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Votazione federale 27.9.2020: aerei da combattimento

Sì d’un soffio ai 6 miliardi per i nuovi aerei dell’esercito svizzero

Un caccia militare F/A-18 Super Hornet che decolla.
© Keystone/ Valentin Flauraud

Giornata al cardiopalma per l'esercito svizzero: i votanti hanno approvato solo per un soffio il credito di 6 miliardi di franchi per rinnovare la flotta di aerei da combattimento.

È indubbiamente la notizia più clamorosa di questa densa giornata di votazioni federali in Svizzera: con il 50,1% di sì contro il 49,9% di no, il rinnovo della flotta aerea militare si è giocato sul filo di lana. La differenza è di poco più di 8’000 schede, in uno scrutinio caratterizzato da una partecipazione che ha quasi toccato il 60%, un tasso elevato rispetto alla media.

Una spaccatura si registra anche a livello di cantoni: 8 – tutti quelli latini, ad eccezione del Vallese, e i due Basilea – hanno rifiutato il credito, mentre gli altri 18 lo hanno avallato, come si vede nel grafico seguente:

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Una vera sorpresa rispetto ai risultati dell’ultimo sondaggio dell’istituto gfs.bern per conto della Società di radiotelevisione svizzera SRG SSR pubblicati una decina di giorni fa: il 56% degli intervistati aveva detto che avrebbe votato a favore, mentre il 40% si era detto contrario e il 4% era ancora indeciso. L’elettorato maschile si era mostrato più propenso all’acquisto degli aviogetti militari rispetto alle donne.

Un lusso inutile, secondo gli oppositori

Il popolo svizzero è stato chiamato ad esprimersi perché contro il credito varato dal parlamento per acquistare dei nuovi caccia, in sostituzione degli F/A-18 che dovranno essere messi fuori servizio verso il 2030, il Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE) con altri movimenti pacifisti e partiti di sinistra avevano impugnato con successo il referendum. A loro avviso, questo “assegno in bianco” di 6 miliardi di franchi costituisce “uno spreco di soldi pubblici” che verranno a mancare in importanti settori quali la sanità, la protezione da catastrofi e la lotta contro il cambiamento climatico.

Nel corso della campagna per il voto, gli oppositori hanno sostenuto che i 6 miliardi per l’acquisto rappresentano solo una minima parte della fattura totale pagata dai contribuenti svizzeri. “Se si considera l’intera durata del loro utilizzo, questi aerei di lusso ci costeranno addirittura attorno ai 24 miliardi di franchi”, ha scritto il comitato referendario nell’opuscolo ufficiale delle spiegazioni sul voto del 27 settembre.

Una spesa che giudicano inoltre inutile, poiché secondo loro, i caccia pesanti “non sono in grado di proteggere lo spazio aereo da buona parte delle minacce attuali”. A loro parere, occorrerebbe invece acquistare “aerei da combattimento leggeri, che hanno il pregio di essere meno costosi, più ecologici e meno rumorosi”.

Una necessità secondo i sostenitori

Al contrario, secondo governo federale, dei partiti di destra e di centro e delle associazioni vicine all’esercito, l’ammodernamento della flotta aerea è indispensabile affinché la Svizzera possa mantenere un sistema di difesa credibile e rimanere indipendente dagli altri Paesi. I fautori dell’acquisto di nuovi caccia, l’attuale flotta in dotazione all’esercito svizzero è obsoleta e l’aumento del numero di elicotteri o droni non è un’alternativa sufficiente.

I sostenitori hanno anche replicato che i 6 miliardi di franchi previsti per l’acquisto provengono dal normale budget assegnato all’esercito e che i fondi non saranno quindi prelevati da altri settori. D’altra parte, più della metà della somma spesa verrebbe restituita all’industria svizzera attraverso accordi di compensazione.

Si prepara un’altra battaglia

Contro le aspettative della vigilia, l’esercito svizzero oggi ha rischiato di rivivere lo scenario della votazione del 18 maggio 2014, quando era stato bocciato l’acquisto di 22 caccia svedesi Gripen. Da quella cocente sconfitta, esercito e governo elvetici hanno tratto le debite lezioni e affinato la loro strategia.

Questa volta i votanti non erano infatti più chiamati a pronunciarsi su un modello preciso di aviogetto, ma sul principio dell’acquisto di nuovi caccia e sulla relativa somma necessaria, nell’ottica del futuro delle Forze aeree svizzere. Il messaggio era: dal 2030, la Svizzera potrebbe rimanere senza aeronautica militare.

Alla luce del sì ottenuto per il rotto della cuffia, tuttavia, ciò non è bastato per ottenere una grande rivincita. Questa dura battaglia potrebbe peraltro non essere l’ultima. Il GSsE ha infatti già annunciato di essere pronto a lanciare un’iniziativa popolare contro la futura scelta concreta di un modello di aviogetto. La sconfitta di strettissima misura odierna sarebbe quindi solo un inizio e non una fine, secondo quanto ha affermato il segretario politico del GSsE Thomas Bruchez ai microfoni della Radiotelevisione pubblica della Svizzera francese RTS.

Secondo il vicepresidente del Partito socialista svizzero Roger Nordmann, il risultato risicato mostra che l’esercito ha un problema di credibilità. La deputata nazionale dei Verdi Regula Rytz non ha esitato a parlare di risultato “sensazionale”, viste le premesse. Anche la collega di parlamento Priska Seiler Graf, socialista, ha detto che la quota di no è insperata.

L’analisi viene condivisa dal fronte dei fautori del progetto di Consiglio federale e parlamento. “Che non ci si potesse attendere un risultato-bomba in tempi economicamente difficili era chiaro”, ha affermato il deputato nazionale Lorenz Hess. “Ma non avremmo mai pensato che un 56% segnalato dai sondaggi diventasse improvvisamente un 50%”.

Promesse di trasparenza

Pure il presidente della Società svizzera degli ufficiali (SSU) Stefan Holenstein fa autocritica. “La situazione è del tutto inaspettata, avremmo sperato in un risultato molto più netto”, ha dichiarato alla Televisione pubblica della Svizzera tedesca SRF. A suo avviso, i promotori non sono riusciti a portare avanti in modo sufficientemente deciso gli argomenti a favore dell’operazione. “I sei miliardi di franchi hanno evidentemente fatto paura”, ha osservato. Specie in tempi di coronavirus.

Seppur risicato quello odierno è pur sempre un “sì” popolare, ha dal canto suo commentato nella conferenza stampa governativa la ministra della difesa Viola Amherd, sottolineando che il credito di 6 miliardi è un “tetto massimo”, non un “assegno in bianco”. Ha quindi garantito che la procedura di acquisto degli apparecchi continuerà all’insegna della trasparenza.

La reazione della ministra della difesa Viola Amherd e l’analisi del corrispondente della RSI:

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Valutazioni sono in corso e quattro modelli sono esaminati, ha ricordato. Tutti gli aerei sono ancora in corsa. Si tratta del Rafale della società francese Dassault, dell’Eurofighter dell’europea Airbus e di due jet americani, il Super Hornet di Boeing e l’F-35A di Lockheed-Martin.

Affaire à suivre.

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