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Perché l’omicidio Karlov non guasterà le relazioni russo-turche

Limes

L’attentato che è costato la morte all’ambasciatore russo ad Ankara Andrei Karlov è stato gestito con grande cautela dai governi turco e russo. È palese intenzione di Putin ed Erdogan di impedire che quanto accaduto possa rovinare le relazioni bilaterali, assurte negli ultimi mesi allo status di (temporanea) intesa tattica. Al momento le due nazioni hanno bisogno l’una dell’altra, in attesa che i rispettivi confliggenti interessi strategici le allontanino di nuovo. Con la Turchia destinata in futuro a godere di una posizione di relativa forza.

Le reazioni di Ankara e Mosca all’uccisione di Andrei Karlov, freddato lunedì scorso da Mert Altintas, un poliziotto turco fuori servizio, sono state alquanto moderate. Erdogan ha immediatamente incolpato il network afferente all’imam Fethullah Gulen, da tempo considerato il principale nemico domestico del “sultano”, poiché Altintas proviene dal collegio di polizia di Smirne, città storicamente vicina proprio alla fazione gulenista. Così Putin, almeno dialetticamente, ha sposato la tesi del collega turco, fino a dichiarare che forse nel novembre del 2015 «non sarebbe stato Erdogan ad ordinare l’abbattimento del caccia Su-24», ma che sarebbero stati piuttosto gruppi ostili al presidente presenti nello Stato profondo anatolico.

Impossibile stabilire chi o cosa abbia guidato la mano di Altintas: se il poliziotto fosse uno strumento utilizzato da altri, oppure semplicemente un lupo solitario che voleva “vendicare” i fatti di Aleppo. È tuttavia certo che Putin ed Erdogan intendono archiviare l’intera vicenda come semplice omicidio. In questa fase Turchia e Russia necessitano l’una dell’altra.

Soprattutto in Siria, dove è indispensabile mantenere il bilaterale compromesso. Con la Russia che ha avuto libertà di manovra ad Aleppo, in cambio di altrettanta libertà concessa ad Ankara nei confronti dei curdi siriani. D’altronde in Medio Oriente Mosca punta ad acquisire agli occhi dell’opinione pubblica occidentale abbastanza credito da spendere sul dossier ucraino, questione cruciale per le sorti della Federazione russa. Così Ankara deve impedire che i curdi del Rojava si allaccino al Kurdistan interno, sviluppo che potrebbe minare la tenuta stessa dello Stato turco.

Per questo nel breve periodo Russia e Turchia si industrieranno per minimizzare ogni possibile intoppo. Prima che nel prossimo futuro i contrapposti interessi strategici complichino nuovamente le relazioni bilaterali, specie nei Balcani, in Asia Centrale, nel Mar Nero, dove le rispettive sfere di influenza si incrociano fatalmente.

Allora la Turchia farà valere la propria maggiore solidità geopolitica. Giacché Mosca necessiterà di Ankara per respingere il contenimento ordito nei suoi confronti dagli Stati Uniti, che va dall’Europa Orientale fino alla penisola anatolica. E per impedire che la Turchia si trasformi in luogo di transito del gas azero ed iraniano che potrebbe affrancare l’Europa dalla dipendenza dagli idrocarburi siberiani. Quando, a differenza di quanto capitato con l’ambasciatore Karlov, anche il minimo incidente causerà notevolissime tensioni bilaterali.

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