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Il continente corteggia il voto “svizzero”

Oggi come allora: per poter partecipare alle elezioni europee, gli italiani residenti in Svizzera si devono ancora recare nel proprio paese, perché Roma non consente loro di votare nella Confederazione RDB

L'elezione del Parlamento europeo, che si terrà dal 22 al 25 maggio nei 28 paesi membri, è anche un evento svizzero: centinaia di migliaia di cittadini dell'UE o con doppia cittadinanza, infatti, hanno la possibilità di votare. Diversi partiti politici fanno campagna in Svizzera.

Il numero di persone in Svizzera che hanno diritto di partecipare alle elezioni europee è notevole. Secondo uno studio della delegazione dell’Unione europea a Berna, più di un quinto della popolazione residente nella Confederazione, vale a dire 1,75 milioni di persone, sono cittadini dell’UE. Tra questi, mezzo milione di svizzeri che hanno anche un passaporto “europeo”. Deducendo i minorenni, si arriva a 1,4 milioni di elettori. Un numero più elevato di quello dei votanti in diversi piccoli paesi dell’Unione!

E la futura composizione del Parlamento europeo non può lasciare indifferente la Svizzera, dal momento che è l’organo che ha l’ultima parola su eventuali accordi che potrebbero migliorare le relazioni tra Berna e Bruxelles.

Le condizioni di partecipazione alle elezioni dell’Europarlamento  variano notevolmente a seconda della nazionalità. Dodici paesi (tra cui Germania e Regno Unito) consentono il voto per corrispondenza, tredici il voto nei consolati o in locali idonei, cinque (tra cui la Spagna) offrono entrambe le possibilità, mentre quattro in linea di principio proibiscono ai loro cittadini di votare dall’estero.

Dagli anni ’30 e fino alla fine della Guerra fredda, il governo federale ha vietato agli stranieri domiciliati in Svizzera di partecipare in territorio elvetico in alcun modo a una votazione politica all’estero. Lo riteneva “incompatibile con i diritti sovrani” e “pericoloso” per la sicurezza nazionale.

Gli sconvolgimenti che hanno scosso l’Europa negli anni ’70 (caduta delle dittature in Portogallo, Grecia e Spagna) e nel 1989 (caduta dei regimi comunisti) hanno costretto Berna a modificare la sua prassi, dopo alcuni incidenti.

Quello più imbarazzante risale al 1976, quando, un anno dopo la morte del generale Franco, il re di Spagna Juan Carlos ha indetto un referendum costituzionale per ratificare il ritorno di un regime democratico. L’ambasciatore spagnolo a Berna ha quindi pubblicato delle inserzioni sui giornali svizzeri esortando i suoi connazionali a iscriversi in una delle 17 rappresentanze ufficiali spagnole in Svizzera.

Il diplomatico iberico è stato convocato dal governo federale, il quale lo ha avvertito che votare in Svizzera per scrutini in altri paesi, anche per corrispondenza, era illegale. L’ambasciatore è stato obbligato a pubblicare nuovi annunci per informare gli spagnoli che Berna vietava loro di votare sul territorio svizzero!

Infine, nel 1994, la Svizzera ha deciso di rinunciare a qualsiasi restrizione.

Pullman per l’Italia

Il caso più spettacolare è quello dell’Italia, che tradizionalmente obbliga i suoi cittadini a tornare a casa per poter votare. Molti svizzeri ricordano a questo proposito impressionanti treni speciali organizzati a partire dagli anni ’50 per consentire a molti italiani che lavoravano in Svizzera di tornare a casa per eleggere i loro deputati. Poiché molti votavano comunista, quei convogli sono entrati nella memoria collettiva italiana con il soprannome di “treni rossi”.

Nelle elezioni europee, l’obbligo di tornare in Italia viene tutt’oggi mantenuto. E rimane ampiamente sovvenzionato (treno gratis dal confine italiano, esenzione dei pedaggi autostradali).

A Dietikon, nel cantone di Zurigo, la maggior parte dei 2’500 italiani che vi risiedono provengono dal medesimo comune calabrese (San Pietro a Maida) e molti faranno il viaggio in maggio. Come sempre, sarà l’occasione di fare festa. Per Dietikon e tutta la Svizzera tedesca sono già prenotati due o tre pullman speciali. Il segretario della sezione svizzera del Partito democratico italiano, Michele Schiavone, stima a una ventina il numero di autobus “elettorali” che prenderanno la strada per l’Italia alla fine di maggio.

Soprattutto a sinistra

La Francia, da parte sua, compie sempre grandi sforzi per facilitare la partecipazione degli espatriati. Per lo scrutinio di maggio, aprirà 19 seggi nella Svizzera francese, 15 nella Svizzera tedesca e uno in Ticino.

Politicamente, la mobilitazione degli elettori si verifica soprattutto a sinistra. Particolarmente ben organizzato a questo livello è il Partito Democratico italiano, con le sue 33 sezioni in Svizzera. Ma anche la destra è impegnata, soprattutto nella Svizzera francese, dove l’UMP francese ha una forte “delegazione” e il Fronte Nazionale (FN) ha già organizzato un evento con il suo candidato a Ginevra.

Per quanto riguarda i partiti politici svizzeri, in linea generale sono piuttosto riluttanti a svolgere un ruolo in queste elezioni. Solo il Partito socialista ( PS) è attivo nella campagna. Ha istituito una vera e propria rete di cooperazione e di mobilitazione con i partiti socialisti dell’UE che operano in Svizzera. Ha inoltre organizzato diverse riunioni, tra cui una “festa elettorale” a Berna, alla quale hanno in particolare partecipato due candidati socialisti al Parlamento europeo, una tedesca e uno spagnolo.

Maria Chiara Vannetti, Neuchâtel, militante del Partito democratico italiano: “Andrò a votare, soprattutto perché credo fermamente nel progetto europeo. Anche se finora l’Europa è stata più l’Europa dell’economia e delle banche, e meno l’Europa politica, solidale, democratica che desidero. Vorrei un’Europa più vicina ai cittadini e meno alle banche. Perché è il potere politico che deve controllare il potere economico e non il contrario. Ma io resto convinta che il progetto dell’UE è magnifico”.

Jean-Claude Marchand

(doppia nazionalità francese-svizzera), Saint-Saphorin (cantone di Vaud), delegato del Fronte Nazionalein Svizzera: “È giunto il momento di ripristinare ‘l’Europa delle patrie ‘, e poco importa se si deve uscire dall’Europa attuale. Ritornare a un’Europa delle nazioni significa prima di tutto ripristinare il controllo alle frontiere, lasciare entrare ciò che è buono, rifiutare ciò che è male. Quello che vale per le merci, vale a maggior ragione per la gente. Aspiriamo alla fine della moneta unica e ad un referendum per liberarci dalla gogna europea. E dirigerci verso una nuova costruzione realistica, respingendo la burocrazia tentacolare di Bruxelles”.

(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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