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Emissioni di CO2 della Svizzera: un piccolo Paese dalla grande impronta

Meno mucche ma più veicoli: la Svizzera fallisce il suo obiettivo climatico

auto in coda sull autostrada
© Keystone / Michael Buholzer

Le emissioni della Svizzera si sono ridotte negli ultimi 30 anni, ma non abbastanza per raggiungere l'obiettivo nazionale fissato per il 2020. Un fallimento illustrato da una serie di cifre e grafici.

Entro il 2020 le emissioni di gas a effetto serra della Svizzera devono essere ridotte del 20% rispetto al 1990: è quanto si è impegnato a fare il piccolo Paese alpino nel quadro della Legge federale sul CO2.

Malgrado manchino ancora due anni alla scadenza – i dati più recenti sulle emissioni concernono il 2018 – la Svizzera non raggiungerà il suo obiettivo nazionale, prevede l’Ufficio federale dell’ambiente (Ufam) sulla base delle stime attuali. Nemmeno il temporaneo rallentamento delle attività causato dalla crisi del coronavirus consentirà di centrare l’obiettivo.

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Dal 1990, le emissioni della Svizzera sono calate del 14%, contro un aumento della popolazione del 27%. L’evoluzione delle emissioni varia a seconda del settore considerato, come illustra il grafico seguente.

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Un dato che emerge dal paragone temporale è che a generare maggiori emissioni non è più il settore degli edifici, bensì quello dei trasporti.

Da notare anche l’incremento della quota dei cosiddetti ‘gas sintetici’, tra cui i prodotti refrigeranti e i propellenti per bombolette spray, utilizzati quali alternative alle sostanze nocive per lo strato di ozono.

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Termopompe al posto del gasolio

Da un’analisi più approfondita risulta che la riduzione delle emissioni più marcata è stata realizzata nel settore degli edifici. I miglioramenti nell’efficienza energetica e la sostituzione dei vecchi sistemi di riscaldamento a gasolio hanno contribuito a ridurre l’impatto di case e palazzi del 34%.

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Nonostante la progressione delle termopompe e del solare termico, il potenziale di riduzione delle emissioni degli edifici, in particolare delle vecchie costruzioni, è ancora grande.

La Svizzera è tra i Paesi europei che più ricorrono all’olio combustibile per il riscaldamento e attualmente soltanto l’1% delle case viene risanato ogni anno. Di questo ritmo, ci vorranno cento anni per risanare tutti gli edifici in Svizzera. L’articolo seguente illustra i motivi per cui la modernizzazione degli immobili procede a rilento.

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Meno mucche e meno aziende agricole

Il settore agricolo, responsabile di un settimo delle emissioni generate in Svizzera, ha anch’esso registrato un calo rispetto al 1990 (-10%). Nel corso degli anni, sono diminuiti non solo le superfici agricole, ma pure il numero di bovini, che come è noto contribuiscono all’effetto serra tramite le esalazioni di gas metano.

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Il calo dell’effettivo di animali e il minor ricorso a concimi minerali hanno consentito di ridurre le emissioni della produzione agricola diretta di circa l’8% tra il 1990 e il 2011, spiega a swissinfo.ch Hannah Hofer, responsabile di energia e ambiente presso l’Unione svizzera dei contadini. Al contempo, aggiunge, sono però aumentate (del 15%) le emissioni della filiera agroalimentare.

Anche a causa della complessità dei processi biologici, ad esempio nell’apparato digerente dei ruminanti o negli organismi che vivono nel suolo, non è facile realizzare grandi riduzioni delle emissioni in agricoltura, rileva Hofer. Nelle aziende agricole, la protezione del clima può inoltre essere in conflitto con altri obiettivi perseguiti dal settore, tra cui il benessere degli animali, la sicurezza dell’approvvigionamento o la riduzione dell’impiego di prodotti fitosanitari.

Secondo l’associazione di categoria, grosse riduzioni in agricoltura sono possibili soltanto a detrimento della produzione alimentare, ad esempio tramite una riduzione l’effettivo bovino, ciò che presuppone però un calo del consumo di prodotti animali, osserva Hofer.

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Veicoli più grandi e potenti

A controbilanciare le riduzioni registrate nei settori degli edifici, dell’agricoltura e dell’industria – per la quale il calo è stato del 14% – ci ha pensato il traffico stradale, le cui emissioni sono, seppur di poco, cresciute (+1%).

Le ragioni dell’aumento sono molteplici. Innanzitutto, oggi circolano più veicoli rispetto a una trentina di anni fa. Soltanto le automobili sono oggi circa 4,6 milioni, quasi il 50% in più rispetto al 1990.

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Rispetto agli altri Paesi europei, i conducenti nella Confederazione hanno una predilezione particolare per veicoli sempre più grandi e potenti. In Svizzera, i cosiddetti SUV (veicoli utilitari sportivi) rappresentano quasi la metà del parco automobilistico, mentre la quota è di circa un terzo nella media europea.

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L’aumento della proporzione di motori diesel, che emettono meno CO2 rispetto a quelli a benzina, i progressi tecnologici nell’industria automobilistica e l’incremento dei veicoli elettrici hanno contribuito a ridurre le emissioni.

Tuttavia, il mancato rispetto delle prescrizioni sulle emissioni di CO2 delle automobili nuove e l’aumento dei chilometri percorsi su strada hanno definitivamente allontanato l’obiettivo di riduzione delle emissioni del traffico (-10% rispetto al 1990).

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Il timore di contrarre il coronavirus sui mezzi pubblici ha spinto numerosi cittadini a utilizzare l’auto o la moto, emerge da un’inchiesta pubblicata in aprile dalla società di consulenza Deloitte Svizzera. In futuro, è quindi prevedibile un aumento del traffico individuale motorizzato, ciò che rischia di compromettere la politica climatica nazionale.

La Svizzera nel raffronto internazionale

Le emissioni di gas serra generate in Svizzera corrispondono a soltanto lo 0,1% delle emissioni globali. L’impatto della Svizzera a livello internazionale è però maggiore se si considerano le emissioni pro capite, superiori ad esempio a quelle generate dai cittadini di Paesi in forte crescita quali Brasile o India.

Sebbene non sia tra i migliori della classe, la Svizzera fa comunque parte del gruppo di nazioni che hanno ridotto le proprie emissioni rispetto al 1990.

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Nuovi obiettivi in vista

Di fronte alla necessità di un’azione urgente in favore del clima – secondo i ricercatori i prossimi anni saranno decisivi – non c’è tempo per riflettere su quanto non è stato fatto in passato. La priorità è ora di volgere lo sguardo al futuro e in particolare al 2030, anno entro cui la Svizzera intende dimezzare le sue emissioni.

Il raggiungimento di tale obiettivo, deciso nel quadro dell’Accordo di Parigi sul clima, presuppone una revisione della Legge federale sul CO2, attualmente al centro dei dibattiti parlamentari.

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Secondo il governo, l’obiettivo 2030 potrà essere raggiunto migliorando l’efficienza energetica, promuovendo le energie rinnovabili e compensando, anche tramite progetti all’estero, le emissioni inevitabili.

Più a lungo termine, la Svizzera si è impegnata, così come l’Unione europea e altri Paesi, a perseguire l’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050.

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