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L’accordo Rubik è diventato un tema elettorale

Il segretario di Stato Michael Ambühl (a destra) e Patrick Odier dell’Associazione svizzera dei banchieri hanno tentato di spiegare il segreto bancario svizzero ai parlamentari tedeschi. Keystone

L'accordo fiscale tra Berna e Berlino ha compiuto un passo avanti con il fallimento del referendum lanciato in Svizzera. Deve però ancora superare un ultimo grande scoglio. L'opposizione tedesca ha infatti deciso di farne un tema elettorale in vista delle elezioni del 2013.

Il fallimento del referendum lanciato contro l’accordo fiscale con la Germania è il segno che la maggior parte della popolazione svizzera sostiene l’intesa tra Berna e Berlino, ritengono diversi media dei due paesi.

Anche gli ambienti governativi tedeschi hanno accolto positivamente il fatto che il futuro di Rubik non dipenderà dalle urne. Secondo loro esiste «una coalizione di persone ragionevoli» e coscienti dei vantaggi dell’intesa da entrambe le parti della frontiera, ritiene il corrispondente della Neue Zürcher Zeitung a Berlino.

In Germania, le minacce che pesano sull’accordo Rubik non provengono comunque dal governo, né tanto meno dal Bundestag (Camera del popolo), dove la coalizione formata dall’Unione CDU/CSU e dai membri del partito liberale FDP detiene una solida maggioranza. L’opposizione giunge invece dal Bundesrat (Camera dei Länder), che dovrebbe pronunciarsi sull’accordo a fine novembre.

La maggioranza rosso-verde della camera alta è decisamente contraria all’accordo, spiega a swissinfo.ch Gerd Langguth, professore all’Istituto di politologia e sociologia dell’Università di Bonn.

ustizia fiscale ed elezioni

«L’ambasciatore svizzero in Germania è incredibilmente attivo e passa il suo tempo a cercare il dialogo con tutti. Ma la maggioranza nel Bundesrat non si lascerà convincere facilmente», osserva Langguth.

La Germania è in piena campagna elettorale, rammenta il professore. Quando i socialdemocratici dell’SPD denunciano l’accordo fiscale concluso con la Svizzera, non lo fanno unicamente per opporsi a una misura malvista, ma anche per «arrecare un duro colpo al governo di Angela Merkel».

«Per l’opposizione, ogni occasione per sconfessare la coalizione è buona. In Germania sono molte le persone contrarie al segreto bancario svizzero. Ritengono che rappresenti una truffa per lo Stato tedesco. E questo lo sa bene anche l’SPD», annota Gerd Langguth.

Il partito ha così fatto della giustizia fiscale un tema della sua campagna elettorale. Negli ultimi tempi, il ministro delle finanze del Nordreno-Vestfalia, Norbert Walter-Borjans, così come altri rappresentanti dei Länder e soprattutto il candidato SPD alla cancelleria Peer Steinbrück, hanno ribadito la loro opposizione all’accordo Rubik.

Secondo Steinbrück, la Svizzera deve fare di più per smascherare chi evade il fisco. Ad essere in gioco non è la sovranità della Svizzera, bensì quella della Germania. Per i social-democratici, l’evasione fiscale non è una questione secondaria, ha detto dopo la sua nomina a candidato cancelliere nelle elezioni del 2013.

«Accordo fallito»

Per il professor Gerd Langguth, è poco probabile che questi politici – particolarmente esposti – si distanzino dalla posizione intransigente che hanno adottato finora. Se le due camere del parlamento tedesco non dovessero riuscire ad accordarsi, è teoricamente possibile che si opti per una procedura di mediazione.

Il governo di Berlino potrebbe tentare di raccogliere il consenso dei Länder diretti dall’opposizione proponendo concessioni in altri ambiti.

Per l’SPD, la questione dell’accordo fiscale con la Svizzera è però talmente irrinunciabile che esiste poco margine di manovra per cambiare opinione e salvare l’intesa, sostiene Langguth. «Credo che l’accordo sia destinato al fallimento».

Speranza ultima a morire

A livello diplomatico si moltiplicano comunque gli sforzi per giungere a una soluzione, ha indicato il corrispondente della Radio svizzera tedesca a Berlino, citando alcune fonti governative. Un accordo è tuttavia immaginabile soltanto se Berna accetterà di fare un ulteriore passo verso la Germania.

In primavera, la Svizzera ha però già consentito di modificare l’accordo sulla ritenuta alla fonte. E un nuovo adeguamento è escluso, ha detto a più riprese la presidente della Confederazione Eveline Widmer-Schlumpf. Anche una modifica del testo dell’accordo è fuori discussione.

Ora si tratta di trovare una soluzione che impedisca agli evasori tedeschi di sottrarsi ai loro obblighi prima dell’entrata in vigore dell’accordo. Questa non deve però intaccare gli interessi della Svizzera. Il margine di manovra è estremamente limitato, ritiene il corrispondente della radio svizzera.

Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) mantiene da parte sua la speranza che l’accordo possa superare lo scoglio del Bundesrat. «La maggior parte dei Länder diretti dall’SPD non hanno ancora annunciato la loro posizione definitiva», indica il dipartimento. Il governo tedesco «si è fortemente impegnato in favore dell’accordo e considera che le possibilità di riunire una maggioranza rimangono intatte», precisa il DFAE.

L’intesa negoziata (ma non ancora ratificata) dai ministri delle finanze di Germania e Svizzera, Wolfgang Schäuble ed Eveline Widmer-Schlumpf, prevede di applicare una trattenuta alla fonte sugli averi di cittadini tedeschi depositati nelle banche elvetiche.

L’aliquota è compresa tra il 21 e il 41% del valore patrimoniale. I detentori di conti bancari in Svizzera potranno però preservare l’anonimato.

I futuri redditi da capitale saranno sottoposti a un’imposta del 26,4%, ciò che corrisponde al tasso adottato in Germania (incluso il contributo di solidarietà).

Il ministero delle finanze tedesco stima che gli averi tedeschi nelle banche svizzere ammontino complessivamente a 280 miliardi di euro (di cui circa la metà appartiene a privati).

Le autorità tedesche pensano che l’accordo fiscale concluso con la Svizzera (accordo Rubik) comporterà entrate fiscali per circa 10 miliardi di euro. La Svizzera ritiene dal canto suo che, nel 90% dei casi, le somme che dovranno versare i clienti tedeschi di banche svizzere sono superiori a quello che dovrebbero pagare se invece decidessero di autodenunciarsi presso le autorità del loro paese.

Gli oppositori all’accordo dubitano di queste cifre. Lamentano poi il fatto che in futuro non sarà più possibile

acquistare dati rubati

relativi ai detentori di conti bancari in Svizzera. Questa pratica permetterebbe infatti a loro avviso di spingere numerosi evasori nelle braccia del fisco e di alimentare così le casse dello Stato con miliardi di euro.

Traduzione dal tedesco di Luigi Jorio

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