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Giochi da favola con Gianni Rodari

Il segreto di Gianni Rodari appartiene ai bambini.

Una caccia fantastica alla scoperta di nuove storie, raccontate, inventate, stravolte: è l’invito lanciato dal Museo in erba di Bellinzona che dedica la sua prima mostra autonoma al celebre giornalista e scrittore italiano Gianni Rodari.

«C’era una volta un papà che lavorava moltissimo e la sera non era mai a casa. Allora raccontava delle storie al telefono alla sua bambina, così lei non era più triste. Però erano storie corte perché una volta si pagava tanto».

 

Quel papà non è altri che il ragionier Bianchi, di Varese, e questa è la storia, raccontata da un bambino, della nascita delle “Favole al telefono”. Inizia così il viaggio di una classe di scuola elementare nell’universo fantastico di Gianni Rodari. «Avete già sentito parlare del “topo dei fumetti”?», chiede Francesca, l’animatrice del Museo in erba. «No? Allora vi racconterò la sua storia…».

E mentre le parole prendono forma, tra un “sploom, blang, gulp” del topolino Vattelapesca, al piano di sotto un altro gruppo di bambini sta inventando la propria fiaba, tra giochi di parole e di colori.

Giocare con le parole

«Gianni Rodari ha cambiato letteralmente il mondo della favola», ci spiega la direttrice del Museo in erba Loredana Bianchi. «Una volta le fiabe erano popolate unicamente da personaggi surreali, come orchi e streghe. Rodari ha saputo includere nei suoi racconti i temi del mondo reale, un mondo nel quale i bambini potevano riconoscersi e identificarsi. Ha insegnato loro a giocare con le parole, a liberare la creatività, convinto che nella fantasia non c’è nulla di sbagliato».

Nato 11 anni fa quale prima antenna estera del Musée en herbe di Parigi, l’istituto ticinese ha scelto questo maestro del racconto quale manifesto della propria autonomia. È la prima volta, infatti, che gli spazi dedicati a questi piccoli artisti vengono concepiti in modo indipendente e dedicati a un artista della parola.

«Io credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire a educare la mente», scriveva Rodari ne “La freccia azzurra”. «La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo».

Il percorso proposto dal Museo in Erba è innanzitutto un invito alla scoperta, alla totale liberazione della fantasia. Attraverso le parole di Gianni Rodari e le illustrazioni di diversi artisti, i bambini sono accolti nel pianeta “Accazeta” dove il gioco è re e l’immaginazione regina.

Imparare divertendosi

Insegnante, giornalista e scrittore, Gianni Rodari si forma negli ambienti cattolici di un’Italia fascista. Stregato da autori come Nietzsche, Schopenhauer e Trotskij, con la caduta del regime si avvicina all’ideologia comunista abbracciando l’attività politica del partito e collaborando con diverse testate di sinistra.

Negli anni Cinquanta, il suo impegno civile contro i preconcetti e il conservatorismo trovano terreno fertile in una battaglia contro la rigidità di una scuola tradizionalista e autoritaria. «Vale la pena che un bambino impari piangendo quello che può imparare ridendo?», si chiedeva retoricamente Rodari nel suo “Libro degli errori”.

Fedele alla filosofia dello scrittore italiano, il Museo in erba permette al suo piccolo pubblico di sentirsi protagonista della scoperta, attore principale della propria educazione. «Il bambino deve sentirsi a suo agio nei nostri spazi e avere gli strumenti per capire da sé ciò che accade intorno a lui», afferma Loredana Bianchi. «È proprio scoprendo in modo autonomo che riesce ad imparare più facilmente e a divertirsi crescendo».

Sbagliando si inventa

Scriveva Gianni Rodari nella “Grammatica della fantasia” (1973): «Se un bambino scrive nel suo quaderno “l’ago di Garda”, ho la scelta tra correggere l’errore con un segnaccio rosso o blu, o seguirne l’ardito suggerimento e scrivere la storia e la geografia di questo “ago” importantissimo, segnato anche sulle carte d’Italia. La luna si rispecchierà sulla punta o sulla cruna? Si pungerà il naso ? (…) Un “libbro” con due b sarà soltanto un libro più pesante degli altri, o un libro sbagliato, o un libro pessimo?».

Per Rodari un errore non era altro che un’occasione in più per imparare, o per meglio dire per inventare. «Cercava sempre di coinvolgere i bambini attivamente nella creazione di nuove storie», spiega Loredana Bianchi. «Le sottoponeva al giudizio critico dei bambini, dando spazio ai loro suggerimenti e lasciando perfino che ne adattassero il finale».

Così, anche al Museo in Erba il concetto stesso di errore sembra proprio non esistere. «Secondo voi – chiede Francesca – come andrà a finire la storia del topo dei fumetti? Non preoccupatevi, non esiste una risposta giusta e una sbagliata». Le mani si alzano, i bimbi scalpitano e dal fondo si alza una voce: «Il topo incontra un gatto e fa amicizia con lui perché anche se non parlano la stessa lingua e non si capiscono, si vogliono bene».

Una favola al dì

Per questi bambini di scuola elementare, la gita scolastica al Museo in erba sta per concludersi. Un ultimo sguardo ad “Alice cascherina” e “Pinocchio” prima di prendere zaini e cartelle e tornare nel mondo della realtà.

«In questi mesi ci siamo resi conto di quanto i bambini abbiano ancora – e forse sempre più – bisogno di ascoltare delle favole, di stravolgerle e inventarne di nuove», conclude Loredana Bianchi. «Forse l’aspetto più interessante è stato vedere i genitori immergersi nelle storie di Rodari accanto ai loro bambini. Ci auguriamo solo che questo rito della favola possa continuare anche fuori dalle mura del museo».

«Le favole dove stanno? Ce n’è una in ogni cosa: nel legno, nel tavolino, nel bicchiere, nella rosa. La favola sta lì dentro da tanto tempo, e non parla: è una bella addormentata e bisogna svegliarla. Ma se un principe, o un poeta, a baciarla non verrà un bimbo la sua favola invano aspetterà» (Gianni Rodari, “La bella addormentata”, 1960).

Gianni Rodari nasce nel 1920 a Omegna, sul Lago d’Orta. Rimasto orfano di padre, all’età di dieci anni si trasferisce a Gavirate, in provincia di Varese.

Dopo qualche anno trascorso in seminario, si iscrive alle Magistrali e nel 1937 ottiene il diploma di insegnante. Entra all’università di Milano, ma dopo alcuni esami abbandona gli studi per dedicarsi all’insegnamento.

A partire dal 1935 Rodari milita dapprima nell’Azione cattolica, per poi avvicinarsi al comunismo. Inizia così a leggere le opere di Nietzsche, Schopenhauer, Lenin e Trotzkij.

Quando l’Italia entra in guerra, nel 1940, Rodari viene dichiarato “rivedibile” e quindi non richiamato alle armi. Inizia un periodo buio della sua vita: Rodari s’iscrive al Partito Fascista e accetta di lavorare nella Casa del Fascio.

Subito dopo la caduta del regime si avvicina al Partito Comunista, al quale s’iscrive nel 1944 partecipando alle lotte della Resistenza. Una volta terminata la guerra, viene chiamato a dirigere il giornale “Ordine Nuovo”.

Parallelamente alla sua attività di giornalista, scrive racconti per bambini e nel 1950 il Partito comunista lo chiama a Roma a dirigere il settimanale per i piccoli “Il pioniere”.

Tra il ‘56 e il ‘58 torna a lavorare all’Unità, per poi trasferirsi al “Paese Sera”.

Nel 1960 incomincia a pubblicare per Einaudi. Dieci anni più tardi vince il Premio Andersen, il più importante concorso per la letteratura dell’infanzia.

Al ritorno da un viaggio nell’Unione sovietica, nel 1979, Rodari inizia ad accusare i primi problemi circolatori che lo porteranno alla morte il 14 aprile 1980.

Tra le opere maggiori di Rodari si ricordano:

– “Le avventure di Cipollino” (1959);

– “Filastrocche in cielo e in terra” (1960);

– “Favole al telefono” (1962);

– “Il libro degli errori” (1964);

– “La freccia azzurra” (1964);

– “Grammatica della fantasia” (1974);

– “Il libro dei perché” (1984);

“La filastrocca di Pinocchio” (1974)

– “C’era due volte il barone Lamberto” (1978);

Bellinzona

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