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Obbligo di leva: uso antiquato o modello di successo?

Keystone

Gli svizzeri voteranno il 22 settembre sulla proposta di abolire il servizio militare obbligatorio. Per i fautori, sarebbe un passo importante verso la smilitarizzazione. Per gli oppositori, invece, costituirebbe la fine della milizia.

L’iniziativa popolare “Sì all’abolizione del servizio militare obbligatorio” costituisce “un attacco al modello di successo della Svizzera, un attacco contro il nostro esercito. Il Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSSE) non vuole solo abolire la coscrizione, vuole abolire l’esercito”, dice a swissinfo.ch Jakob Büchler, presidente dell’Associazione per una Svizzera sicura.

“Se si guarda cosa succede oltre i confini nazionali, si nota che l’obbligo di servire è obsoleto anche da un punto di vista militare. Non è più sostenibile per motivi di sicurezza”, replica Nikolai Prawdzic, portavoce del GSsE.

Dopo la fine della guerra fredda, sempre più paesi hanno abolito la coscrizione obbligatoria in Europa e sono passati a un esercito di volontari. Sui 28 paesi della NATO, 20 ora hanno un esercito di volontari o prevedono di introdurlo.

Nonostante i costi spesso elevati e problemi di reclutamento di nuovi soldati, finora ci sono state solo richieste isolate di una reintroduzione del servizio militare obbligatorio.

L’eccezione austriaca

Effettivamente molti paesi europei, dopo la caduta del muro di Berlino, hanno abolito la leva obbligatoria. Una decisione adottata anche da parte di governi di destra e per considerazioni di strategia militare. Tra i paesi che hanno scelto questa via vi sono i tre grandi vicini della Svizzera: Italia, Francia e Germania.

In Austria, invece, l’elettorato lo scorso gennaio si è espresso con quasi il 60% dei voti a favore del mantenimento della coscrizione.

Obiettivo: smilitarizzazione

Fondato nel 1982, come dice il suo nome, il GSsE ha l’obiettivo di abolire l’esercito. La prima iniziativa popolare che ha lanciato a tal fine è stata sottoposta a votazione federale il 26 novembre 1989, ossia poco dopo la caduta del muro di Berlino. Con quasi il 36% di sì all’abolizione dell’esercito, il risultato è stato uno shock per l’establishment politico.

I partiti politici che sostenevano quell’iniziativa – i verdi e i socialisti – hanno in seguito ancorato l’abolizione dell’esercito nei loro programmi.

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Perciò, la nuova iniziativa, su cui si vota il 22 settembre prossimo, è un primo passo verso l’abolizione dell’esercito, mettono in guardia i suoi avversari, vale a dire i partiti di destra e di centro, così come gli ambienti filomilitari.

“Per un’organizzazione pacifista, sarebbe un grande successo, se decine di migliaia di giovani non fossero più costretti ogni anno a imparare il mestiere della guerra. Si tratta di un passo importante verso la smilitarizzazione dell’esercito”, spiega Prawdzic.

Conseguenza: esercito professionale

Tra i partiti politici, la linea di demarcazione tra sostenitori e oppositori dell’iniziativa è chiara: la sinistra rosso-verde vuole abolire la coscrizione obbligatoria, mentre il centro e la destra sono decisamente contrari.

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Si tratta di “un riflesso di difesa contro i promotori dell’iniziativa, uno stato d’animo, come nella guerra fredda”, commenta Nikolai Prawdzic. “Alcuni anni fa, anche tra i politici borghesi si erano levate voci che avevano indicato un esercito professionista come la migliore soluzione”.

Un esercito di professionisti potrebbe “creare uno stato nello stato”, argomentano adesso gli avversari dell’iniziativa. E a loro avviso, una delle conseguenze dell’abolizione della coscrizione obbligatoria, senza alcun dubbio, sarebbe proprio la creazione di un esercito professionista.

Se l’iniziativa fosse accettata il 22 settembre, “l’esercito dovrebbe organizzarsi in modo fondamentalmente diverso. Sarebbero necessari moltissimi incentivi per convincere i cittadini ad arruolarsi. Ciò porterebbe a un esercito professionale. Cosa che comporterebbe chiari svantaggi”, afferma Jakob Büchler. “Sappiamo che paesi come la Germania hanno grandi difficoltà di reclutamento. Ci sono troppo pochi volontari per l’esercito. Inoltre si presentano quelli che non si possono utilizzare”.

Attualmente conta circa 155mila membri attivi e 32mila di riserva.

Nel 2012 sono state addestrate 23’600 reclute.

2’650 soldati sono professionisti.

Circa un migliaio di donne fanno parte dell’esercito elvetico.

Scuola di vita

“Finché l’esercito riuscirà a rendere credibile l’esistenza di una minaccia, troverà un numero sufficiente di persone disposte a servirlo, non solo per tanti soldi”, sostiene Prawdzic. “Per gli avversari, questa iniziativa minaccia la tradizione di una Svizzera militare maschile. Una visione secondo cui svolgere il servizio militare fa bene agli uomini e fa parte della tradizione: non sono davvero argomenti di sicurezza”, obietta il portavoce del GSsE.

“Naturalmente” l’esercito di milizia è una “scuola di vita”, ribatte Büchler. “Nel nostro esercito lavora il cosiddetto cittadino-soldato. È al contempo soldato e cittadino. Porta nell’esercito le proprie conoscenze professionali. Questa è una grande opportunità e l’esercito di milizia si è dimostrato valido da decenni. Nel nostro esercito sono in servizio simultaneamente al massimo 5’000 uomini. In un esercito di professionisti sarebbero in servizio tutti, non potrebbero essere occupati tutti contemporaneamente”.

(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

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