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Farage si dimette: “mio obiettivo raggiunto”

Il leader del partito indipendentista britannico UKIP, un anno fa, aveva ritirato le dimissioni per partecipare alla campagna Brexit

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Nigel Farage, il leader del partito indipendentista britannico UKIP, si è dimesso. Nel corso di una conferenza stampa lunedì mattina a Londra, Farage ha spiegato che la vittoria del “Leave” al referendum sulla Brexit è coincisa con il raggiungimento delle sue ambizioni politiche.

A capo della formazione euroscettica dal 2010, già un anno fa aveva lasciato il suo incarico, salvo ritirare le dimissioni pochi giorni più tardi per partecipare in prima linea alla campagna referendaria per l’uscita dall’Europa.

Imprevedibile ed istrionico nella vittoria come nella sconfitta. Ma questa volta giura che non ci saranno ripensamenti.

Un anno fa, dopo l’ennesima bocciatura per entrare a Westminster, Nigel Farage si era dimesso da leader dello UKIP, il partito indipendentista britannico che nella Brexit ha realizzato la sua ragione d’essere.

Pochi giorni più tardi però, smaltita la delusione, era tornato sui suoi passi. Davanti a sé lo attendeva la madre di tutte le battaglie, la campagna referendaria per il divorzio dall’Unione Europea.

“Non ho mai voluto essere un politico di professione”, ha dichiarato stamane. “Il mio obiettivo in politica era di portare il Regno Unito fuori dall’Europa. Come è stato votato nel referendum di due settimane. Penso di aver fatto la mia parte, e non potrei chiedere di più. Credo dunque sia giusto dimettermi da leader dello UKIP”.

Manterrà però il suo seggio da europarlamentare, un mandato a termine fino alla ratifica del divorzio da Bruxelles. Per garantire che il voto referendario sia rispettato, senza compromessi né concessioni. Un’implicita auto-candidatura per un ruolo nei negoziati che cominceranno dopo l’estate.

“Seguirò la trattativa con Bruxelles come un falco e interverrò nel Parlamento Europeo di tanto in tanto”, anticipa Farage. “Sono anche disponibile ad aiutare i movimenti d’indipendenza che stanno emergendo un po’ ovunque in Europa”.

Volto dell’euroscetticismo di Sua maestà, Farage ha spiegato il suo passo indietro con la voglia di staccare la spina. Ma nel suo futuro c’è un possibile riavvicinamento ai Tory, il suo primo partito abbandonato nel 1992 quando il Premier conservatore John Major aveva firmato il trattato di Maastricht.

Se per sette volte ha cercato invano l’elezione in Parlamento, potrebbe addirittura entrare nel prossimo esecutivo, qualora Michael Gove la spuntasse su Theresa May.

Populista per convenienza, spregiudicato agitatore dei pregiudizi sull’immigrazione, si asterrà dal nominare il suo successore. Ma chiede che il prossimo inquilino di Downing Street sia espressione del fronte Brexit. Che ha vinto sì il referendum, ma – prima Boris Johnson, ora Farage – è stato, più o meno volontariamente, estromesso dal processo decisionale sul futuro del Regno.

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