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Emissioni di CO2 della Svizzera: un piccolo Paese dalla grande impronta

Protezione del clima: Svizzera “insufficiente”, ma meglio di tanti altri

uomo trasporta un pannello solare su un tetto
Entro il 2050 la Svizzera dovrebbe produrre quasi la metà della sua elettricità dal sole, secondo le autorità. © Keystone / Urs Flueeler

L'elettorato svizzero ha bocciato la revisione della legge sul CO2, uno dei pilastri della politica climatica nazionale. La strada verso la neutralità climatica si fa ancora più lunga. Ecco dove si situa la Svizzera a livello internazionale.

Una nuova tassa sui biglietti aerei, un aumento della tassa sul CO2 applicata ai combustibili fossili e un possibile incremento del prezzo di benzina e diesel: per far fronte alla crisi climatica, gli svizzeri non sono disposti a mettere mano al borsellino. O perlomeno, non nel modo auspicato dal Parlamento.

Respingendo la nuova legge sul CO2 in votazione domenica, i cittadini elvetici hanno bocciato le misure di riduzione delle emissioni con cui la Confederazione intendeva concretizzare l’impegno assunto nel quadro dell’Accordo di Parigi sul clima.

Nonostante l’esito negativo, il Paese continuerà a perseguire l’obiettivo della neutralità climatica, sebbene risulterà più difficile raggiungerlo, come ha detto ieri la ministra dell’ambiente Simonetta Sommaruga. Una strada percorsa anche da Unione europea, Stati Uniti, Cina – all’origine della metà delle emissioni mondiali – e da un centinaio di altre nazioni che hanno annunciato l’intenzione di raggiungere un bilancio netto delle emissioni pari a zero entro il 2050 o il 2060.

Come si sta comportando la Svizzera rispetto agli altri?

Una persona in Svizzera emette quanto due brasiliani

La Svizzera ha emesso circa 46 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti nel 2019. Si tratta pressappoco dello 0,1% delle emissioni globali. In media, una persona in Svizzera emette quanto due brasiliani (4,4 tonnellate di CO2 all’anno).

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I dati raffigurati tengono conto soltanto delle emissioni generate a livello nazionale. Considerando anche quelle legate alle importazioni, l’impatto di un abitante in Svizzera sale a 14 tonnellate di CO2 all’anno (media nel mondo: 6 tonnellate). In questa particolare classifica mondiale guidata dai cittadini del Lussemburgo, la Svizzera si piazza in 15° posizione.

Obiettivo 2050: la Svizzera punta sul solare

La Svizzera si è impegnata a dimezzare le sue emissioni entro il 2030 (rispetto al livello nel 1990) e a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. La strategia a lungo termine prevede una diminuzione di quasi il 90% delle emissioni generate da trasporti, edifici e industrie. Parte della riduzione verrà conseguita tramite il finanziamento di progetti climatici all’estero.

>> Leggi: Gli interrogativi dell’accordo pioneristico tra Svizzera e Perù sulla riduzione delle emissioni 

Le emissioni difficili da prevenire, ad esempio nei settori dell’agricoltura e del trattamento dei rifiuti, verranno compensate con tecnologie di cattura e stoccaggio del CO2. Il video seguente mostra il funzionamento del primo impianto industriale del mondo in grado di catturare e sfruttare l’anidride carbonica presente nell’aria, inaugurato nel 2017 vicino a Zurigo:

L’aumento del fabbisogno di corrente necessario all’elettrificazione dei trasporti e del riscaldamento sarà possibile grazie allo sviluppo delle energie rinnovabili e in particolare del fotovoltaico, secondo le autorità. Fra trent’anni, quando la Svizzera avrà disattivato tutte le sue centrali atomiche, il sole dovrebbe fornire il 45% dell’elettricità consumata nel Paese, contro il circa 4% oggi.

>> Leggi: “I nuovi edifici dovrebbero produrre l’elettricità che consumano”

Mercato del CO2 in Cina ed eolico negli Stati Uniti

L’Unione europea è più ambiziosa a medio termine: il taglio delle emissioni entro il 2030 dovrebbe essere di almeno il 55% rispetto al 1990. La legge europea sul clima, elemento centrale del Patto verde (‘Green Deal’), prevede interventi in tutti i settori, soprattutto nei trasporti, nell’energia, nell’agricoltura e nell’edilizia.

Tra gli strumenti principali per il raggiungimento degli obiettivi c’è il sistema di scambio di quote di emissioni, a cui dal 2020 partecipa anche la Svizzera. Applicato attualmente alla produzione di elettricità, all’industria e all’aviazione domestica, potrebbe essere esteso al trasporto su strada e al riscaldamento.

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Pure la Cina punta sul mercato del carbonio per raggiungere il picco di emissioni nel 2030 e la neutralità climatica entro il 2060. Lanciato a inizio febbraio, il più grande sistema per lo scambio di quote di emissioni del mondo coinvolge per ora le compagnie del settore energetico. Il 60% della produzione cinese di energia è infatti ancora legato al carbone. In futuro, il mercato del CO2 verrà esteso ad altri comparti industriali quali i cementifici e le acciaierie.

Rientrati nell’Accordo di Parigi, gli Stati Uniti puntano dal canto loro a un taglio delle emissioni del 50-52% rispetto ai valori del 2005. Joe Biden prevede, tra le altre cose, di investire due miliardi di dollari nel risanamento degli edifici e di promuovere finanziariamente la produzione di veicoli più puliti. La nuova amministrazione vuole anche più energia dalle fonti rinnovabili tramite la costruzione di nuovi parchi eolici offshore.

Svizzera “insufficiente”

La tassa sul CO2 che la Svizzera applica ai combustibili fossili – al momento di 96 franchi per tonnellata – è tra le più alte al mondo, rileva Climate Action Tracker (CATCollegamento esterno), un’associazione indipendente che monitora le politiche climatiche nel mondo.

Tuttavia, l’impegno della Svizzera è giudicato “insufficiente”. Per il CAT, le misure attualmente in vigore nella Confederazione comporteranno una riduzione delle emissioni del 26-31% entro il 2030. Berna rischia così di non centrare l’obiettivo, dopo aver già fallito quello fissato per il 2020.

>> Leggi: Meno mucche ma più veicoli: la Svizzera fallisce il suo obiettivo climatico

Nel raffronto internazionale, la Svizzera se la cava ad ogni modo meglio della maggior parte dei Paesi europei e degli Stati industrializzati. Nella classifica che tiene conto delle politiche climatiche, il Climate Change Performance Index, la Svizzera si situa al 14° rango su 61. E malgrado non abbia raggiunto i suoi obiettivi, fa pur sempre parte dei Paesi che hanno ridotto le proprie emissioni negli ultimi 30 anni.

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Quale temperatura a fine secolo?

Se alle parole seguiranno i fatti, entro la fine del secolo la temperatura media del pianeta dovrebbe essere di 2,4°C superiore a quella dell’epoca preindustriale, secondo l’ultimo rapporto del CAT. Non verrebbe quindi centrato l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di limitare il riscaldamento “ben al di sotto” dei 2 gradi Celsius.

Sonia Seneviratne, climatologa svizzera di fama internazionale e coautrice dei rapporti del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, è comunque fiduciosa. Raggiungere l’obiettivo di Parigi “non è impossibile”, afferma a SWI swissinfo.ch. “Anche se abbiamo perso tempo a causa della Covid-19, la situazione sul fronte politico è migliorata con il cambio di governo negli Stati Uniti. La conferenza sul clima di quest’anno [COP 26 a Glasgow] sarà decisiva”.

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