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Fisco Svizzera-UE: nuovo braccio di ferro in vista

Venti freddi soffiano sulle relazioni tra Svizzera e Unione europea Keystone

Le differenze di strategia tra la Svizzera e l'Unione europea (UE) ritornano a galla. E rischiano di provocare nuove tensioni, soprattutto in materia fiscale.

La presidenza danese dell’UE il 2 febbraio ha mostrato un’accanita volontà di aprire nuovi negoziati con Berna nel campo della tassazione del risparmio. Ma, la vigilia, il governo elvetico aveva già avvertito che non entrerà in materia, se la Commissione non rinuncerà dapprima alle sue obiezioni contro l’entrata in vigore degli accordi fiscali “Rubik”, che la Svizzera ha concluso nel 2011 con la Germania e la Gran Bretagna.

Copenaghen ha convocato una riunione “ad alto livello” degli esperti dei Ventisette per fare il punto sul dossier della tassazione del risparmio, alla luce dei significativi “sviluppi internazionali” che ha individuato.

La presidenza danese ritiene che le “concessioni” fatte dalla Svizzera a Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania, nella lotta contro l’evasione fiscale, giustifichino un rapido rinegoziato dell’accordo sulla tassazione dei risparmi tra Berna e Bruxelles, in modo che tutti i Ventisette beneficino della “generosità” elvetica. In particolare, Berna ha accettato di allentare le disposizioni in materia di scambio di informazioni per la domanda di assistenza tra le amministrazioni fiscali, autorizzando, a determinate condizioni, le domande collettive di informazioni.

Veto mantenuto, ma …

Il 2 febbraio, riferiscono dei diplomatici, il Lussemburgo e l’Austria hanno mantenuto il veto che oppongono da due anni all’apertura di trattative. L’articolo 10 della direttiva (legge) europea sulla tassazione del risparmio stipula che dovranno passare dal sistema di trattenuta alla fonte – preservando così il segreto bancario – a quella dello scambio automatico d’informazioni nel caso in cui l’Unione e la Confederazione dovessero impegnarsi reciprocamente in un accordo ad applicare gli “standard dell’OCSE” sullo scambio di informazioni su richiesta, che sono molto meno severe.

Lussemburgo e Vienna si sono irrigiditi sulle loro posizioni: vogliono essere messi su un piano di assoluta uguaglianza con Berna. Esigono che sia adeguata di conseguenza la legislazione europea prima che siano adottate decisioni sull’estensione del campo d’applicazione (a prodotti come assicurazioni sulla vita e a certi enti intermedi come le fondazioni) e che sia concluso un nuovo accordo con la Svizzera.

Tuttavia, non hanno mostrato segnali di apertura che incoraggino la presidenza danese dell’UE ad avere contatti bilaterali con loro prima di affidare il dossier ai ministri delle finanze dei Ventisette, il 21 febbraio o, più probabilmente, il 13 marzo.

Il Lussemburgo e l’Austria hanno ammesso che “gli sviluppi internazionali” generati dalla Svizzera dovrebbero essere presi in considerazione. Ciò sottintende che anch’essi potrebbero fare concessioni in termini di informazioni bancarie, su richiesta, a condizione che non siano costretti ad abolire il loro segreto bancario.

Resta ancora da sapere come l’UE possa conciliare la volontà di compiere rapidi progressi con la Svizzera nel campo della fiscalità del risparmio, con la condizione che questa settimana Berna ha posto all’apertura di colloqui: il via libera della Commissione europea a Rubik. Bruxelles contesta la legittimità di diversi elementi del contratto tra la Svizzera e la Germania, quali il tasso dell’imposta anticipata da riscuotere in Svizzera, il carattere liberatorio del dispositivo, eccetera.

Grande pomo della discordia

La tassazione è solo un aspetto del pomo della discordia tra Berna e Bruxelles, che in realtà riguarda il futuro dell’insieme delle loro relazioni. L’Unione europea vorrebbe regolamentarle più severamente. Intende accelerare l’adeguamento dei suoi accordi con la Svizzera agli sviluppi della legislazione comunitaria, come pure instaurare nuovi meccanismi sovranazionali per sorvegliare l’applicazione degli accordi e per risolvere delle controversie. I ministri degli esteri dei Ventisette avevano fissato questa priorità nel dicembre 2010.

Da parte sua, il governo svizzero vuole essere più pragmatico. Invece di cercare un’unica soluzione ai problemi istituzionali che si presentano in tutti gli accordi, ha proposto un approccio “bottom up”, a partire dall’accordo sull’energia in fase di negoziazione.

Il Servizio di azione esterna dell’Unione “ha preso nota con interesse” della proposta, che non respinge di principio. Ma Berna non deve farsi illusioni, visto il tenore della risposta: “La analizzeremo attentamente, alla luce delle sfide e dei principi indicati dal Consiglio (dei ministri europei) nel dicembre 2010”.

Ciò significa che, se nell’ambito di un accordo specifico in materia di energia non sarà trovata una soluzione istituzionale che possa essere applicata a tutti i suoi accordi con la Svizzera, l’Unione non firmerà nulla.

Il governo svizzero ha appena adottato una “tabella di marcia” per sbloccare il dossier con l’Unione europea. La priorità di Berna sono i negoziati sull’elettricità e l’energia.

Invece di affrontare tutti i dossier in sospeso, inizierà con quello dell’elettricità e dell’energia per poi valutare se un eventuale accordo potrà servire da precedente anche per sbloccare le trattative in altri settori. Questo dossier – che fa parte del fascicolo sull’accesso al mercato – è stato scelto perché i negoziati sono in fase già molto avanzata e perché interessa entrambe le parti, ha spiegato il nuovo ministro degli affari esteri Didier Burkhalter.

Circa le questioni istituzionali, il Consiglio federale ha ribadito che un’eventuale soluzione dovrà rispettare la sovranità della Svizzera, il funzionamento delle sue istituzioni e la democrazia diretta. La ripresa automatica del diritto comunitario da parte della Svizzera non è accettabile.

 

Fonte: ATS

Gli accordi firmati con Germania e Gran Bretagna prevedono una regolarizzazione degli averi non dichiarati detenuti in Svizzera dai cittadini di questi due paesi.

La regolarizzazione del passato avviene attraverso il pagamento di un’imposta forfettaria unica sul capitale depositato riscossa da un agente pagatore (di regola una banca) e versata in modo anonimo (il nome del cliente non è menzionato) alle autorità fiscali tedesche o britanniche. Il tasso di imposizione varia dal 19 al 34%.

Per i futuri redditi del capitale è stata pure convenuta un’imposta liberatoria prelevata su interessi e dividendi. Per la Germania il tasso applicato è del 26,375%, ciò che corrisponde all’aliquota in vigore in questo paese. Per la Gran Bretagna varia invece dal 27 al 48%, a seconda delle categorie di rendita del capitale.

(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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