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L’UE pone le sue condizioni alla Svizzera

Le relazioni tra Berna e Bruxelles hanno conosciuto tempi migliori Keystone

La relazione particolare con la Svizzera è entrata «in un vicolo cieco», ritiene l’Unione europea, che stila una lunga lista di rimostranze. Bruxelles avverte: non ci saranno nuovi accordi bilaterali senza una soluzione alla questione istituzionale.

I ministri dei trasporti e dell’energia dell’UE hanno adottato il 20 dicembre 2012 le loro “Conclusioni sulle relazioni con la Svizzera”. Accettato senza discussioni, il documento costituirà il fondamento degli sviluppi futuri della relazione che l’UE intrattiene con il suo vicino elvetico. Un legame fatto di oltre 200 accordi bilaterali e settoriali.

Preparate minuziosamente dagli esperti dell’UE, queste conclusioni – suddivise in una dozzina di punti – fanno il punto sulla situazione sulle relazioni bilaterali. E pongono le condizioni per avanzare.

Innanzitutto, Bruxelles constata che le relazioni bilaterali concernenti il mercato interno sono «in un vicolo cieco». Una situazione anche dovuta al fatto che «la questione istituzionale non è risolta». Da diversi anni, l’UE chiede alla Svizzera di adottare un quadro istituzionale che permetta di adattare, in modo dinamico, gli accordi alla legislazione europea, in costante evoluzione. L’UE insiste poi sull’interpretazione omogenea di tali accordi.

Bruxelles vorrebbe inoltre un «meccanismo indipendente di sorveglianza e di esecuzione delle decisioni giuridiche» e un «meccanismo di risoluzione delle vertenze». Al momento, ogni sviluppo del diritto comunitario è sottoposto – teoricamente – al beneplacito del legislatore elvetico. Solitamente, queste modifiche sono comunque riprese senza eccessive discussioni.

La Svizzera non sembra essere particolarmente impressionata dalle critiche alla via bilaterale contenute nel rapporto europeo.

Per Berna si tratta di una base per intavolare nuove discussioni.

«Aspettavamo un risposta. Ora l’abbiamo e possiamo iniziare a dialogare», ha spiegato il portavoce del Dipartimento federale degli affari esteri, Marc Crevoisier, facendo riferimento alle proposte inviate alla Commissione europea in giugno.

Per la presidente della Confederazione Eveline Widmer-Schlumpf, la via bilaterale non è caduta in un’impasse, contrariamente a ciò che credono alcuni. L’UE riconosce che questa strada ha un futuro e che la Svizzera si è impegnata a presentare proposte.

Bruxelles ha delle riserve sulla clausola di salvaguardia e sull’organo di sorveglianza di diritto, ma il dialogo può continuare, ha detto la ministra.

Anche il ministro dell’economia Johann Schneider-Ammann si dice fiducioso, assicurando tuttavia che le critiche dell’UE saranno prese sul serio.

Testo più severo

Ci vuole però maggiore sicurezza. L’UE avverte che se non verrà risolta questa questione, «non si potrà concludere alcuna trattativa sulla partecipazione della Svizzera al mercato interno». Il documento è d’altronde stato rivisto: la versione precedente si accontentava infatti di parlare «progressi significativi».

Ogni sviluppo futuro di questo sistema complicato di accordi, aggiunge l’UE, non farebbe altro che «accrescere l’insicurezza giuridica». Quest’ultima metterebbe in pericolo non soltanto l’omogeneità del mercato interno, ma pure la relazione dell’UE con i suoi partner dello Spazio economico europeo (SEE). Come l’UE, anche i norvegesi ne hanno in effetti abbastanza di questa Svizzera che esige un vestito su misura.

L’UE insiste. Considera che la Confederazione si sia spinta talmente oltre che ora non partecipa più solamente a una relazione bilaterale, bensì a «un progetto multilaterale». Per Bruxelles, è dunque necessario un cambiamento di rotta.

In una lettera inviata l’estate scorsa agli europei, la presidente della Confederazione Eveline Widmer-Schlumpf aveva avanzato alcune proposte di soluzioni negoziabili. Un’iniziativa accolta «favorevolmente» dall’UE.

Per rispondere alle richieste europee di migliorare l’attuale sistema di controllo e di sorveglianza, giudicato poco performante, Berna ha ad esempio proposto di creare un sistema non-europeo, nazionale e indipendente.

Altri sviluppi

Si riparla dello Spazio economico europeo

Un’idea però respinta dall’UE, che esige «un meccanismo internazionale di sorveglianza e di controllo giuridico». Numerose fonti in seno all’unione hanno confidato a swissinfo.ch di non sapere cosa significhi esattamente questa terminologia alquanto vaga.

Il documento precisa ad ogni modo che «il quadro istituzionale dovrebbe presentare un livello di sicurezza e di indipendenza equivalente ai meccanismi creati in seno allo SEE». Pochi giorni dopo il ventesimo anniversario dal rifiuto del popolo svizzero di aderire allo spazio economico, la questione ritorna dunque come un boomerang…

Nonostante tutto, l’UE indica di dare grande importanza al proseguimento del dialogo con il suo quarto partner commerciale. Invita d’altronde la Commissione europea ad esporre i progressi effettuati nelle discussioni, i quali potrebbero offrire «la possibilità di presentare una raccomandazione per lanciare dei negoziati con la Svizzera».

Nessuna restrizione alla libera circolazione

Oltre alla questione istituzionale, queste conclusioni europee sono condite da alcuni richiami. A iniziare dall’accordo sulla libera circolazione.

L’UE si rammarica che la Svizzera abbia reintrodotto la clausola di salvaguardia nei confronti di otto Stati (principalmente dell’ex blocco sovietico). Una misura «chiaramente contraria» agli accordi.

Bruxelles chiede così la soppressione di altre misure di accompagnamento, come la regola detta “degli otto giorni”. Questo provvedimento costringe le aziende europee intenzionate a inviare lavoratori in Svizzera a dichiarare la loro attività alle autorità elvetiche con almeno otto giorni di anticipo.

Senza sorprese, il testo adottato dai ministri europei evoca anche la vertenza sulla fiscalità cantonale delle aziende, al centro di una controversia che dura oramai già di diversi anni.

«La Svizzera è il nostro partner più vicino e quindi ci attendiamo che i negoziati inizino rapidamente e che Berna ci accordi le stesse misure che ha offerto agli Stati Uniti», ha affermato alla Società di Svizzera di Radiotelevisione il Commissario europeo alla fiscalità Algirdas Semeta.

Secondo il responsabile, la firma della Svizzera di un accordo di scambio automatico d’informazioni con gli Stati Uniti (FATCA) apre inevitabilmente la via a un accordo simile con l’UE.

Nuovo assegno svizzero

Bruxelles non esita nemmeno a rammentare l’impegno della Svizzera a contribuire all’allargamento dell’UE. Gli accordi bilaterali facilitano infatti l’accesso delle aziende elvetiche al mercato unico.

Finora, la Svizzera ha contribuito all’allargamento con 1,257 miliardi di franchi, su un periodo di cinque anni. Questo intervallo è scaduto nel giugno 2012. «I primi studi mostrano che questo meccanismo è stato un successo», sottolinea l’UE, che ha chiesto al suo esecutivo, la Commissione europea, di lanciare discussioni esplorative per un nuovo assegno.

La lista delle lamentele si conclude con una frecciata inattesa, che concerne questa volta la politica estera dell’UE. I 27 hanno imposto all’Iran una lunga serie di sanzioni, tra cui l’embargo sul petrolio. L’Europa rimprovera la Svizzera – che rappresenta gli interessi americani a Teheran – di non essersi allineata.

Berna è quindi invitata «ad adottare le misure necessarie per impedire che queste sanzioni vengano aggirate».

Le “Conclusioni sulle relazioni con la Svizzera” sono state adottate senza discussioni dai ministri dei trasporti e dell’energia dell’UE il 20 dicembre 2012. In precedenza erano stato approvate dagli ambasciatori europei.

Il documento è stato al centro di numerose riunioni tra gli esperti degli Stati membri e i rappresentanti della Commissione europea, che si erano pure incontrati con l’ambasciatore svizzero presso l’UE, Roberto Balzaretti.

Il testo servirà come base della lettera che il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, e la Alta rappresentante per gli Affari Esteri, Cathy Ashton, invieranno al governo svizzero entro la fine dell’anno, in risposta a quella indirizzata a Bruxelles lo scorso mese di giugno dalla presidente della Confederazione Eveline Widmer-Schlumpf.

(Traduzione dal francese, Luigi Jorio)

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