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Governo: un’elezione all’insegna della continuità

Keystone

Con l'elezione di Didier Burkhalter in governo, l'Assemblea federale ha optato per la continuità. Dopo gli scombussolamenti degli ultimi 6 anni, il parlamento non ha voluto rimaneggiare nuovamente la composizione dell'esecutivo e ha lanciato un segnale in favore della concordanza.

Sarà quindi Didier Burkhalter, consigliere agli Stati del canton Neuchâtel, ad occupare da novembre la poltrona governativa lasciata libera da Pascal Couchepin. Il Partito liberale radicale (PLR) mantiene così due seggi nell’esecutivo, un radicale succede ad un radicale, un romando ad un altro romando.

Mercoledì mattina, sotto la cupola di Palazzo federale, è prevalsa insomma una logica di continuità. La maggioranza del parlamento ha respinto il tentativo del Partito popolare democratico di strappare un seggio ai radicali, mettendo in corsa il consigliere agli Stati friburghese Urs Schwaller.

Le Camere hanno in pratica rinunciato a ritoccare nuovamente gli equilibri in Consiglio federale, dopo i continui scombussolamenti avvenuti dal 2003. Mai, come in questi ultimi anni, la ripartizione dei seggi governativi tra i maggiori partiti nazionali è stata infatti modificata così spesso, in così poco tempo.

“È stata, secondo me, un’elezione tipicamente svizzera. Il parlamento ha fatto una scelta estremamente pragmatica, esprimendosi in favore di una concordanza aritmetica – per il partito che aveva raccolto più voti dell’altro alle ultime elezioni – ed evitando di aprire nuovi cantieri”, dichiara a swissinfo il politologo Mark Balsiger.

Occasione mancata per la sinistra?

Urs Schwaller, il candidato più vicino alla sinistra, soprattutto in ambito sociale, avrebbe avuto i numeri per imporsi da un profilo matematico, se i socialisti e i Verdi avessero votato in modo compatto a suo favore. Ma, per finire, anche diversi rappresentanti di questi due partiti hanno preferito accordare le loro preferenze a Burkhalter, rappresentante del centro-destra liberale.

Continuamente isolata e messa in minoranza dai partiti borghesi, sia in governo che in parlamento, la sinistra non ha quindi voluto o saputo cogliere un’occasione importante per tendere la mano al PPD, un partito che da alcuni anni sta mostrando una più spiccata sensibilità sociale.

“Credo che molti socialisti abbiano fatto una scelta strategica”, ritiene Mark Balsiger. “Sostenendo in modo massiccio Urs Schwaller, avrebbero infatti creato un’enorme irritazione presso i radicali, con i quali riescono pur sempre a stringere delle alleanze su alcuni temi. Togliendo un secondo seggio governativo al PLR, avrebbero spinto ancora di più questo partito nelle braccia dell’UDC”.

Debolezza del centro

Secondo il politologo, la sinistra ha inoltre cercato di non irritare la propria base nella Svizzera francese. Con l’elezione di Urs Schwaller, di lingua madre tedesca, la Romandia non sarebbe più stata rappresentata, come tradizione, da due ministri in Consiglio federale.

Una realtà di cui avrebbe dovuto tener conto maggiormente lo stesso PPD, al momento della scelta della candidatura del consigliere agli Stati friburghese. Ma proprio la procedura di selezione dei candidati ha messo ancora una volta in luce le debolezze di entrambi i partiti di centro.

Il PPD non è riuscito a trovare tra le sue fila nemmeno un “vero” rappresentante della Svizzera francese, abbastanza quotato per affrontare l’elezione. Il PLR, dopo mille speculazioni sulla candidatura del suo presidente Fulvio Pelli, ha messo in campo due parlamentari poco noti sulla scena nazionale.

“Queste elezioni hanno mostrato nuovamente che i partiti – e non solo quelli del centro – non son più in grado di costruire delle candidature disponibili al momento del bisogno. Probabilmente questo fatto è dovuto in buona parte alla carenza di un’organizzazione e di strutture professionali all’interno delle forze politiche nazionali”, osserva Mark Balsiger.

Giochi poco trasparenti

Nonostante gli appelli alla concordanza di governo, lanciati da ogni sponda durante l’elezione di mercoledì, lo scontro tra i partiti per i seggi in Consiglio federale risulta soltanto rinviato fino alla prossima partenza di un ministro o, tutt’al più, fino alla rielezione dell’intero esecutivo, in programma tra due anni.

Dopo la fine della “formula magica” nel 2003, che aveva dettato per quasi mezzo secolo la suddivisione delle poltrone governative, i maggiori schieramenti politici nazionali non hanno nemmeno abbozzato il tentativo di definire una nuova piattaforma di governo. Le scelte dei ministri rischiano quindi di rimanere ancora per molti anni dettate da calcoli aritmetici e da giochi politici poco trasparenti.

“Credo che la politica svizzera non sia ancora matura per istaurare una nuova formula di governo”, ritiene Mark Balsiger. “Quella attuale ha perso molto del suo smalto, ma viene ancora sostenuta dalle principali forze politiche. Da un lato perché temono di pagare il prezzo di un cambiamento e dall’altro perché ancora oggi non hanno assolutamente trovato nessun consenso, neppure minimo, su una nuova formula”.

Armando Mombelli, swissinfo.ch

1959 – 2003
La lunga era della “formula magica”: 2 seggi al Partito socialista (PS), 2 al Partito liberale radicale (PLR), 2 al Partito popolare democratico (PPD) e 1 all’Unione democratica di centro (UDC).

2004 – 2007
L’UDC, con Christoph Blocher, strappa un seggio al PPD: 2 seggi PS, 2 PLR, 2 UDC e 1 PPD.

2008
Eveline Widmer-Schlumpf e Samuel Schimd lasciano l’UDC ed entrano nel nuovo Partito borghese democratico (PBD): 2 seggi PS, 2 PLR, 2 PBD e 1 PPD.

2009
L’UDC ritorna in governo con Ueli Maurer che subentra a Samuel Schmid: 2 seggi PS, 2 PLR, 1 PPD, 1 UDC e 1 PBD.

Il 16 settembre l’Assemblea federale ha eletto il radicale Didier Burkhalter alla successione del ministro dimissionario Pascal Couchepin del PLR. La ripartizione delle poltrone governative rimane quindi inalterata.

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