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«I festival sono rituali a suon di musica»

L’open air di San Gallo, giunto alla 36esima edizione, è il festival più longevo della Svizzera tedesca Keystone

La Svizzera è la mecca degli appassionati dei festival musicali all’aperto. La musica deve piacere, ma per il pubblico è più importante la festa, vissuta come un rituale che crea comunità, afferma il giornalista musicale Jodok Kobelt.

«Ci sono molte persone che d’estate non vanno più in vacanza, ma frequentano gli open air. I festival sono diventati un grande salotto all’aperto, dove gli spettatori possono partecipare a una festa che realizza il loro sogno di un mondo amichevole», dice Jodok Kobelt.

Redattore musicale e moderatore, tra il 1983 e il 1999 Kobelt ha seguito innumerevoli festival commentandoli dalla stazione mobile della DRS 3, il canale per i giovani della radio pubblica della Svizzera tedesca.

Il settore è in crescita. Negli ultimi anni accanto agli open air «tradizionali» sono nati nuovi festival come funghi. Anche chi come Christof Huber conosce l’ambiente dall’interno ha perso il conto. «In Svizzera ci sono almeno 300 festival», dice l’organizzatore dell’open air di San Gallo e del Summerday festival di Arbon.

Per quel che riguarda i grandi festival di fama europea, nessun paese ha una densità paragonabile a quella svizzera, afferma Huber, che è anche segretario di Yourope, l’associazione degli organizzatori di festival musicali in Europa.

Colonna sonora per sentirsi bene

«Trascorrere bei giorni con amici e conoscenti, conoscere nuove persone, mangiare e bere insieme, magari ritrovarsi con i piedi bagnati e i pantaloni infangati e inoltre, naturalmente, ascoltare un sacco di musica». Così Jodok Kobelt riassume la speciale atmosfera di un festival all’aperto.

In primo piano non ci sono particolari scoperte musicali, ma il piacere generico di ascoltare musica. Kobelt perciò guarda ai festival senza mettere la qualità della musica al centro. «Si tratta di rituali a suon di musica. Il programma non è essenziale». Agli spettatori basta sapere che c’è buona musica e si fida degli organizzatori.

Un indizio di questo atteggiamento è, secondo Kobelt, il fatto che i biglietti dei grandi festival siano esauriti poco dopo l’inizio della prevendita. «Fa parte del rituale regalare biglietti cosiddetti ‘early bird’ a Natale, quando ancora non si sa quali musicisti ci saranno in programma».

Mainstream festivaliero

Kobelt riconosce che dal punto di vista stilistico c’è una certa divisione dei compiti fra i grandi festival: «A San Gallo e sul Gurten a Berna a farla da padrone è il rock ed è sempre possibile scoprire nuovi artisti indie. Il Paléo di Nyon mescola con successo grandi nomi, world music e sorprese francofone. A Frauenfeld domina l’hip hop, a Montreux si può ascoltare jazz, R&B e world music, con qualche nome nuovo, il festival Greenfield di Interlaken propone invece rock duro e pesante».

A differenza del passato, gli organizzatori hanno tuttavia messo in secondo piano l’ambizione di offrire un programma esclusivo, osserva Kobelt, autore del blog globalsounds.info, dedicato alla world music. Nell’estate 2012, la rockstar statunitense Lenny Kravitz suonerà per esempio in ben quattro festival: al Paléo, a Montreux, sul Gurten a Berna e al festival Moon & Stars di Locarno.

Per Kobelt, questa presenza multipla non è casuale. «Da una parte Kravitz, una vera bestia da palcoscenico, fa parte di quella categoria di musicisti che da sempre dà molti concerti ed è costantemente in tournée». D’altra parte il cantante e chitarrista, grazie al suo eclettismo, funziona in tutti i contesti. «A volte suona piano, a volte suona forte».

La torta fa gola a tutti

Christoph Huber nota che il mercato dei festival è completamente cambiato negli ultimi vent’anni. «Ci si può chiedere se abbia senso organizzare un festival ogni settimana in un raggio di 20-30 chilometri».

L’alta densità di manifestazioni rende difficile per gli organizzatori dare un profilo al loro festival. L’open air di San Gallo, giunto alla 36esima edizione, fa parte dei festival tradizionali. «Ma ogni anno lo inventiamo di nuovo», afferma Huber.

Il concetto è presto detto: gruppi noti della scena elettronica sul palco principale, molte band emergenti e un manifesto realizzato da giovani designer. «In questo modo cerchiamo di rivolgerci a un pubblico giovane e nuovo», dice Huber.

Molti soldi, pochi profitti

Huber smentisce chi dice che i compensi per i musicisti in Svizzera siano fra i più alti al mondo. In Gran Bretagna, Olanda, Scandinavia e Germania le star guadagnano molto di più, anche perché i rispettivi mercati sono più grandi. «In Inghilterra per esempio ci sono festival il cui ingresso costa dalle 200 alle 250 sterline (300-370 franchi svizzeri, NdR), osserva Huber. In Svizzera di regola il biglietto costa meno di 200 franchi.

I budget dei grandi open air raggiungono cifre milionarie. «Con i festival però non ci si arricchisce. Certo, gli organizzatori e i gestori degli stand guadagnano qualcosa. Ma misurati al giro d’affari, anche nei grandi festival i proventi non sono molto elevati», dice Jodok Kobelt.

E a volte le cose vanno meno bene del previsto. «Il festival dello scorso anno è andato bene, ma tre anni fa abbiamo subito grandi perdite, perché abbiamo avuto 6000 ingressi in meno di quelli previsti», ricorda Huber. Per reggere simili contraccolpi, gli organizzatori dei festival devono avere il fiato lungo e soprattutto una certa stabilità finanziaria.

«Senza gli sponsor non esisterebbero i grandi festival», concordano Christof Huber e Jodok Kobelt. Il loro contributo permette di abbassare i costi fissi. A San Gallo circa il 20% del budget è coperto dagli sponsor. La loro presenza ai festival ha senso, secondo Huber, nella misura in cui offrono servizi al pubblico, per esempio bancomat o stazioni di ricarica per i cellulari.

Che si tratti di grandi eventi o di piccole manifestazioni familiari, Jodok Kobelt ormai non frequenta più i festival. «Quando lavoravo alla DRS 3 avrò visto 300 band l’anno, un’esagerazione assoluta». Solo ogni tanto fa un’eccezione. «Oggi vado solo ai concerti o ai festival di world music». Non solo come spettatore, ma anche come giornalista che intervista musicisti di tutto il mondo.

Con circa 300 eventi, la Svizzera è probabilmente il paese con la più alta densità di festival open air al mondo. La stagione dei grandi concerti all’aperto dura da metà giugno a metà agosto.

L’evento più grande è il Paléo di Nyon, con circa 230’000 spettatori. Nel 2011 il festival di Montreux ha registrato 240’000 ingressi. Montreux è però un caso particolare, perché le star suonano al coperto.

Fra gli altri grandi open air si possono ricordare Frauenfeld (2011: 145’000 spettatori), San Gallo (105’000), Gampel in Vallese (85’000) e il Gurten a Berna (72’000). I festival Rock ‘Oz Arénes nell’anfiteatro romano di Avenches (37’000 spettatori) e il Greenfield di Interlaken (25’000) sono i più piccoli fra i grandi open air.

Prezzi: un pass per sei giorni al Paléo costa 325 franchi, tre giorni a Greenfield costano 198 franchi, quattro giorni al Gurten 200. Il festival più caro è Montreux: il pass per due settimane di concerti costa 1500 franchi.

Negli ultimi anni sono nati numerosi festival open air anche nelle città, tra cui Zurigo, Lucerna e Locarno.

(traduzione di Andrea Tognina)

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