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Grey’s Anatomy e Dr. House: medici d’altri tempi

L'anatomia come corpo da sfogliare swissinfo.ch

Esami, intrallazzi amorosi e geni misantropi? Hanno costellato anche i 175 anni di storia della medicina all'Università di Zurigo.

Poche figure professionali esercitano sull’immaginario collettivo un fascino paragonabile a quello dei medici, chinati per anni sui loro libri con l’obiettivo di diventare depositari di un sapere che permette di combattere le malattie e sconfiggere – nel migliore dei casi – la morte. Non a caso, i protagonisti di innumerevoli serie televisive – da General Hospital al Dottor House, passando per il più nostrano Un medico in famiglia – sono proprio medici.

L’origine di questo ‘mito’ è certo antica, ma è con l’avvento delle università moderne che si è cristallizzato. Lo si vede bene visitando la mostra «Da pivello a camice bianco» allestita dall’Archivio di storia della medicina dell’Università di Zurigo che ricostruisce 175 anni d’insegnamento e studio dell’arte medica nella città sulla Limmat.

Tra gli oggetti e le fotografie esposte spunta qualche nome famoso – come quello di Hermann Rorschach (il creatore delle ‘macchie’ usate come strumento psicodiagnostico) – ma non è su di loro che si concentra l’attenzione. «La storia della medicina è molto di più della celebrazione di grandi nomi», spiega Iris Ritzman, una delle curatrici. «Noi volevamo mostrare il quotidiano degli studenti, come studiavano, come vivevano». Ecco allora che accanto ai quaderni dell’ottocento, si trovano lettere d’amore, ritagli di giornale, riviste studentesche.

Curiosamente, gli oggetti esposti parlano di un mondo non poi tanto diverso da quello che si vede oggi in tv. «In effetti», constata Iris Ritzman, «quella trasmessa dai telefilm è un’immagine piuttosto antiquata: il medico superiore a tutto, il medico forte, reso più umano dai suoi problemi, ma che non diventa mai “una persona come tutte le altre”. In passato questo aspetto è stato molto curato: studiare medicina significava far parte di un’élite», tant’è che carta pregiata, pompose formulazioni in latino e sigilli non erano usati solo per i diplomi, ma già per la conferma dell’avvenuta immatricolazione all’università.

La rivoluzione femminile

Oggi gli studenti di medicina danno meno importanza alle questioni di prestigio. Iris Ritzman ritiene che questo sia in parte legato alla femminilizzazione della professione.

Gli inizi, però, sono stati duri per le donne; anche a Zurigo, la prima università dell’Europa occidentale a permettere loro uno studio e una promozione regolare. Era il 1868 e questa apertura portò nella città sulla Limmat un’ondata di studentesse russe che nel loro paese potevano esercitare ma non studiare.

A differenza di quanto accadeva nelle altre università europee, i professori accolsero abbastanza bene le studentesse; non così i compagni di studio, come testimoniano le crudeli caricature pubblicate sui giornali studenteschi dell’epoca. «Erano donne che venivano da una realtà completamente diversa da quella svizzera», racconta Iris Ritzman. «Avevano la rivoluzione nel sangue, fumavano, portavano i capelli corti… Qui si sono scontrati due mondi, l’incomprensione era reciproca».

Da fidanzata abbandonata a medico

Tuttavia, qualche volta in questo vero e proprio laboratorio di educazione mista e interculturale scoccava una scintilla d’amore. Ma spesso le differenze erano troppe per garantire longevità ai matrimoni. Tra le poche coppie che non si separarono, si trova quella formata da Hermann Rorschach e Olga Stempelin, che si sposarono nel 1909.

Andò male, invece, il matrimonio tra Friedrich Erismann (1842-1915) e la prima studentessa russa a Zurigo, Nadjeschda Suslowa (1843-1918). La loro relazione -indirettamente – portò Marie Vögtlin (1845-1916) a diventare la prima donna svizzera laureata in medicina.

La Vögtlin, infatti, era fidanzata con Erismann e si preparava ad una vita di moglie e madre quando lui la lasciò per la Suslowa (alla quale avrebbe confessato il suo amore solo due anni più tardi). La rottura del fidanzamento fu uno choc per Marie, che rimise in questione il suo ruolo di donna e decise di studiare.

Ad ogni epoca il suo manuale

La mostra permette anche di seguire lo sviluppo dei materiali didattici: dai modelli anatomici in cartone, ai primi film –realizzati negli anni trenta del novecento – fino ad arrivare all’e-learning.

Tra i materiali più impressionanti c’è la collezione di fotografie dell’ospedale pediatrico. Allestita a partire da fine ottocento e usata fino a metà del novecento, conta più di 2’000 ritratti di bambini utilizzati, tra l’altro, per insegnare agli studenti quali caratteristiche fisiche – ciuffo, alluce grande, forma delle orecchie o altro – erano indizio di un «tipo degenerativo» o di neuropatie. Oggi, questo approccio diagnostico – che faceva di un ragazzo dal sorriso largo un probabile futuro malvivente – è stato rivisto. «L’esempio dell’eugenica mostra in modo chiaro che le nozioni trasmesse dalla medicina non rispecchiano le leggi della natura, ma solo l’interpretazione che se ne dà in un determinato momento storico».

Meno sottoposti ad invecchiamento sono per contro i modelli anatomici. «Da un punto di vista scientifico si potrebbero ancora usare», conclude Iris Ritzman. «Ma anche loro restano legati al tempo in cui sono stati concepiti, lo si vede ad esempio dalle acconciature o dai materiali in cui sono realizzati. Una cosa però è rimasta invariata: ad essere scelto come modello è un corpo giovane e sano e, di regola, maschile. E questo nonostante poi, in pratica, gli studenti non si trovino mai a sezionare corpi su cui la vita e le malattie non abbiano lasciato il segno. Magari fra cento anni i modelli diventeranno più realistici».

swissinfo, Doris Lucini, Zurigo

«Vom Grünschnabel zum Weisskittel» (Da pivello a camice bianco) si può visitare gratuitamente fino al 31 maggio al Foyer West dell’edificio principale dell’Università di Zurigo (chiuso il sabato pomeriggio, la domenica e i festivi).

In esposizione ci sono 175 “tesori” dell’Archivio di medicina, alcuni mai mostrati pubblicamente, che documentano la storia della medicina all’Università di Zurigo, dagli esordi (1833) fino agli anni settanta del novecento.

Aspetti particolari affrontati dalla mostra – come le derive dell’eugenica in pediatria, la storia delle prime studentesse di medicina o lo sviluppo dei materiali didattici – sono approfonditi nel libro «Innenansichten einer Ärtzeschmiede. Lehren, lernen und leben – aus der Geschichte des Zürcher Medizinstudiums», distribuito dalla Chronos Verlag.

L’Università di Zurigo festeggia i suoi 175 anni con una serie di mostre, conferenze e manifestazioni rivolte al grande pubblico. Le iniziative seguono il motto «Wissen teilen» (condividere il sapere).

Fondata nel 1833, l’Universitas Turicensis è il primo ateneo d’Europa istituito da uno stato democratico e non da un regnante o da una chiesa. Il primo anno vi s’iscrivono 161 studenti. Le facoltà – in cui insegnano 55 docenti – sono quattro: teologia, giurisprudenza, medicina e filosofia.

Oggi, gli studenti immatricolati nella più grande delle università svizzere sono quasi 24’000, distribuiti in sette facoltà (teologia, giurisprudenza, economia, medicina, veterinaria, lettere-filosofia-scienze sociali, matematica e scienze naturali).

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