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Oltre la logica militare per lottare contro l’estremismo violento

Le bombe non sono sufficienti per combattere gruppi come Daesh, che continua ad attirare giovani da tutto il mondo. Reuters

Organizzata dalle Nazioni Unite e dalla Svizzera, una conferenza internazionale vuole riunire le energie per combattere contro il reclutamento di giovani da parte di gruppi terroristici, come Daesh. Un obbiettivo che si vuole raggiungere puntando su misure di prevenzione sociale ed economica, invece dell’approccio militare che ha prevalso dagli attacchi dell'11 settembre. 

«Perché le organizzazioni terroristiche sono così attraenti per i giovani? Questa domanda viene posta in un centinaio di paesi da cui provengono i combattenti che si uniscono alle fila di gruppi terroristici, come Daesh. Non possiamo risolvere questo problema solo con la polizia, la giustizia e l’esercito”, sottolinea l’ambasciatore svizzero Stephan Husy, responsabile del contro-terrorismo presso le organizzazioni internazionali.

Questo approccio è al centro della conferenza internazionale “Sulla prevenzione dell’estremismo violento”(#preventVECollegamento esterno),  che si tiene il 7 e 8 aprile a Ginevra. Promossa dalle Nazioni Unite e dalla Svizzera, la conferenza riunisce una serie di esperti e una trentina di ministri e viceministri, tra cui i capi della diplomazia belga, svizzera, egiziana e malese.

Conferenza di Ginevra 

La parte ministeriale della conferenza sarà presieduta venerdì dal ministro degli esteri svizzero Didier Burkhalter e dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. Circa 600 persone provenienti da 104 paesi partecipano alla conferenza. Tra questi, figurano 32 ministri o viceministri. 

Per la Svizzera, la prevenzione dell’estremismo violento si iscrive nell’impegno in favore della pace e dello sviluppo sostenibile, indica il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). 

Per la Ginevra internazionale, può essere il punto di ancoraggio per attività di prevenzione nel campo dei diritti umani, promozione della pace e risoluzione di conflitti, come pure cooperazione allo sviluppo, per esempio nell’ambito del Fondo mondiale per l’impegno della comunità e la resilienza (GCERF) o i centri di Ginevra incaricati di promuovere la pace.

Come ricordato dal pakistano Jehangir Khan, direttore del Centro dell’ONU per la lotta contro il terrorismo, “tutti sono potenzialmente toccati dall’estremismo violento. Nessuno è risparmiato. La cooperazione internazionale non è mai stata più necessaria che ora. La sicurezza e la logica militare, anche se necessarie, hanno mostrato i loro limiti”. 

Questa risposta al terrorismo, basata puramente sulla sicurezza, “ha forse generato più terroristi di quanti ne abbia eliminati”, avverte Stephan Husy. 

Una risposta multiforme al terrorismo 

Questa conferenza – e il processo diplomatico in cui si iscrive – vuole spingere gli Stati a prendere coscienza di questa realtà e a tirare le somme degli insuccessi della “guerra al terrore”, lanciata dagli Stati Uniti e dai loro alleati dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, sia in Afghanistan che in Iraq. Obbiettivo è anche di evitare gli stessi errori, dopo i recenti attentati in Francia e Belgio rivendicati da Daesh. 

“Ciò che cambia è il coinvolgimento della cooperazione allo sviluppo, la promozione della pace e della sicurezza umana”, indica Stephan Husy. Un orientamento che il ministro degli esteri svizzero Didier Burhalter tradurrà in una strategia contro l’estremismo violento, che sarà presentata venerdì, durante il secondo giorno della conferenza. 

Per le stesse Nazioni Unite, si tratta di un punto di svolta, 10 anni dopo l’adozione da parte dell’Assemblea generale della “Strategia mondiale antiterrorismo” dell’8 settembre 2006, che aveva a sua volta soprattutto un approccio poliziesco e militare. Una politica che sarà esaminata in giugno dai suoi Stati membri. 

In questa prospettiva, il segretario generale uscente dell’ONU Ban Ki-moon ha definito formalmente lo scorso dicembre un “Piano d’azione per la prevenzione dell’estremismo violento”, che serve da base di lavoro per i partecipanti alla conferenza di Ginevra. Tale piano d’azione prevede una serie di misure sulla “prevenzione dei conflitti, il rafforzamento del buon governo, il rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto, il coinvolgimento delle persone, l’impegno dei giovani, la parità dei sessi, l’istruzione, l’accesso al lavoro e la comunicazione strategica” su internet e i social media.

Colloqui intersiriani a Ginevra 

Il prossimo ciclo di negoziati per la pace in Siria, sotto l’egida delle Nazioni Unite, avrà inizio l’11 aprile a Ginevra, ha annunciato martedì il portavoce dell’ONU Ahmed Fawzi nel corso di una conferenza stampa. 

Staffan de Mistura, l’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, “prevede di riprendere i colloqui di pace intersiriani l’11 aprile, come previsto”, ha precisato Fawzi. 

A Ginevra sono attesi il 10 aprile anche gli oppositori del regime del presidente Bashar al-Assad, riuniti nell’Alto comitato dei negoziati (HCN), un’ampia coalizione di oppositori politici e di rappresentanti dei gruppi armati. 

La delegazione di Damasco arriverà invece il 14 aprile, ha aggiunto il portavoce. Il 13 aprile sono in programma elezioni legislative in Siria, alle quali prendono parte, quali candidati, cinque membri della delegazione governativa. 

Sono quindi le grandi missioni, che l’ONU si è data dalla sua creazione sulle macerie della Seconda guerra mondiale, ad essere ripristinate in questa lotta contro “l’estremismo violento” – un concetto poco preciso, visto che gli stessi Stati membri delle Nazioni Unite non sono riusciti a trovare un accordo sulla sua definizione, come per quella del terrorismo. 

Dalle parole ai fatti 

Una ragione di questa vaghezza è legata alla volontà dell’ONU di non stigmatizzare nessuno. “Gli Stati membri hanno sottolineato (durante l’adozione del piano d’azione di Ban Ki-moon, ndr.) che l’estremismo violento non poteva e non doveva essere associato a nessuna religione, nessuna nazionalità, nessuna civiltà, nessun gruppo etnico”. 

Di fatto, questa iniziativa del segretario generale dell’ONU non vuole focalizzarsi sui paesi musulmani, affinché partecipino a loro volta a questa iniziativa. 

Ma come spesso presso le Nazioni Unite, nulla di vincolante uscirà da questo piano di azione, di cui la conferenza di Ginevra costituisce solo una tappa. Ogni paese è invitato ad ispirarsi per sviluppare un programma nazionale su misura, adeguato alle sue caratteristiche specifiche. Sarà interessante vedere come sarà considerato questo piano d’azione da un paese come l’Egitto, che pratica una politica totalmente opposta, reprimendo in modo violento i Fratelli Musulmani e soffocando ogni opposizione e gran parte della società civile. Ciò che ha favorito la creazione di cellule jihadiste nel Sinai. 

Per contattare l’autore: @fredburnandCollegamento esterno

Traduzione di Armando Mombelli

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