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La crisi dei profughi favorisce la destra

La stampa svizzera è unanime nell'indicare la crisi europea dei rifugiati quale fattore principale del trionfo dell'UDC (destra conservatrice) alle elezioni federali 2015. Reuters

Evidenziando la vittoria della destra alle elezioni federali 2015, la stampa svizzera oggi è unanime nel designare la crisi europea dei rifugiati quale fattore determinante del risultato record dell’UDC. I commentatori pronosticano conseguenze sulla composizione del governo federale e sulle grandi riforme in cantiere.

Unica voce fuori dal coro di una stampa elvetica che mette l’accento sullo spostamento a destra della nuova compagine parlamentare elvetica è la Neue Zürcher Zeitung (NZZ), che vede nei risultati di ieri un semplice “ritorno alla normalità”.

Il quotidiano zurighese, molto vicino agli ambienti economici, rileva che benché in un sistema politico così stabile come quello svizzero le oscillazioni numeriche di ieri possano sembrare significative, in realtà “qualche punto percentuale è tutt’altro che una valanga”.

Del resto ciò implicherebbe l’esistenza di un blocco di destra omogeneo. Mentre in realtà “ci sono solo due partiti borghesi, che inoltre rappresentano diversi punti di vista su questioni chiave”.

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Unanimità su ruolo crisi profughi

Ma grande o piccolo che sia lo spostamento a destra, anche la NZZ condivide l’opinione unanime dei commentatori svizzeri, che indicano la crisi dei profughi in Europa quale ragione del trionfo dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice). La crisi dei rifugiati è giunta a puntino per “partito con il mantra dalla barca piena”, scrive il quotidiano zurighese.

La NZZ punta l’indice in particolare contro la cancelliera tedesca Angela Merkel. “La sua politica migratoria fatalista, non ha provocato solo nella Repubblica federale tedesca interrogativi ansiosi su ciò che tutto questo porterà. Quando un Paese confinante giunge sull’orlo del fallimento parziale attraverso una politica di frontiere aperte, nel senso che il governo non sembra più avere il controllo della situazione, non ci si può sorprendere che ne approfitti chi ha sempre messo in guardia contro situazioni incontrollabili”.

Legislativo svizzero

Dal 1931, il Parlamento svizzero viene eletto ogni 4 anni.  

Il 18 ottobre il popolo era chiamato a rinnovare i 200 seggi della Camera del popolo (Consiglio nazionale) e 45 dei 46 seggi della Camera dei Cantoni (Consiglio degli Stati). Il nuovo senatore del cantone di Appenzello interno è già stato eletto in aprile dalla Landsgemeinde (assemblea dei cittadini). 

La prossima legislatura si aprirà il 30 novembre con l’inizio della sessione invernale delle Camere federali. Il 9 dicembre, le due Camere riunite (Assemblea federale) saranno chiamate a (ri)eleggere i 7 membri del governo svizzero (Consiglio federale).

“Nel 2011, il disastro di Fukushima ha fatto – in parte – il risultato delle elezioni federali, proiettando in avanti gli ecolgisti. Nel 2015, la crisi migratoria ha reso l’UDC più forte che mai”, scrive Le Temps.

Il foglio ginevrino precisa che, “benché le immagini di migranti che affluiscono verso il Vecchio Continente provengano dalla stazione di Monaco di Baviera o di Calais, gli svizzeri temono di essere invasi. L’UDC ha approfittato in pieno di questa paura, pur restando discreta sul tema nella ultime settimane. Buona parte dei suoi elettori non ha avuto bisogno del suono della campanella per trovare la via del ripiegamento”.

“In tempi di forti incertezze, legate ad una situazione economica stagnante e di fronte a una immigrazione ritenuta incontrollabile, l’elettorato tende a scegliere i partiti che caldeggiano la fermezza, l’isolazionismo e il controllo delle frontiere”, gli fa eco dal Vallese Le Nouvelliste.

Un contesto ingarbugliato

Il quotidiano vallesano rammenta che “i nostri vicini europei sono esattamente nella stessa situazione. Guardate il successo del Fronte nazionale in Francia. O del FPÖ in Austria. Inoltre, il discorso monomaniaco e disinibito, ripetuto come un ritornello dall’UDC, sulla drastica limitazione del numero di stranieri e sul rifiuto dell’Europa, può finire per convincere tutte le persone che si perdono nella cacofonia, diventata inascoltabile, delle altre formazioni politiche”.

Anche gli altri commentatori rilevano che se la crisi europea dei rifugiati ha messo le ali all’UDC nella volata finale, non è certo l’unica ragione della sua vittoria.

Questa è nata da un contesto aggrovigliato in cui le preoccupazioni per l’immigrazione si intrecciano con “le incognite della politica d’asilo (la nuova legge non è ancora in vigore e viene contestata con un referendum dalla stessa UDC), la diffidenza verso una classe politica che non ha ancora presentato una proposta concreta d’attuazione dell’iniziativa popolare sulla limitazione della manodopera estera, l’atteggiamento molto prudente di Berna verso l’Unione europea e la rigidità di quest’ultima, contraria ad intavolare negoziati con la Svizzera. E, non da ultimo, l’ostracismo mostrato per otto anni verso l’UDC dalla maggioranza di centrosinistra a Palazzo federale”, riassume il Corriere del Ticino.

Il governo che verrà

Dall’analisi dei motivi che hanno portato a una composizione parlamentare più a destra, i commentatori passano poi ai pronostici sulle conseguenze.

Con i risultati di ieri “si riaprono decisamente i giochi” per l’elezione del governo federale, scrive il Corriere del Ticino. Ma per fare pronostici in merito occorrerà dapprima aspettare le decisioni di “Eveline Widmer-Schlumpf, che rischia di non avere più i numeri necessari per assicurarsi un terzo mandato” e sapere “cosa intende realmente fare l’UDC per riconquistare peso in governo”.

In ogni caso, secondo il Giornale del popolo, “dopo il «terremoto» elettorale che ha portato l’UDC a dominare sempre più incontrastata la scena politica federale”, “sarà difficile, a questo punto, negare al partito del 30% la doppia rappresentanza in Consiglio federale”.

Dubbi in proposito sono invece sollevati dalla RegioneTicino, secondo la quale i risultati delle elezioni di ieri “hanno contribuito a rendere le carte ancora più confuse, confermando che, accanto ai numeri, sono gli schieramenti sui singoli temi a determinare le maggioranze. Quello dei rapporti con l’Europa è il principale ed è su questo oggetto che il Partito liberale radicale non sta giocando in modo trasparente”.

Il quotidiano di Bellinzona si chiede infatti: “Se il PLR è per la difesa degli Accordi bilaterali, come sostengono i suoi massimi dirigenti, come farà questo partito a sostenere l’elezione di un secondo ministro democentrista, appartenente ad un partito che vorrebbe denunciarli? A meno che le intese con l’Ue non siano destinate a diventare merce di scambio per altri temi (vecchiaia, casse malati, ambiente ed energia). Nelle mani del Partito liberale radicale si trova una matassa parecchio ingarbugliata, nodo che è da sciogliere entro la mattina del 9 dicembre”.

Braccio di ferro su temi importanti

La stampa elvetica vede inoltre all’orizzonte nuovi scontri partitici sulle grandi riforme che il parlamento dovrà affrontare nella nuova legislatura. Per il Tages Anzeiger, l’ulteriore polarizzazione della Svizzera è un “cattivo segnale” per le riforme prossimamente all’esame del parlamento.

Sulla stessa linea il 24 Heures di Losanna, per il quale con lo slittamento a destra “ritorna la prospettiva di una legislatura più polarizzata, come nel 2003-2007. Ai compromessi tessuti negli ultimi anni sulle pensioni, l’energia i trasporti la fiscalità, potrebbero succedere contrapposizioni più dure e una nuova litania di iniziative e di referendum”.

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