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Il parlamento diviso sul futuro dell’esercito svizzero

La riforma intende rendere l'esercito più snello e reattivo. Keystone

Un’insolita alleanza tra il campo rosso-verde e la destra conservatrice alla Camera del Popolo ha respinto in votazione finale la riforma dell’esercito. I motivi di tale opposizione sono però diametralmente opposti. Il dossier torna ora alla camera alta del parlamento.

I socialisti e i Verdi volevano un esercito più piccolo e meno costoso. L’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) chiedeva più soldi e un contingente più grande. Posizioni contrastanti che alla fine hanno pesato sullo stesso piatto della bilancia: la riforma dell’esercitoCollegamento esterno, accettata in marzo dalla Camera dei Cantoni (camera alta), è stata respinta giovedì in votazione finale con 86 voti contro 79 e 21 astensioni.

Un esercito, tre fronti

Tra i punti principali della riforma voluta dal governo vi sono il dimezzamento degli effettivi, da 200’000 a 100’000 soldati, e un budget annuale di 5 miliardi di franchi (invece degli attuali 4,7). L’obiettivo, anche per ragioni demografiche, è di avere truppe più ridotte, ma meglio equipaggiate e pronte per essere mobilitate rapidamente. Ad esempio, il progetto prevede che in futuro 35’000 soldati dovranno essere pronti all’intervento nello spazio di dieci giorni, ciò che già di per sé rende l’esercito più caro.

Reazioni sulla stampa svizzera

«Riforma dell’esercito: colpita e affondata», scrivono L’Express e L’Impartial nel loro editoriale comune all’indomani della decisione alla Camera del Popolo. L’empia alleanza tra socialisti e UDC «giustizia la riforma dell’esercito», commenta il romando 24 Heures.

Per la Berner Zeitung, che parla di un patto diabolico, il no della camera bassa in votazione finale costituisce «un contraccolpo per l’esercito».

«Dopo il fallimento del Gripen, la bocciatura della riforma dell’esercito (…) conferma la crisi politica profonda sul concetto e il finanziamento dell’esercito», commenta Le Temps, per il quale il voto di giovedì «rappresenta pure un nuovo insuccesso per il ministro della difesa Ueli Maurer».

Anche il Tages-Anzeiger punta il dito contro Maurer: il ministro rischia di ritrovarsi a mani vuote, come per il Gripen, e di essere ricordato per il suo fallimento nel rinnovamento dell’esercito, sostiene il quotidiano di Zurigo.

Responsabile della bocciatura è il governo, il cui progetto di riforma non tiene sufficientemente conto del peggioramento della situazione sul fronte della sicurezza, osserva la Basler Zeitung.

Come per ogni discussione sull’esercito degli ultimi vent’anni, durante il dibattito fiume alla Camera del Popolo, durato oltre sette ore, si sono scontrati tre campi. Per la sinistra e i Verdi, che chiedevano un’ulteriore cura dimagrante (80’000 soldati) e un budget di 4,4 miliardi, l’attuale riforma dell’esercito non è fondamentale. I partiti borghesi di centro si sono dal canto loro detti pronti al compromesso e in linea con il governo, mentre l’UDC, opposta a qualsiasi smantellamento dell’esercito, ha difeso l’idea di un effettivo di 140’000 militari e di un budget di 5,4 miliardi da iscrivere nella legge.

Sognatori di pace

«La visione dei sognatori della pace eterna è andata in fumo», ha detto il deputato democentrista Adrian Amstutz. Ricordando il conflitto in Ucraina, gli attacchi terroristici a Parigi dello scorso gennaio, l’ondata attuale di rifugiati, il fallimento della primavera araba e l’avanzata dello Stato islamico, Amstutz ha sottolineato che la situazione a livello internazionale è peggiorata senza preavviso. Per questo motivo, ha affermato, la Svizzera ha bisogno di un esercito in grado di mobilitarsi rapidamente.

Bisogna svegliarsi e non aspettare fino «alla prima decapitazione in Svizzera», ha detto il parlamentare UDC. Fate in modo che il nostro paese disponga di un esercito che sia di nuovo efficace, gli ha fatto eco il collega di partito Roland Borer.

La guerra che non scoppierà mai

Per i Verdi, che hanno invano proposto di non entrare in materia, la riforma non si spinge invece abbastanza in là. L’esercito rimane «troppo grande e troppo caro» e manca un «discorso serio sui pericoli», ha affermato la consigliera nazionale ecologista Aline Trede, rammentando che cinque anni fa il governo voleva ridurre l’esercito a 80’000 uomini e a 4 miliardi di budget.

La riforma non risponde alle nuove minacce, come la guerra informatica, le catastrofi naturali legate ai cambiamenti climatici o il flusso di rifugiati, ha criticato il deputato ecologista Christian Van Singer. «Si tratta sempre di un esercito che è pronto ad affrontare una guerra che non scoppierà mai», ha osservato.

La maggioranza dei socialisti, che contrariamente ai Verdi non voleva bocciare il progetto nella sua totalità, ha da parte suo sostenuto che la riforma è comunque «un passo nella giusta direzione».

Il dossier passa ora alla Camera dei Cantoni, prima di ritornare nuovamente sui banchi della camera bassa. Dovesse essere respinta ancora una volta, la riforma dell’esercito verrebbe definitivamente archiviata.

Esercito strumentalizzato

Reagendo alla bocciatura della riforma, la Società svizzera degli ufficialiCollegamento esterno (SSU) si è detta preoccupata e inquieta nel constatare che la Camera del Popolo «strumentalizza l’esercito a fini strettamente politici», ciò che indebolisce sensibilmente la sicurezza nazionale.

Per la SSU la decisione della camera bassa rimette in questione la capacità dell’esercito di milizia di stare al passo coi tempi, colmare le lacune e adattarsi alle minacce e ai rischi attuali e futuri. Contrariamente al popolo svizzero, che negli ultimi anni si è espresso chiaramente per un esercito forte, la decisione di giovedì evidenzia «un’assenza di visione e di strategia in fatto di sicurezza», rileva la SSU.

Traduzione e adattamento dal tedesco di Luigi Jorio

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