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Spagna al voto per avere (finalmente) un governo

Pedro Sanchet durante un comizio di giovedì a Madrid.
Si vota per la quarta volta in 4 anni in Spagna. Questa volta i socialisti vogliono formare un governo di maggioranza stabile. Keystone / Juanjo Martin

Il voto di domenica, il quarto in quattro anni in Spagna, per il premier  socialista Pedro Sanchez va ormai oltre gli schieramenti politici: "Si vota - è stato l'appello di venerdì - per avere finalmente un governo".

Nelle ultime battute della campagna elettorale il leader socialista ha tenuto il punto e, senza nemmeno troppi giri di parole, ribadito la volontà di tirare dritto verso un governo monocolore, nonostante i tentativi falliti nei mesi scorsi. 

Eppure poco sembra essere cambiato rispetto al 28 aprile scorso nelle previsioni per la ripartizione del consenso spagnolo: anche in questo caso, il partito socialista è dato in testa ma senza i numeri per una maggioranza solida, anzi con il rischio di ottenere anche meno di quei 123 deputati su 350 che non sono risultati sufficienti per dare stabilità alla Spagna.

Qualcosa è cambiato

Il paese però non è più lo stesso con l’acuirsi della crisi catalana. E con i fatti delle ultime settimane – la condanna dei leader separatisti e le proteste di piazza a Barcellona – a molti è parso che la campagna elettorale sia stata presa in ostaggio dalla questione indipendentista. 

La sensazione, e l’indicazione che emerge dai sondaggi, è che questo clima abbia fatto guadagnare terreno alle destre, a partire dalla quella estrema di Vox, la formazione di Santiago Abascal che dopo l’exploit di aprile (quando è entrata per la prima volta in parlamento con 24 deputati) adesso potrebbe arrivare anche a raddoppiare i seggi.

La recente proposta di Vox di bandire i partiti indipendentisti è stata approvata dall’Assemblea di Madrid con i voti del Partido Popular e di Ciudadanos, in una sorta di patto delle destre che ha fatto scattare più di un allarme in casa socialista. 

L’iniziativa non ha carattere vincolante né esecutivo, ma a poche ore dalle elezioni assume i contorni di un chiaro messaggio politico. Al quale Sanchez non ha tardato a rispondere: “Cominciamo ad essere testimoni di cose preoccupanti”, ha commentato il primo ministro in un’intervista a Cadena Ser, definendo la risoluzione una “deriva reazionaria molto pericolosa”. 

Barcellona ultima tappa

Non a caso Sanchez ha scelto di tenere l’evento di chiusura della campagna proprio a Barcellona. “Domenica siamo tutti convocati alle urne non per rispondere agli orientamenti della politica, giacché gli spagnoli lo hanno già fatto lo scorso 28 aprile e il 26 maggio, dando la maggioranza al Psoe. Gli spagnoli vogliono una risposta progressista ai loro problemi. In questione è il fatto se abbiamo un governo o no”, è stato l’appello con cui il premier ha chiesto un mandato pieno. 

Ma il rischio di astensionismo è alto, data l’esasperazione degli elettori. E se i timori saranno confermati, a farne maggiormente la spese potrebbe essere proprio il Psoe.

Intanto a Barcellona parte dalle prossime ore una massiccia operazione di sicurezza per garantire il regolare svolgimento delle operazioni di voto: oltre 8000 gli agenti mobilitati dalla polizia catalana.

Per capire cosa motiva gli elettori di destra del Vox, il TG vi porta nel sud della Spagna, nella regione di Murcia.

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