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Quando il digitale si mette al servizio dell‘insegnamento

Il responsabile della formazione degli insegnanti delle elementari all'Alta scuola pedagogica BEJUNE, Raphaël Lehmann, presenta le nuove lavagne interattive installate nelle aule. swissinfo.ch

Anche l’insegnamento entra nell’era digitale. Poco alla volta, in Svizzera le nuove tecnologie diventano strumenti pedagogici. La scuola dell’obbligo integra le lavagne interattive, mentre i “MOOC” (Massive Open Online Courses), corsi in linea gratuiti accessibili a tutti, entrano in scena negli studi superiori. Lo sviluppo di questi strumenti varia tuttavia da un istituto all’altro. 

Questo reportage è stato realizzato nell’ambito di En Quête d’Ailleurs (EQDA), un progetto di scambio tra giornalisti svizzeri e dei paesi in via di sviluppo. Sette coppie di giornalisti hanno lavorato quest’anno, sull’arco di due settimane, sulla tematica “Digitale e sviluppo: gli strumenti che cambiano tutto”. Oumou Dosso, giornalista di Fraternité Matin, in Costa d’Avorio, ha condotto l’inchiesta con Katy Romy di swissinfo.ch (Vedi anche: “L’accesso a internet o la lotta quotidiana degli studenti ivoriani” – Le due giornaliste si sono interessate all’utilizzo dei MOOC come fattore di sviluppo nei due paesi). swissinfo.ch

La Chaux-de-Fonds. Una fine pioggia cade ininterrottamente, in modo quasi spudorato, su questa città del canton Neuchâtel, in una stagione che dovrebbe essere primavera, esaltandone l’atmosfera studiosa che sprigiona dall’Alta scuola pedagogica BEJUNE (HEP). A fine maggio, la responsabile della comunicazione dell’istituto ci ha accolti entusiasta: “Ogni anno, la HEP forma diverse centinaia di studenti al mestiere dell’insegnamento nei differenti livelli della scuola dell’obbligo e superiore. Propone anche un programma di formazione continua”.

Problemi tecnici e scelte politiche.

Lo scopo di Christian Jeanrenaud, formatore MITIC (Media, immagini, tecnologie dell’informazione e della comunicazione), è più circoscritto. Il suo compito è quello di preparare gli studenti all’integrazione dei MITIC nella loro futura professione e di fare in modo che vengano utilizzati maggiormente.

Queste tecnologie non sono sfruttate in ugual misura sul territorio. La situazione varia molto a seconda della città o del cantone. Naturalmente, ogni scuola media ha un’aula di informatica, ma esistono ancora molti problemi tecnici: la rete WiFi, ad esempio, è presente soltanto nelle città in cui le autorità hanno deciso d’investire in questo tipo di materiale.

Nella scuola dell’obbligo, benché ci sia la volontà di diffondere l’insegnamento, i corsi in linea non sono ancora concepiti né tantomeno offerti; tutto ciò riguarda l’avvenire, le lezioni si fanno in presenza del docente.

Oltre ai problemi tecnici, subentra anche il fatto che l’insegnante non è più il detentore esclusivo del sapere: gli studenti possono saperne quanto lui tramite internet, e questo è spesso destabilizzante per chi siede alla cattedra. “Il grande entusiasmo degli anni 2000 è un po’ scemato oggi a causa delle scelte politiche mentre avrebbe dovuto essere mantenuta una velocità di crociera, cosa che non è stata fatta”, si rammarica Jeanrenaud, per il quale la vera ottimizzazione dell’insegnamento tramite la tecnologia non arriverà prima di due decenni, a meno che non diventi una priorità nazionale.

Oumou Dosso

Cronista dal 2011 e segretaria di redazione al quotidiano Fraternité Matin d’Abidjan (in Costa d’Avorio) dal 2014 (con uno stage al Centro di formazione e perfezionamento per giornalisti di Parigi nel febbraio del 2014), Oumou Dosso è stata nominata consulente del redattore capo nel marzo del 2016. Ha conseguito un dottorato in filosofia all’Unversità di Cocody (2015). Formatasi in educazione musicale nel 1997, ha insegnato in quest’ambito dal 1998 al 2012. Dal 2011 al 2013 ha lavorato al Centro di ricerca sulla arti e la cultura ad Abidjan. 

Una lavagna che gioca con la scrittura a mano

Il responsabile della formazione per insegnanti delle elementari alla HEP, Raphaël Lehmann, è più ottimista. Ci presenta l’ultima novità: una lavagna interattiva bifacciale, capace di riconoscere la scrittura a mano e di trasformarla, di ridimensionare, duplicare, spostare, fare esercizi ludici, grafici, etc.

Lo strumento interattivo, grazie al quale le spiegazioni possono essere registrate e consegnate agli allievi (un po’ nello spirito dei MOOC), è stato concepito per migliorare l’insegnamento, senza mettere in discussione la presenza del docente in classe. Questo materiale permette anche l’instaurazione di un nuovo tipo di relazione tra insegnanti e genitori, che possono avere un’idea più precisa (grazie alla registrazione di ciò che è stato scritto alla lavagna) di come si svolgono i corsi in aula. La lezione a porte chiuse tra maestri e allievi diventa così parte del passato.

La dimostrazione delle funzioni della lavagna interattiva – che abbiamo anche provato a utilizzare – è edificante. Ci sono tuttavia ancora delle difficoltà: alcune critiche riguardano il prezzo di questo strumento (quasi 10’000 franchi svizzeri), altre concernono il materiale annesso di cui non si può fare a meno (computer ed eventualmente tablet per gli allievi), altre ancora la necessità dell’insegnante di essere ferrato in informatica, cosa che non è sempre il caso. Secondo Lehmann, ci vorrà una decina d’anni per implementare il tutto.

Il potenziale dei MOOC

Alle scuole elementari o alle scuole medie, gli allievi familiarizzano con le nuove tecnologie. Ma cosa succede nelle università? A Neuchâtel, benché non manchi il materiale necessario per registrare, i corsi online disponibili a un pubblico più grande non sono stati sviluppati. L’assistente del vicedirettore dell’Università, Françoise Voillat, spiega che, per il momento, l’istituto non ha una strategia per la realizzazione di MOOC. “I nostri professori non beneficiano di direttive specifiche che permettano loro di avere il tempo di registrare le lezioni. Il loro impegno in questo ambito dipende esclusivamente dalla loro buona volontà”.

L’assistente del vicedirettore dell’università, Françoise Voillat, durante l’intervista con la giornalista di Fraternité Matin, Omou Dosso. swissinfo.ch

Tenendo conto del numero di studenti (quasi 5’000 per più di 120 insegnanti) e del costo della realizzazione di un MOOC (almeno 50’000 franchi svizzeri), le lezioni online non sono una priorità dell’istituto.

Mentre l’Università di Neuchâtel per ora non investe nei MOOC, alcuni docenti hanno cominciato da qualche anno a produrre dei video dei loro corsi. Fra di loro c’è il professore di informatica Pascal Felber. “Abbiamo un sistema che ci permette di registrare le lezioni e in seguito montarle. Le mettiamo poi a disposizione degli studenti. Non si tratta tuttavia di un MOOC vero e proprio, poiché i video non sono accessibili a tutti, né preparati seguendo un copione. Possiamo dire che si tratta di un primo passo verso i MOOC”, ci spiega.  

Il direttore del “Center for Digital Education” dell’EPFL, Patrick Jermann, nello studo di registrazione dei MOOC. swissinfo.ch

L’EPFL, il pioniere

Al Politecnico federale di Losanna (EPFL), i laboratori sono impressionanti, gli studi di registrazione degni delle grandi case di produzione. I MOOC non sono una cosa da poco, qui. Gli insegnanti vi si dedicano a fondo.

Alcuni, come Jerôme Chenal, professore e ricercatore in seno al gruppo di studio per la pianificazione del territorio, sono diventati delle star. Abbigliamento giovanile, jeans, giacca blu e scarpe rosse, il docente non nasconde di essere fiero di promuovere i MOOC: “Hanno un grande impatto e soddisfano la voglia di imparare di molte persone che non possono avere accesso al sapere per una ragione o per l’altra”. Ci indica che 28’000 persone hanno seguito il suo MOOC dal titolo “Città africane: introduzione alla pianificazione urbanistica”.

Secondo lui, i corsi online offrono anche la possibilità di godere di una certa visibilità: “Ricevo ogni tanto delle email dai partecipanti, che non conosco e che si scusano per non aver potuto seguire determinati moduli o che mi chiedono di diventare il loro direttore di tesi. Oggi, in ogni città africana che visito, vengo riconosciuto.”

Omou Dosso in compagnia del responsabile del programma MOOC per l’Africa, Dimitrios Noukakis, al Politecnico federale di Losanna. swissinfo.ch

All’EPFL, il fascino suscitato da questo nuovo strumento di insegnamento è grande. “Qui ci impegniamo a creare dei MOOC per partecipare attivamente alla diffusione della conoscenza”, spiega il direttore del programma MOOC per l’Africa, Dimitrios Noukakis. Sottolinea inoltre che un professore che registra una lezione è obbligato a migliorarne la qualità.

Anche il direttore del “Center for Digital Education” dell’EPFL Patrick Jermann considera i MOOC come un metodo per rendere l’educazione accessibile a un grande pubblico e sottolinea che più di un milione di persone hanno seguito questo tipo di corsi al Politecnico losannese.

Il digitale al servizio dell’insegnamento è una realtà in Svizzera, anche se la velocità con cui si sviluppa varia a seconda dei singoli istituti. Nelle università come quella Abidjan, in costa d’Avorio (dove lavora l’autrice di questo articolo, ndr.) che intendono usare i MOOC per risolvere il problema del sovrannumero di allievi nelle aule, è importante stabilire un equilibrio tra il costo dei corsi (tra 100’000 e 150’000 franchi svizzeri) e la costruzione di nuove sale. 

Traduzione dal francese, Zeno Zoccatelli

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