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Amianto alle Officine, sarà fatta chiarezza

Immagine (sfocata) di carri merci che sfrecciano su binari circondati da terreno sterrato
Una delle perplessità sollevate dalle maestranze delle Officine delle Ferrovie federali svizzere: la possibile presenza di amianto su carri merci che sono stati noleggiati a terzi. © Keystone / Gaetan Bally

Così come fa ammalare molto tempo dopo che se ne sono respirate le fibre, l'amianto torna a far discutere dopo anni di silenzio nella Svizzera italiana, dove il modo in cui è condotto lo screening per la diagnosi precoce del tumore polmonare ha suscitato perplessità e timori. A rilanciare il dibattito sulla gestione dei rischi e dei postumi, sono stati gli (ex) operai delle Officine FFS, che hanno ora ottenuto la creazione di un gruppo di lavoro.

Vi saranno rappresentati la SuvaCollegamento esterno (l’azienda di diritto pubblico indipendente che offre in Svizzera l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali), le Ferrovie federali svizzere FFS e le maestranze delle OfficineCollegamento esterno.

L’obiettivo degli operai, ribadito martedì sera in un incontro pubblicoCollegamento esterno a Bellinzona, è ricostruire se in passato sono stati adeguatamente protetti dalla pericolosità dell’amianto (bandito nel 1989), stilare una lista esauriente delle persone (inclusi interinali ed esterni) esposte ai rischi della lavorazione e stabilire se anche in anni recenti, nel materiale usato o nei veicoli ferroviari la cui manutenzione è effettuata nello stabilimento, fosse presente il minerale.

La Commissione del personale CoPe e i sindacati Unia, Sev e Transfair chiedono inoltre che nel programma di diagnosi precoce siano incluse 53 nuove persone, che ritengono di essere state esposte alle fibre di amianto, e che nello stabilimento siano organizzati dei corsi sul tema e un’informazione periodica. La creazione del gruppo paritetico, per le maestranze, non è dunque che un punto di partenza.


Ondulati di Eternit, in parte frammentati, visti da vicino
Ondulato di fibrocemento, un’immagine simbolo dell’amianto, che era tuttavia contenuto in centinaia di prodotti e componenti -non solo in edilizia- per la sua resistenza alle sollecitazioni termiche e chimiche. Keystone / Urs Flueeler

Meno TAC per chi non fuma

A riportare l’amianto sulle prime pagine dei giornali, a metà settembre, sono state le lettere inviate dalla Suva ad alcune ex maestranze delle Officine FFS che in passato hanno avuto a che fare con la sostanza. L’istituto invita parte dei destinatari a sottoporsi a una TAC di controllo annuale, per altri prevede un esame ogni 5 anni.

Tra questi ultimi figura Gianni Frizzo, presidente dell’associazione Giù le mani dalle officineCollegamento esterno (costituita dopo lo sciopero del personale, guidato dallo stesso Frizzo, che nel 2008 salvò lo stabilimento dalla chiusura). Nella lettera gli si spiega che potrà diradare i controlli poiché non è fumatore (fattore che amplifica l’effetto cancerogeno dell’amianto, ndr). In caso di problemi, potrà rivolgersi al medico di famiglia.
 

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Per l’ex sellaio ed elettromeccanico, la missiva è tutto fuorché rassicurante. Frizzo, e con lui molti colleghi, si chiedono: si fa abbastanza per individuare precocemente queste patologie? E davvero tutte le persone che sono state esposte sono incluse nel programma?

Tempi di latenza. Le ripercussioni dell’amianto sulla salute possono comparire fino a 40 anni dopo l’esposizione. Ad ammalarsi di tumore alla pleura e al fegato per averne respirato le fibre sono in Svizzera circa 120 persone l’anno (di cui 20-30 senza copertura poiché non in relazione con la professione, vedi box in fondo). Solo fino al 2012, la Suva ha versato in quest’ambito 800 milioni di franchi in prestazioni assicurative e prevede di versarne altrettanti in futuro [fonte DFICollegamento esterno].

“Nessun morto”

Da una prima esplorazione, emerge la difficoltà di carpire informazioni. Le Officine fanno capo a un servizio medico delle FFS, le quali forniscono una lista di nomi alla Suva, che contatta gli operai e propone loro i controlli. Si sa solo che i nomi, all’inizio di questa vicenda, sono 35-40. Da qui la richiesta delle maestranze di collettivizzare il tema, discuterne cioè pubblicamente e con trasparenza.

Anche perché la Suva, in una presa di posizione scritta, inizialmente negaCollegamento esterno che alle Officine ci siano stati decessi correlati all’amianto. Una dichiarazione che spinge la moglie di un ex operaio, morto di mesotelioma lo scorso giugno, a rilasciare un’intervista al quotidiano La Regione e alla RSI. La signora riferisce [videoCollegamento esterno] di ricevere le indennità. Se ne desume che l’istituto riconosca quel mesotelioma quale malattia professionale.

Non è peraltro l’unico caso: i morti per amianto tra gli ex impiegati dello stabilimento sono almeno quattro. A livello svizzero, secondo quanto riferito alla trasmissione Patti Chiari dalla rappresentante della Suva e specialista della medicina del lavoro Claudia Pletscher, hanno perso la vita per malattie asbesto correlate 2’300 lavoratori (dato al 2017).

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Non solo comunicazione

Gli operai delle Officine non solo contestano alla Suva –che nel frattempo ha ritrattatoCollegamento esterno, poi si è scusataCollegamento esterno– di essere stata carente nella comunicazione. Premono anche per estendere gli esami medici: a più persone, e alla tomografia ed emissione di positroni (PET), poiché la TAC è in grado di individuare il solo tumore ai polmoni ma non anche quello della pleura, l’altra patologia che può sviluppare chi respira fibre d’amianto.

L’istituto, in un’intervistaCollegamento esterno al Quotidiano, motiva così il mancato invito a sottoporsi a una PET: il cancro ai polmoni determinato dall’amianto (carcinoma), se individuato precocemente grazie allo screening TAC può essere curato in via definitiva, mentre per quello della pleura (mesotelioma) non esiste terapia in grado di garantire la guarigione.

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A causa del lungo tempo di latenza –da 20 a 40 anni- ancora oggi il mesotelioma uccide più di cento persone ogni anno in Svizzera.

Usato a profusione per decenni

Dai filmati d’epocaCollegamento esterno della Radiotelevisione svizzera, colpiscono in particolare le immagini di operai che spruzzano l’amianto floccato (poi vietato nel 1975), impiegato come isolante e ignifugo.

Un vaso di fiori in cemento con la scritta Génération sans amiante e uno simile in eternit, vuoto
Per una vera generazione senza amianto servirà forse un secolo: il minerale è tuttora presente in molte costruzioni che hanno più di trent’anni [immagine d’archivio]. Keystone / Christian Brun

Rischi attuali. All’amianto bisogna prestare attenzione ancora oggi, specie nelle ristrutturazioni di immobili: non esiste un registro che permetta di sapere dov’è stato usato, e la sua presenza non è un’eccezione. Era contenuto ad esempio nella colla per piastrelle, nei pannelli isolanti di quadri elettrici, in prefabbricati come fioriere. Nicola Solcà, capo Ufficio gestione rischi ambientalCollegamento esternoi e del suolo del Canton Ticino, rassicura però [videoCollegamento esterno] le persone comuni: il solo degrado del cemento-amianto, senza lavorazione, non è pericoloso.

In realtà, fino a fine anni Ottanta veniva usato un po’ ovunque. Resistente a elevate sollecitazioni termiche e chimiche, l’amianto era contenuto in centinaia di prodotti e componenti. Decine di migliaia di persone vi furono esposte, e non tutte indossavano le adeguate protezioni. Benché la Suva avesse riconosciuto l’asbestosiCollegamento esterno come malattia professionale già nel 1939, in Svizzera il minerale fu bandito solo nel 1989, con un periodo di transizione di cinque anni.

Gli incontri personale-Suva

Sindacati, CoPe e ‘Giù le mani’ avevano dapprima chiesto l’istituzione di un organo super partes che controlli l’operato della Suva (nel cui ConsiglioCollegamento esterno siedono comunque 16 rappresentanti dei lavoratori, in ugual numero a quelli del padronato, ndr). Le mancanze, osservava Gianni Frizzo ai microfoni del Quotidiano RSI [videoCollegamento esterno], possono anche essere in buona fede.

Il 14 ottobre, le organizzazioni dei lavoratori hanno ottenuto un primo incontro con l’Istituto [videoCollegamento esterno], che si è scusato per gli errori di comunicazione. Il personale apprezza, ma ribadisce la priorità di un censimento: da quando si è ricominciato a parlarne, decine di operai hanno fatto sapere di aver lavorato con l’amianto (o temono di averne respirato le polveri) e di non essere nella lista di coloro cui è consigliato sottoporsi a controlli.

Intanto, mentre il portavoce delle FFS sottolineava che oggi gli addetti operano in completa sicurezza e prospettava un miglioramento della collaborazione con la Suva, gli oltre 50 operai annunciatisi hanno compilato un modulo dettagliato che sarà trasmesso all’assicurazione. Ma c’è incertezza sui criteri in base ai quali l’istituto deciderà chi chiamare.

Criteri che saranno tra i primi oggetti di discussione del gruppo di lavoro, che ha previsto di riunirsi almeno due volte da qui a fine anno.

Primo piano in b/n di due mani che mostrano alla camera un oggetto lanoso
Un addetto alla produzione mostra delle fibre d’amianto [immagine non datata]. Keystone

A fine 2014, la giustizia svizzera riconosce un risarcimento di 140’000 franchi per la morte di un padre di famiglia che aveva lavorato alla Eternit di Niederurnen, Glarona. I responsabili della ditta sono dichiarati colpevoli di omicidio colposo, ma la decisione del Tribunale federaleCollegamento esterno è presa in virtù della protezione dei minori (l’uomo vi era stato impiegato durante le vacanze scolastiche). Il caso è dunque particolare e non incide sulle sorti di altri procedimenti, come avrebbe sperato l’Associazione vittime dell’amianto e congiunti VAOCollegamento esterno.

Intanto, nel febbraio 2015, il Consiglio federale (governo) istituisce una tavola rotonda per trovare un modo di sostenere le vittime dell’amianto che non rientrano nella copertura degli infortuni professionali, come le persone (ad esempio le mogli) che lavarono gli abiti da lavoro contaminati. Si pensa a un fondoCollegamento esterno finanziato dalle aziende.

Nel novembre successivo, fa notizia il caso di un montatore della Maschinen Fabrik di Oerlikon, passato al vaglio di diversi tribunali nel corso di oltre un decennio. Su ammonimento della Corte europea dei diritti dell’uomo, il Tribunale federale revoca il termine di prescrizione di 10 anni allora vigente, ma sottolinea che la decisione vale per il caso specifico. 

Dicembre 2016. Si conclude la tavola rotonda sull’amianto, con un’intesa a favore delle vittime non professionali cui è stato scoperto il tumore dopo il 2016: previsti risarcimenti fino a 118’000 franchi una tantum e prestazioni dell’Indennità perdita di guadagno (IPG) fino a 200’000. Il sostegno non sarà solo finanziario ma anche psicosociale, per i malati e i loro familiari.

Nel marzo 2018, il Consiglio nazionale (camera bassa del parlamento svizzero) porta da 10 a 20 anni il termine di prescrizione per chiedere un risarcimento in caso di gravi danni alla salute per motivi professionali del passato. Il Consiglio federale aveva proposto 30, in virtù dei lunghi periodi di latenza delle malattie correlate all’amianto. Ma il Consiglio degli Stati (camera alta), in maggio si allinea al Nazionale: gli anni saranno 20.

Tale termine non intacca il diritto alle prestazioni da parte della Suva.

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