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La destra preme per aumentare le spese per l’esercito svizzero

blindato con sullo sfondo delle montagne
Il conflitto in Ucraina ha riportato in primo piano le forze corazzate. La Svizzera dispone, tra gli altri blindati, di 134 carri Leopard 2. © Keystone / Peter Klaunzer

Da ormai vent'anni la somma devoluta alle forze armate elvetiche è inferiore all'1% del prodotto interno lordo. Sulla scia del conflitto in Ucraina, molti parlamentari di destra e centro-destra vorrebbero consacrare più mezzi all'esercito.

La capacità di difesa della Svizzera deve essere rafforzata: è quanto chiedeva l’interpellanza Collegamento esternopresentata dal ‘senatore’ Josef Dittli e oggetto di un dibattito urgente martedì alla Camera dei cantoni (Consiglio degli Stati).

Gli esponenti dei partiti di destra e di centro-destra hanno invitato il Governo a illustrare concretamente in quali ambiti è necessario intervenire. Non è possibile – ha sottolineato il consigliere agli Stati del Partito liberale radicale (PLR, destra) Thierry Burkart – che molti Paesi europei reagiscano immediatamente, promettendo più soldi per i loro eserciti, e la Svizzera stia a guardare.

Per la sinistra, le richieste di maggiori crediti vanno invece nella direzione sbagliata. “La pace non si ottiene con l’armamento, bensì con minore materiale bellico”, ha dichiarato il socialista Daniel Jositsch. “Di fronte alla guerra, alle distruzioni e al più grande esodo dal secondo conflitto mondiale, – gli ha fatto eco la sua compagna di partito Marina Carobbio – oggi bisognerebbe discutere di maggiori sforzi per la pace e non di un rafforzamento dell’esercito”. Parlare di sicurezza per la Svizzera, ha proseguito la ticinese, “significa anche liberarsi al più presto della dipendenza dal gas e dal petrolio russo”.

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Rispondendo alle varie domande, la ministra della difesa Viola Amherd ha sottolineato che l’esercito svizzero “è ben posizionato, anche in confronto ad altre forze armate in Europa”. La consigliera federale ha precisato che i progetti di rinnovamento sono in corso e si basano sulle finanze disponibili. Naturalmente, però, con più soldi a disposizione gli acquisti necessari possono essere accelerati e Viola Amherd vedrebbe di buon’occhio un aumento del budget a disposizione per la difesa.

Durante il dibattito si è anche parlato dell’acquisto dei caccia-bombardieri statunitensi F-35. Nel settembre 2020, l’elettorato svizzero aveva accettato in votazione un credito di sei miliardi di franchi per il rinnovo della flotta aerea elvetica. Successivamente il Dipartimento della difesa aveva optato per 36 caccia prodotti dalla Lockheed Martin. Un comitato composto da organizzazioni e partiti di sinistra ha però lanciato un’iniziativa popolare per opporsi a questa scelta, ciò che potrebbe ritardare l’acquisto (o annullarlo in caso di sì all’iniziativa).

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Da 800’000 a 140’000 soldati

Dalla fine della Guerra fredda, al pari di quanto successo in molti altri Paesi occidentali, l’esercito svizzero ha subito una drastica cura dimagrante. Dagli 800’000 uomini alla fine degli anni 1990, l’effettivo delle forze armate svizzere è progressivamente diminuito: sino al 2003 era di 400’000 soldati, poi di 200’000 e dal 2018 di 140’000.

Questa evoluzione è andata di pari passo con la riduzione delle spese militari, come si può vedere in questo grafico. Attualmente la Confederazione spende circa lo 0,7% del prodotto interno lordo per le sue forze armate, una quota lontana dal 2% raccomandato dalla NATO (di cui la Svizzera non fa parte) ai suoi membri.

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