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Senza soldi e aiuti, ma con una valigia piena di speranze

La prima difficoltà per molti svizzeri dell'estero che hanno deciso di tornare in Svizzera è di trovare un volo durante questa crisi che ha quasi paralizzato il traffico aereo. Keystone / Armando Babani

La crisi legata al coronavirus mette in difficoltà anche molti svizzeri all'estero che per ora non sanno ancora se avranno diritto agli aiuti economici della Confederazione. Patrick Schneider è rientrato in Svizzera dalla Colombia per sbarcare il lunario e per assicurare un futuro alle sue attività imprenditoriali a Cartagena.

“I miliardi di aiuti immediati della Confederazione includono anche noi?”. In questi giorni, è una domanda che si fanno molti svizzeri all’estero. Infatti, ci sono molti connazionali della diaspora che hanno avviato un’attività indipendente e che da anni gestiscono una propria azienda.

Ma poi è arrivato il virus a scombussolare i loro piani. Chi prima, chi dopo, tutti hanno dovuto chiudere il ristorante in Thailandia, il salone di bellezza in Colombia o il bed and breakfast in Italia. È una delle tante misure adottate dai governi per frenare la diffusione del COVID-19. Da un giorno all’altro, sono rimasti senza reddito. Per molti era l’unica entrata.

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C’è chi spera che la crisi legata al coronavirus passi in fretta affinché possano riaprire i battenti del negozio o dell’azienda. Altri hanno deciso di ritornare in Svizzera dove si augurano di guadagnare qualche soldo per sostenere i costi fissi all’estero. E c’è chi spera di potersi aggrappare al salvagente d’emergenza – gli aiuti immediati – gettato dal Consiglio federale a chi fa fatica a stare a galla in questa situazione di crisi.

Chi può chiedere aiuto alla Confederazione?

Ma gli svizzeri all’estero possono fare capo al pacchetto di misure per arginare le conseguenze economiche dovute alla crisi legata al coronavirus? Una prima risposta viene data da Boris Zürcher, capo della Direzione lavoro presso la SECO. Durante la conferenza stampa della Confederazione del 23 marzo, ha indicato che se uno svizzero all’estero dovesse ritornare in patria, dovrebbe avere diritto agli aiuti finanziari stanziati dal governo.

“Non so però se sono previste misure per gli svizzeri all’estero. Sarebbe un altro gruppo di persone da inserire nell’elenco”, ha spiegato più avanti l’esperto della SECO. In questo momento, l’Organizzazione degli Svizzeri all’esteroCollegamento esterno (OSE) sta verificando se anche gli svizzeri all’estero che sono rimasti nel loro Paese di residenza possono approfittare del pacchetto di aiuti. “In linea di principio partiamo dal presupposto che non sarà il caso”, scrive l’OSE.

Lo svizzero Patrik Schneider, residente in Colombia.
Patrik Schneider, rientrato in Svizzera per cercare un nuovo lavoro. zvg

L’OSE riceve sempre più richieste di svizzeri all’estero che sono rimasti nel loro Stato d’accoglienza e che si trovano in difficoltà finanziarie. In determinate circostanze è possibile ricorrere all’assistenza sociale, ma solo se non riescono a superare la crisi con le proprie risorse economiche o con gli aiuti del Paese ospitante.

“Ci è stato comunicato che fino alla fine di aprile 2020 è stata assegnata una speciale competenza alle ambasciate. Chi lo desidera può ritirare e inoltrare i formulari necessari direttamente lì”, informa l’OSE, indicando di rivolgersi alle rappresentanze della Svizzera all’estero.

Probabilmente nessun sostegno finanziario

Anche Patrick Schneider ha cercato di capire se potesse contare su un sostegno statale. Emigrato un anno e mezzo fa in Colombia, ha aperto uno studio di bellezza con la sua partner a Cartagena e dalla fine di gennaio gestisce un atelier di tatuaggi in cui impiega nove dipendenti. Il 20 marzo ha chiuso preventivamente i due locali. Poco dopo il governo ha decretato il lockdown totale.

“La crisi è arrivata nel momento peggiore”, dice il 42enne. Le due attività sono l’unica fonte di reddito per la coppia. Inoltre, avevano aperto da poco e quindi i due neoimprenditori non erano ancora riusciti a creare delle riserve economiche. “Ora che non abbiamo più nessuna entrata, non sappiamo più come fare. I costi fissi rimangono e sono molto elevati a Cartagena”, racconta l’ex giornalista sportivo e direttore artistico.

Patrick Schneider ha deciso così di ritornare in Svizzera per trovarsi un lavoro con contratto a termine. L’obiettivo è di assicurarsi un futuro in Colombia. Ma trovare un lavoro non è per nulla facile in questo momento. Per questo motivo si è rivolto immediatamente al Dipartimento federale degli affari esteri DFAE e alla Segreteria di Stato dell’economia SECO. Voleva sapere se poteva far capo al pacchetto di misure economiche proposto dalla Confederazione.

La crisi ha colpito anche Cartagena, in Colombia, molto affollata di turisti negli ultimi anni. Keystone / Ricardo Maldonado Rozo

La risposta che ha ottenuto da parte della SECO non lascia dubbi: i cittadini svizzeri non possono sperare di ricevere aiuti finanziari all’estero. “L’ordinanza concernente la concessione di crediti e fideiussioni solidali in seguito al coronavirus ha quale obiettivo di accordare senza formalità e rapidamente un sostegno a imprese individuali, società di persone o persone giuridiche con sede in Svizzera“, scrive la SECO.

Il DFAE ha spiegato a Schneider di rivolgersi all’ambasciata svizzera a Bogotá. Lì ha la possibilità di chiedere assistenza sociale o un aiuto immediato temporaneo. Per il momento però non sa ancora se tale domanda sarà accordata.

Chi può essere considerato un rimpatriato?

Per il momento non è stato chiarito quali criteri deve soddisfare uno svizzero all’estero rientrato in Svizzera per essere considerato un rimpatriato a tutti gli effetti. Il capo della Direzione lavoro della SECO ha indicato che solo chi è ritornato definitivamente in patria può godere degli aiuti stanziati dalla Confederazione.

Al momento sono davvero pochi. Ma il loro numero potrebbe aumentare soprattutto se la recessione nei Paesi d’accoglienza dovesse durare a lungo, obbligandoli a rifare le valige.

Patrick Schneider è tornato in Svizzera, ma vuole fare ritorno a Cartagena il prima possibile. “Naturalmente non voglio fare capo agli aiuti statali. Intendo cavarmela da solo”, dice.

Nel frattempo, Schneider ha trovato lavoro nel ramo della logistica e sta cercando un ulteriore lavoro part-time. “Se riesco, voglio inviare qualche soldo anche ai miei dipendenti rimasti senza lavoro”. In Colombia si vive alla giornata. In pochi mettono da parte qualche soldo. “Per molti è un grosso problema se non hanno più alcuna entrata”. In Svizzera, lo svizzero all’estero riesce a limitare i costi fissi grazie all’ottima rete di amicizie. Ora spera soltanto che la crisi passi in fretta e che possa presto riaprire le sue attività in Colombia, dove ritornerà con una valigia piena di speranze.

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Traduzione di Luca Beti

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