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Berna protesta per crassa ingerenza turca in Svizzera, Ankara nega

Dare la caccia ai suoi oppositori all'estero: il presidente turco Recep Tayyip Erdogan non esita a ricorrere a mezzi illeciti per perseguire i suoi fini. Keystone

Berna ha ufficialmente protestato con Ankara per un tentato sequestro in Svizzera di un oppositore al governo di Recep Tayyip Erdogan. La Turchia nega tutto.

 La vicenda, che sembra un thriller di spionaggio, è stata pubblicamente rivelata giovedì giovedì 15 marzo dal quotidiano zurighese Tages-Anzeiger. Secondo il giornale, ha avuto come teatro un cimitero zurighese. Nel camposanto, tre agenti segreti turchi, nell’agosto 2016, cercano di convincere un connazionale ad aiutarli a rapire un uomo d’affari elvetico-turco. Quest’ultimo è sospettato di essere un sostenitore del predicatore Fethullah Gülen, esiliato negli Stati Uniti e considerato da Ankara l’istigatore del fallito tentativo di colpo di Stato del 15 luglio 2016.

In cambio di un’ingente somma di denaro e della promessa di una comoda vita in Turchia, l’esecutore designato – un padre di famiglia fortemente indebitato – accetta di versare qualche goccia di una potente droga psicoattiva, il GHB, soprannominato anche “droga dello stupratore”, nel cibo dell’uomo d’affari.

Il piano, tuttavia, viene sventato dal Servizio delle attività informative della Confederazione (SICCollegamento esterno), che aveva istituito una sorveglianza. Le foto scattate durante l’incontro nel cimitero mostrano anche la presenza di due membri di alto rango del personale dell’ambasciata turca a Berna.

L’inchiesta continua

In seguito alle rivelazioni giornalistiche, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha confermato che il procedimento penale per spionaggio politico ai danni di cittadini turchi in Svizzera avviato un anno fa, di cui aveva dato notizia il 24 marzo 2017, include anche un tentato sequestro.

Ma la vicenda non è più solo giudiziaria: è anche politica. Il Ministero federale degli affari esteri (DFAE) ha indicato giovedì all’agenzia di stampa nazionale ats di ritenere che si possano avviare procedimenti penali contro i due alti funzionari dell’ambasciata turca.

Il DFAE giovedì aveva spiegato che le accuse contro queste due persone non rientrano nell’esercizio delle loro funzioni diplomatiche. Perciò la questione della possibile immunità diplomatica non si pone. Queste persone oggi non occupano più gli incarichi che avevano allora e non soggiornano nemmeno più in Svizzera. La Procura federale può dunque continuare l’inchiesta. Gli indagati possono naturalmente presentare ricorso.

Vive reazioni in parlamento

Non si sono fatte attendere indignate reazioni da parte di parlamentari svizzeri a questa spettacolare ingerenza di uno Stato terzo nella Confederazione. Secondo il quotidiano vodese Le Matin, si deve risalire al 1935 per ritrovare una vicenda simile. Allora i nazisti fecero rapire dalla Gestapo il giornalista Berthold Jacob a Basilea.

La Svizzera non può restare con le mani in mano, insorge il deputato socialista Carlo Sommaruga. “Sono scandalizzato che uno Stato infranga in tal modo la sovranità della Svizzera. Ci vuole una reazione”. Il parlamentare chiede di richiamare a Berna l’ambasciatore svizzero ad Ankara per consultazioni, di sospendere i negoziati per un accordo bilaterale di libero scambio e persino di rifiutare la liberalizzazione dei visti per la Turchia.

“È un’operazione aggressiva contro la sovranità del nostro paese commessa da uno Stato totalitario contro un cittadino svizzero. È giunto il momento di reagire”, ha dichiarato dal canto suo l’ex capo del SIC, Peter Regli, alla Radio televisione svizzera francese (RTS).

Dal fallito colpo di Stato in Turchia, i servizi segreti di Ankara seguono i turchi all’estero che non condividono l’opinione del loro presidente, ha proseguito Peter Regli, sottolineando che “queste operazioni di intelligence sono illegali”.

Nessuna ritorsione, ma proteste

La segretaria di Stato agli affari esteri, Pascale Baeriswyl, venerdì alla RTS ha categoricamente escluso sanzioni diplomatiche di Berna nei confronti di Ankara. “Dal momento che il governo federale autorizza l’MPC a procedere con le indagini, non adottiamo più strumenti diplomatici o misure diplomatiche, perché significherebbe interferire in un procedimento giudiziario”, ha dichiarato.

Alla radio svizzerotedesca SRF, Pascale Baeriswyl ha però precisato di avere protestato con la Turchia. La Svizzera non tollera “in nessun momento” simili attività sul proprio territorio, ha fatto sapere la segretaria di Stato elvetica in una telefonata stamane ad Ankara.

“Non possiamo tollerare che qualcuno spii da noi e neppure che eserciti qualsiasi altra attività di servizi segreti”, avrebbe dichiarato al suo omologo turco, il sottosegretario Ümit Yalçin. Si tratta di una questione di sovranità nazionale, alla quale anche la Turchia “tiene moltissimo”, avrebbe aggiunto secondo quanto ha dichiarato ai microfoni della radio.
Se la Turchia dovesse “avere l’impressione” che suoi cittadini compiono atti illegali in Svizzera dovrebbe riferirlo alle autorità elvetiche, avrebbe comunicato ancora la segretaria di Stato all’omologo turco.

“Smentiamo assolutamente le asserzioni senza fondamento” contenute nell’articolo e riguardanti anche un asserito coinvolgimento di personale dell’ambasciata a Berna di Ankara, ha intanto affermato il portavoce del Ministero degli esteri turco Hami Aksoy, citato dall’agenzia stampa Reuters.
In precedenza il ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu aveva trattato in malo modo un giornalista che gli aveva rivolto una domanda sull’argomento, durante una conferenza stampa in Kazakistan, riferisce ancora la Reuters.

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(Traduzione dal francese, swissinfo.ch/sf)

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