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Fukushima: l’inizio della fine del nucleare in Svizzera

Il governo svizzero prevede di chiudere tutte le centrali nucleari, inclusa quella di Gösgen, entro il 2034. Keystone

Un anno dopo il disastro di Fukushima, l'energia nucleare non ha più un futuro in Svizzera. Nessun partito politico ritiene che sia ancora possibile costruire nuove centrali atomiche. La via da seguire per uscire dal nucleare non è ancora chiara, ma di certo la sfida sarà enorme.

“Vi è un prima e un dopo Fukushima: la politica energetica svizzera non sarà mai più la stessa”, rileva il presidente del Partito popolare democratico Christophe Darbellay. Tutti i politici intervistati da swissinfo.ch, sia di destra che sinistra, ritengono che la decisione di abbandonare l’energia nucleare è irreversibile.

I rappresentanti del mondo politico si sono espressi prima della sentenza del Tribunale amministrativo federale (TAF), resa nota il 7 marzo, che prevede la chiusura della centrale di Mühleberg già nel 2013.

Perfino l’Unione democratica di centro, che aveva giudicato troppo rapida questa decisione, sembra aver ceduto le armi. “Il cambiamento è irreversibile, data la maggioranza in Parlamento”, dichiara il vice presidente del partito di destra Guy Parmelin. Stesso discorso presso i liberali radicali. “Dopo Fukushima, ci siamo resi conto che non sarebbe più stato possibile raccogliere una maggioranza di voti presso il popolo svizzero per sostituire gli impianti attuali con nuove centrali”, constata il deputato Jacques Bourgeois del Partito liberale radicale.

A questo clima politico sfavorevole al nucleare si aggiungono ostacoli pratici. “Il processo di costruzione di una centrale atomica è molto lungo”, osserva il deputato socialista Roger Nordmann. “Anche se i promotori del nucleare riuscissero a far approvare un progetto di costruzione in cinque anni, il nuovo impianto non potrebbe entrare in funzione prima del 2040. Ma le nostre centrali attuali sono troppo vecchie per rimanere attive fino a tale data. È quindi certo che ci sarà una fase senza nucleare”.

Simbolo della resistenza

Il governo prevede che l’ultimo impianto sarà chiuso nel 2034. Il destino della centrale di Mühleberg, nel canton Berna, sembra però ormai segnato. E questo malgrado la decisione del TAF potrebbe essere impugnata ancora davanti al Tribunale federale.

Per adeguare l’impianto agli standard di sicurezza l’azienda elettrica del canton Berna (BKW) dovrà infatti investire diverse centinaia di milioni di franchi. Sul piano politico inoltre, un’iniziativa cantonale favorevole all’arresto immediato di Mühleberg è già stata depositata alla Cancelleria di Berna.

I partiti di sinistra e i verdi sostengono l’idea di una chiusura rapida della centrale. “Bisogna chiuderla urgentemente”, afferma la deputata dei Verdi liberali Isabelle Chevalley. “In Germania, le autorità hanno deciso di chiudere un impianto dello stesso tipo che aveva un problema analogo. In Svizzera, ci limitiamo a tamponare le falle”.

A destra si sostiene invece che l’impianto è sicuro. “Tutto è sotto controllo se vengono effettuati gli ultimi lavori per renderla conforme alle norme di sicurezza”, ritiene Guy Parmelin. Una valutazione condivisa dai popolari democratici e dai liberali radicali. “Non vi sono ragioni per affrettarsi a chiudere questo impianto”, insiste Jacques Bourgeois.

Resta da vedere se la decisione giudiziaria scombussolerà l’agenda politica, ma di sicuro il dibattito proseguirà nei prossimi tempi. “Attorno a Mühleberg si è sviluppata una grande polemica, poiché questo impianto è diventato il simbolo della lotta al nucleare”, annota Christophe Darbellay.

Risparmio energetico e nuove energie

Secondo i rappresentanti politici, vi sono due modi per ovviare agli effetti della rinuncia al nucleare. In primo luogo, occorre concentrarsi sui risparmi energetici. “Questo è il primo sforzo da compiere”, sottolinea Christophe Darbellay. “Studi hanno dimostrato che potremmo risparmiare metà dei consumi di energia nucleare soltanto nel settore industriale”.

“Da soli, gli apparecchi elettrici in stand-by possono permetterci di risparmiare energia equivalente a quella prodotta da una centrale atomica. Sappiamo quindi in che ambito agire”, indica il presidente del Partito ecologista svizzero Ueli Leuenberger.

Il secondo modo è lo sviluppo di energie rinnovabili. “Il loro potenziale tecnico supera di gran lunga quello dell’energia nucleare attuale”, afferma Roger Nordmann. “Tutti sono d’accordo sul fatto che la metà dell’energia da sostituire va prodotta con impianti fotovoltaici, poiché sono semplici e il loro prezzo è in calo. È però necessaria corrente elettrica anche nei periodi invernali e quindi bisognerà sviluppare anche l’energia eolica e idroelettrica, come pure la biomassa”.

“Tecnicamente tutto è possibile per avanzare rapidamente”, aggiunge Ueli Leuenberger. “Sul nostro sito internet mostriamo uno scenario di energia nucleare per la fine degli anni 2020. Non inventiamo nulla. Riprendiamo semplicemente il lavoro svolto dagli scienziati e dall’amministrazione federale. Ci vuole solo volontà politica”.

Le questioni tecniche non sono tutto. I rappresentanti della destra ritengono fondamentale che l’approvvigionamento energetico del paese venga assicurato a “prezzi competitivi”, come sottolinea Jacques Bourgeois.

Un processo lungo

La volontà politica di abbandonare gradualmente l’energia nucleare è già stata espressa dal governo e dalla maggioranza del parlamento. Si tratta ora di metterla in opera, un compito non facile. “Le intenzioni sono belle”, osserva Guy Parmelin. “Ma quando vedo la lentezza delle procedure, mi dico che rischiamo di venir spiacevolmente sorpresi”.

Per ora, il mondo politico è in una fase di aspettativa. Si attende il rapporto del governo, che dovrebbe fornire informazioni concrete su come uscire gradualmente dal nucleare: modifiche legislative, misure di promozione delle energie rinnovabili, costi, termini, ecc. Il rapporto dovrebbe essere presentato in settembre.

Il testo sarà sottoposto ad una procedura di consultazione. Il governo completerà poi il progetto e lo trasmetterà in seguito al parlamento. Tenendo conto di tutte le tappe è ben possibile che il pacchetto di misure per sostituire gradualmente l’energia nucleare non entri in vigore prima del 1° gennaio 2016.

La lentezza di questa procedura preoccupa alcuni politici, soprattutto a sinistra. “Non c’è ancora una maggioranza politica chiara sulla rapidità della rinuncia al nucleare”, afferma Ueli Leuenberger. “Il tempo che verrà perso costituisce un grosso problema per lo sviluppo di energie rinnovabili, dal momento che i fondi attuali sono sufficienti solo fino a metà del 2013”, avverte Roger Nordmann. “Occorre sbloccare almeno parzialmente questa situazione, altrimenti le energie rinnovabili saranno frenate prima ancora che possano spiccare il volo”.

La Svizzera dispone di 5 impianti nucleari: Beznau I (1969), Beznau II (1971), Mühleberg (1971), Gösgen (1978) e Leibstadt (1984).
 
Queste centrali atomiche producono quasi il 40% dell’energia elettrica
consumata a livello nazionale. La parte rimanente proviene quasi esclusivamente da impianti idroelettrici.
 
Le nuove energie rinnovabili
(sole, vento, biomassa, ecc.) forniscono soltanto il 5%dell’energia elettrica e meno del 2% dell’energia complessiva consumata in Svizzera.

25 maggio 2011, il governo ha annunciato la rinuncia graduale all’energia nucleare in Svizzera.
 
Le cinque centrali atomiche attualmente in funzione saranno chiuse tra il 2020 e il 2034, al termine della loro durata prevista di vita.
 
Durante la sessione autunnale 2011, questa svolta energetica è stata accettata dal parlamento, che ha voluto comunque mantenere una porta aperta alle nuove tecnologie nucleari.
 
Il 1° dicembre 2011, il governo ha annunciato la sua intenzione di esaminare l’opportunità di una riforma fiscale ecologica.
 
Il governo deve presentare un rapporto su come sostituire gradualmente l’energia nucleare (costi, agenda, misure, ecc.). Il testo non è previsto prima della seconda metà del 2012.

Traduzione di Armando Mombelli

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