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Niente munizioni svizzere per l’Ucraina

veicolo corazzato
Il Marder è il veicolo corazzato standard della Bundeswehr tedesca. Keystone / Philipp Schulze

Assieme ai veicoli corazzati Marder, la Germania avrebbe voluto fornire all'Ucraina munizioni acquistate nella Confederazione. Berna ha però opposto il suo veto.

L’ordinanza che regolamenta il materiale bellicoCollegamento esterno è chiara: l’articolo 5 recita che “l’autorizzazione per affari con l’estero […] non è rilasciata se il Paese destinatario è implicato in un conflitto armato interno o internazionale”.

La Segreteria di Stato dell’economia (Seco) – l’autorità svizzera incaricata di autorizzare l’esportazione di armi – non poteva così fare altrimenti che rispondere negativamente alla richiesta giunta da Berlino.

Stando a quanto pubblicato ieri dal domenicale SonntagsZeitung, che ne ha dato la notizia, le munizioni sarebbero dovute servire per equipaggiare i veicoli blindati Marder. Da tempo, l’Ucraina fa pressione sulla Germania per la fornitura di un centinaio di questi cingolati. Le autorità tedesche non hanno però ancora dato la loro autorizzazione.

Il Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR, da cui dipende la Seco) ha precisato che la richiesta pervenuta da Berlino non permette di sapere in che misura queste munizioni siano effettivamente legate alla consegna dei carri Marder, come evocato in un reportage della televisione pubblica tedesca ZDF: “Non disponiamo di queste informazioni”, ha affermato il DEFR. Ciò che è noto, però, è che l’azienda tedesca che produce il Marder, la Rheinmetall, fabbrica parte delle munizioni nella sua filiale elvetica, l’ex Oerlikon-Bührle di Zurigo.

Il DEFR ha anche ricordato che la Svizzera richiede in linea di principio una dichiarazione di non riesportazione del materiale bellico venduto a Stati esteri. In questa dichiarazione, il Paese acquirente si impegna a non rivendere gli armamenti ricevuti senza l’esplicito consenso di Berna.

Munizioni svizzere dalla Gran Bretagna

La SonntagsZeitung ha anche menzionato che munizioni svizzere su armi corazzate arrivano comunque in Ucraina, per esempio dalla Gran Bretagna.

A tal proposito, il DEFR ha spiegato che bisogna distinguere tra l’esportazione di materiale bellico finito agli Stati e la fornitura di singoli pezzi e assemblaggi ad aziende private. In quest’ultimo caso, non è necessaria una dichiarazione di non riesportazione.

Nel caso in questione, la decisione di esportare queste armi anticarro e i relativi moduli svizzeri che le compongono spetta esclusivamente alle autorità britanniche. Secondo il DEFR, il caso citato dalla SonntagsZeitung riguarda munizioni esportate ad una società in Gran Bretagna, dove vengono montate su armi anticarro NLAW (Next Generation Light Anti-Tank Weapon).

Critiche tedesche

Il ‘no’ giunto da Berna ha suscitato alcune critiche in Germania: la Confederazione è in sostanza accusata di essere corresponsabile del fatto che Berlino non possa consegnare questi veicoli corazzati all’Ucraina.

Il veto svizzero potrebbe però anche fare il gioco del cancelliere Olaf Scholz, che in queste settimane è stato piuttosto riluttante per quanto concerne l’invio di armi pesanti alle forze armate di Kiev. 

Gerhard Pfister spezza un tabù

La vicenda non è piaciuta neppure al presidente dell’Alleanza del Centro Gerhard Pfister, che ha definito incomprensibile la decisione di Berna ed è stato il primo in Svizzera a spezzare il tabù di un’eventuale consegna di materiale bellico all’Ucraina. 

Secondo Pfister, conformemente all’articolo 184 della Costituzione il Governo svizzero ha il potere di dare il via libera se ciò è nell’interesse del Paese. “Mi sembra che questo sia il caso se la Svizzera aiuta una democrazia europea a difendersi”, ha affermato su Twitter Pfister, criticando il Governo per quella che ha definito una “omissione di soccorso all’Ucraina”.

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