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Coronavirus: vietare l’ingresso in Svizzera ai frontalieri italiani?

Niente limitazioni agli ingressi dall'Italia verso la Svizzera, nonostante l'inquietante moltiplicazione dei casi di Coronavirus in Lombardia. Keystone / Martin Ruetschi

La rapida diffusione del Coronavirus in Italia suscita grandi preoccupazioni anche nel Canton Ticino: la regione svizzera a Sud delle Alpi dista pochi chilometri dai principali focolai di contagio della Vicina Penisola e occupa oltre 60 mila lavoratori frontalieri italiani. Un primo caso di infezione in territorio elvetico è stato confermato martedì dalle autorità sanitarie svizzere.

Quali provvedimenti sono stati adottati in Italia per fermare l’epidemia? 

Con più di 200 casi di contagio accertati, l’Italia è il paese europeo più colpito dal Covid-19, come è stato chiamato il virus scoppiato alla fine dell’anno sorso nella città cinese di Wuhan. Nel giro di pochi giorni, i casi di contagio si sono rapidamente moltiplicati nelle regioni più a Nord della Penisola, costringendo il governo italiano a intervenire con drastiche misure. 

Alcuni comuni lombardi a sud di Milano, dove si è maggiormente diffuso il virus, sono stati posti in quarantena e in diverse città del Nord Italia sono stati chiusi stadi, scuole, università, musei, monumenti e diversi altri luoghi pubblici. Difficile sapere se questi provvedimenti basteranno ad arginare l’epidemia. 

Perché il virus potrebbe arrivare ben presto nel Canton Ticino? 

Il confine ticinese dista appena un centinaio di chilometri dalla provincia di Lodi, epicentro del Coronavirus in Italia. Con la galleria stradale e quella ferroviaria sotto il massiccio del San Gottardo, il Canton Ticino rappresenta il principale asse di transito alpino tra l’Italia e l’Europa centrale e settentrionale. 

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Ma più che il traffico di passeggeri di transito, nel Canton Ticino preoccupano soprattutto eventuali rischi di contagio da parte dei frontalieri italiani, che giungono ogni giorno per lavorare, a stretto contatto con la popolazione locale. La maggior parte di questi lavoratori pendolari proviene dalla Lombardia, la regione italiana più colpita dal Coronavirus.

In Svizzera, l’Ufficio federale della sanità pubblica ha segnalato martedì un primo caso di coronavirus (Covid-19) confermato. La persona si trova in Ticino. In precedenza erano stati sottoposti ad accertamenti circa 300 casi sospetti, ma tutti erano risultati negativi. Il virus è stato contratto anche da alcuni svizzeri in viaggio in Asia, posti poi in quarantena.

È il caso di chiudere le frontiere? 

Una decisione in merito alla chiusura delle frontiere tra l’Italia e il Canton Ticino spetta alle autorità federali svizzere. Il governo non intende però adottare una simile misura, già chiesta in questi giorni da rappresentanti della Lega dei ticinesi. Secondo l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), la situazione nel Nord Italia è preoccupante, ma a si tratta di focolai locali ed è ancora troppo presto per parlare di un’ondata dilagante verso la Svizzera. 

D’altra parte, in caso di vera e propria epidemia in Europa, sarebbe impossibile fermare la diffusione del virus con simili misure, dato che il continente è troppo fortemente interconnesso. Anche Francia e Austria hanno deciso di tenere aperte le frontiere con l’Italia. 

Perché l’economia ticinese non può rinunciare ai lavoratori frontalieri? 

Nel Canton Ticino lavorano oltre 67’800 frontalieri, il loro numero è raddoppiato dal 2002, ossia dall’introduzione dell’accordo sulla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l’UE. Solo il Canton Ginevra (87’104 unità) impiega un maggior numero di pendolari che varcano ogni giorno la frontiera. Seguono Basilea Città (33’932) e Vaud (32’425).

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I frontalieri corrispondono ad oltre un quarto della manodopera complessiva nel Canton Ticino. Mentre tradizionalmente i pendolari transfrontalieri lavoravano soprattutto nei settori della costruzione e dell’industria, oggi non è più caso: quasi due terzi di questi lavoratori sono attivi nel settore terziario. 

In pratica, i frontalieri sono ormai presenti in ogni ramo economico, tra cui anche il settore pubblico. Una chiusura delle frontiere rischia quindi di paralizzare buona parte dell’economia ticinese, mettendo a repentaglio molti servizi di base per la popolazione. Tra i settori più colpiti vi sarebbe anche quello ospedaliero: circa la metà del personale infermieristico è di nazionalità straniera e un quinto è frontaliere.

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