimana fa, infatti, tutti i membri del Consiglio artico eccetto la Russia – e cioè Stati Uniti, Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia – hanno deciso di boicottare le future riunioni istituzionali. La Russia attualmente detiene la presidenza del Consiglio per il periodo 2021-2023.

Anche la Svizzera, membro del Consiglio artico in qualità di Stato osservatore e da tempo impegnata nell’esplorazione dei poli, sta subendo le conseguenze di questa situazione. Il mio collega Luigi Jorio le ha esaminate in un recente articolo. Vi consiglio di non perderlo:

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Scienziate come Gabriela Schaepman-Strub, direttrice dell’Istituto polare svizzero, studiano da anni gli effetti del riscaldamento climatico sulle precipitazioni e la biodiversità, a partire dai siti allestiti in Siberia con l’aiuto di partner russi. Ma a causa delle sanzioni, Schaepman-Strub non potrà inviare i contributi finanziari necessari per assicurare una presenza in loco e il mantenimento delle apparecchiature di misurazione, così preziose per il suo lavoro. “Già in precedenza, accedere al territorio russo per fare ricerca non era facile. Ora è diventato ancor più complicato”, ha detto la professoressa a Luigi Jorio.

Anche Beat Frey, ricercatore presso l’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio, si trova in difficoltà a causa delle conseguenze della guerra in Ucraina: lui e il suo team potrebbero non essere in grado di analizzare i campioni di suolo e vegetazione raccolti in Russia e lì rimasti dopo una spedizione nell’Artico.

Pensate che sia giusto sospendere le collaborazioni scientifiche con la Russia nelle circostanze attuali? O la scienza dovrebbe essere tenuta fuori dalle questioni geopolitiche? Fatemi sapere la vostra opinione!

Fragili equilibri in pericolo

Forse anche voi vi siete chiesti perché una regione remota e sconosciuta come l’Artico sia così importante – me lo sono domandato anche io a suo tempo. Oltre a essere fondamentale per studiare e prevedere le conseguenze del cambiamento climatico, l’Artico è una fonte preziosa di risorse minerali quali il rame, il nickel, lo zinco, i diamanti e ospita quantitativi significativi di terre rareCollegamento esterno, indispensabili per la costruzione di batterie ricaricabili e turbine eoliche. Si stima inoltre che la regione artica contenga il 22% delle riserve mondiali di petrolio, il 30% di quelle di gas e il 15% delle risorse ittiche mondiali.

Il cambiamento climatico e il surriscaldamento globale hanno influito sull’importanza strategica dell’Artico. Il ritiro dei ghiacciai perenni ha permesso lo sfruttamento concorrenziale delle risorse presenti e ha aperto nuove rotte commerciali. Da tempo la Russia sfida la Danimarca e il Canada per il controllo di porzioni molto vaste del fondale marino dell’Oceano artico.

L’accesso a nuove vie marittime potrebbe modificare profondamente gli assetti commerciali e gli equilibri mondiali. Se l’Artico fosse percorribile da ogni tipo di imbarcazione si potrebbero ridurre i tempi di navigazione attraverso rotte più brevi. Il passaggio per punti ora obbligati quali il canale di Suez sarebbe quindi evitabile. Immaginate cosa questo potrebbe significare per i Paesi al centro dello scacchiere artico, dal momento che oggi quasi il 90% delle merciCollegamento esterno viene trasportato via mare – una percentuale che è destinata ad aumentare.

In quanto nazione globalizzata, anche la Svizzera dipende dalle vie commerciali mondiali e risente dell’antagonismo che oppone gli Stati artici. Tale competizione è un rischio per la sicurezza di tutta l’Europa.

Se volete comprendere meglio la rilevanza strategica dell’Artico sulla scena mondiale e che ruolo potrebbe giocare la Svizzera per favorire lo sviluppo sostenibile e pacifico della regione, vi consiglio di (ri)leggere questa intervista alla presidente del think-tank svizzero foraus, Anna Stünzi:

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L’Artico secondo la Svizzera

Questo contenuto è stato pubblicato al La Svizzera può contribuire a uno sviluppo sostenibile e pacifico dell’Artico, una regione nel mirino delle potenze mondiali.

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Continuano le spedizioni in Antartide

All’altro polo della Terra, in Antartide, la situazione sembra essere migliore per la collaborazione scientifica: i ricercatori e le ricercatrici continuano le loro spedizioni. Tra questi ci sono Gabriel Erni Cassola e Kevin Leuenberger dell’Università di Basilea. I due scienziati sono saliti a bordo del rompighiaccio tedesco “Polarstern”, nell’Oceano meridionale, per scoprire come le microplastiche influenzano gli animali e i batteri polari. Cassola e Leuenberger ci raccontano le loro ricerche, le scoperte e la vita al Polo sud in un “diario di bordo” esclusivo. Pubblicheremo regolarmente le loro avventure nelle prossime settimane su swissinfo.ch.

L’idea l’ha avuta il mio collega Michele Andina, che mi ha raccontato com’è nata:

All’inizio di quest’anno abbiamo chiesto ai ricercatori in Antartide di tenere un video blog per noi. Ma ci siamo presto resi conto che l’accesso a Internet nelle regioni polari è estremamente limitato. Nonostante ciò, siamo riusciti a lanciare un blog colorato con testi e immagini di Gabriel Erni Cassola e Kevin Leuenberger dell’Università di Basilea.

I nostri autori hanno a disposizione solo 2 megabyte al giorno per inviare materiale via Internet: in Antartide, infatti, non esiste né la rete telefonica né il wifi, ma la connessione avviene via satellite. Ecco perché abbiamo intitolato il blog “Diario di bordo dall’Antartide in 2 megabyte”.

Non perdete la prima puntata (presto disponibile anche in italiano)!

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