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La necessità di un vero impulso

Reuters

L'immagine della Ginevra internazionale è ormai quella di edifici decadenti che hanno bisogno di rinnovo. Ma le premesse sono scoraggianti: pressioni di bilancio, mercato dei cambi fluttuante, insicurezza, penuria di alloggi e uffici ostacolano la ristrutturazione.

Per superare le difficoltà, le autorità federali e cantonali dovrebbero mettere in atto una strategia più proattiva, dice a swissinfo.ch l’ex ambasciatore svizzero François Nordmann.

swissinfo.ch: Prima che Didier Burkhalter succedesse a Micheline Calmy-Rey come ministro degli affari esteri all’inizio del 2012, in un editoriale del quotidiano locale Le Temps lei ha avvertito che “nuvole oscurano il futuro della Ginevra internazionale”. Ha ancora una visione così cupa?

François Nordmann: C’era qualche incertezza sul passaggio di consegne alla testa del Ministero svizzero degli affari esteri e dei cambiamenti che ciò avrebbe potuto comportare a causa del fatto che Micheline Calmy-Rey si era investita moltissimo per la Ginevra internazionale.

Oggi penso che tutti noi possiamo essere rassicurati. Le prime mosse di Burkhalter sono state di proseguire le attività della Calmy-Rey. Non credo che ci saranno nuove iniziative di accademie o di Forum umanitari internazionali, ma la Svizzera farà del suo meglio per sviluppare e consolidare ciò che esiste. E questo è già un compito notevole.

swissinfo.ch: Quali sono le sfide principali che si presentano a Burkhalter e alle autorità ginevrine?

F. N.: Uno dei problemi principali per la Ginevra internazionale è legato alla forza del franco svizzero. Le organizzazioni internazionali reagiscono trasferendo o riducendo posti di lavoro.

Un altro problema evocato da tutti come una priorità è l’aumento dell’insicurezza. Gli episodi di violenza in generale sono cresciuti. Così non passa quasi settimana senza che vi siano casi di diplomatici o di loro familiari aggrediti. Questo è un fenomeno nuovo. Ginevra è più sicura di tante altre città, ma è molto meno sicura di dieci anni fa.

Poi c’è la questione dell’alloggio, che non si può risolvere facilmente. Ma è una preoccupazione crescente data la concorrenza tra settore pubblico e multinazionali, che rappresentano un quarto del prodotto interno lordo di Ginevra.

C’è quindi l’infrastruttura. Cinque anni fa, abbiamo promesso che avremmo a costruito uffici e residenze per una ventina di missioni diplomatiche di paesi fra i meno sviluppati che non sarebbero in grado di venire qui. Alle promesse non sono ancora seguiti i fatti.

Abbiamo bisogno di un’accelerazione poiché potrebbe essere compromessa la capacità di Ginevra di tenere conferenze alle quali dovrebbero essere presenti tutti i 193 paesi membri delle Nazioni Unite.

swissinfo.ch: Il problema dei costi delle ristrutturazioni di edifici esistenti e di chi dovrebbe pagare è emerso con la pubblicazione, il 20 aprile, del rapporto 2011 della Delegazione delle finanze delle Camere federali. Quanto è grave questo problema?

F. N.: È la prima volta che il parlamento sembra aver preso coscienza del problema e che ha dichiarato pubblicamente che dovremo spendere un miliardo di franchi per ristrutturare gli edifici esistenti della Ginevra internazionale. La maggior parte di questo importo è per riattare il Palazzo delle Nazioni.

Si presume che, oltre al suo contributo normale al bilancio, alla Svizzera si chiederà di partecipare al finanziamento della ristrutturazione di questi edifici, la cui manutenzione non è stata adeguata.

Il riflesso iniziale di Berna è stato di replicare che i proprietari degli edifici sono gli organismi internazionali, quali per esempio l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) o l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Perciò non riguarda la Confederazione. La Svizzera ha consegnato il Palazzo delle Nazioni all’ONU, la quale avrebbe dovuto costituire i necessari accantonamenti per il futuro. Ciò che invece non ha fatto.

Nel frattempo, i dirigenti delle organizzazioni hanno sostenuto che ricevono denaro dai governi da utilizzare nel modo più economico possibile per i programmi e non per costituire riserve finanziarie.

Gli Stati membri affermano che la Svizzera, la quale dice di avere circa 3-4 miliardi di franchi all’anno di ricadute economiche come nazione ospitante delle organizzazioni internazionali, dovrebbe fare un gesto. Tanto più che le Nazioni Unite avrebbero bisogno di una sola sede.

Questo denaro dev’essere trovato. Non è una somma enorme, ma non è nemmeno irrilevante. Soprattutto in periodo di tagli di bilancio. Con la richiesta di un rapporto strategico, formulata dalla Delegazione delle finanze delle Camere federali, ciò è ora diventato una priorità.

swissinfo.ch: Con la Conferenza sul disarmo ancora in fase di stallo dopo 16 anni e l’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) in un vicolo cieco, teme un calo di attività diplomatiche a Ginevra?

F. N.: Non vi è alcun rischio di una flessione, ma piuttosto di un ristagno. L’arrivo della WTO ha dato un grande impulso a Ginevra. Si sono insediate numerose missioni e ci sono stati più incontri. Ma ora la WTO è bloccata.

Per quanto riguarda il disarmo, non si può fare granché. È una questione prettamente politica. Ginevra è completamente dipendente dagli sviluppi politici inerenti la Cina, il Pakistan e gli Stati Uniti. E qualsiasi soluzione sarà inevitabilmente a scapito di Ginevra.

Negli altri campi le attività si stanno sviluppando normalmente a Ginevra. L’OMS recentemente ha attraversato una crisi e l’ILO ha bisogno di una boccata d’aria fresca. Ma questi sono fenomeni normali. Organizzazioni come l’Unione internazionale delle telecomunicazioni (UIT) o l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (WIPO) si stanno sviluppando molto bene.

swissinfo.ch: Si potrebbe affermare che le autorità svizzere hanno riposato sugli allori in questi ultimi anni invece di affrontare questi problemi?

F. N.: La Svizzera è consapevole di questi problemi, ma non ha soluzioni. È una questione di priorità e risorse. Non vogliamo fare sforzi particolari per la comunità internazionale. Ci atteniamo ai compiti abituali e rassicuriamo. Ma evidentemente questo non basta più.

Sono per una politica più proattiva e offensiva, soprattutto da parte delle autorità ginevrine. Ginevra dovrebbe essere più interessata a ciò che accade all’interno delle organizzazioni e lo Stato dovrebbe essere più presente e avere una politica uniforme.

Ci si stanno ponendo delle domande e si sta sviluppando una strategia per le relazioni con le autorità federali. Ma ciò che manca è una riflessione sul sistema multilaterale al fine di sapere con che tipo di idee possiamo contribuire a modellare il 21° secolo.

Anche il Cantone dovrebbe inoltre dare maggiore priorità alla Ginevra internazionale. Molte cose di routine sono fatte molto bene, ma quello che manca è una vera spinta generale.

A Ginevra hanno sede 32 grandi organizzazioni internazionali. Complessivamente nella città lemanica lavorano circa 40mila diplomatici e funzionari internazionali, di cui 8’500 all’ONU.

A questi si aggiungono circa 2’400 dipendenti di 250 organizzazioni non governative.

Didier Burkhalter, ministro svizzero degli esteri:

“La Svizzera progetta di rafforzare la competitività della Ginevra internazionale nei prossimi anni”. (marzo 2012)

Isabel Rochat, membro del governo ginevrino:

“La Ginevra internazionale è come uno splendido palazzo: chiedetevi che genere di ristrutturazione necessita per assicurare il proprio funzionamento nel 21° secolo… Una semplice imbiancatura non basta. Dobbiamo lavorare sodo… Osiamo essere visionari per offrire a Ginevra una boccata d’aria fresca?” (giugno 2011)

Dante Martinelli, ambasciatore svizzero all’ONU a Ginevra:

“Le organizzazioni internazionali che sono proprietarie degli stabili sono responsabili della loro manutenzione e del rinnovo. Come Stato membro la Svizzera ha sempre incoraggiato i proprietari degli stabili a costituire riserve finanziarie per i rinnovamenti, ma essi non lo sempre hanno fatto. Il finanziamento delle ristrutturazioni in futuro richiederà qualche manovra innovativa”. (maggio 2012)

Nato nel 1942, François Nordmann ha studiato relazioni internazionali a Friburgo e Ginevra. Ha lavorato come diplomatico svizzero dal 1971 al 2007.

È stato segretario diplomatico sotto la direzione dei ministri degli affari esteri Pierre Graber e Pierre Aubert, consigliere della missione di osservazione della Svizzera presso le Nazioni Unite (1980-1984), ambasciatore in Guatemala e in altri cinque paesi centroamericani, delegato permanente della Svizzera presso l’UNESCO (1987) e direttore della Sezione delle organizzazioni internazionali presso il Dipartimento federale degli affari esteri (1992).

Dal 1994 al 1999 è stato ambasciatore svizzero in Gran Bretagna e dal 2000 al 2002 capo della missione svizzera di osservatore permanente presso le Nazioni Unite a Ginevra. È quindi stato ambasciatore in Francia e nel Principato di Monaco. Dal 2007 lavora come consulente e analista politico indipendente.

(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)

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