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Guy Parmelin, l’agricoltore vodese approdato nel governo svizzero

Guy Parmelin è il 116esimo consigliere federale della storia. Reuters

Considerato all’inizio come un outsider, l’esponente dell’Unione democratica di centro è stato facilmente eletto mercoledì in Consiglio federale, dove subentrerà a Eveline Widmer-Schlumpf. L’agricoltore-viticoltore di Bursins, nel canton Vaud, è considerato come un uomo di dialogo, senza però una grande personalità.

Quando a metà novembre l’Unione democratica di centro lo aveva designato nel trio di candidati ufficiali per la successione a Eveline Widmer-Schlumpf, alcuni avevano parlato di un «candidato alibi», inserito nella lista solo per compiacere la Svizzera francese. Il vero favorito – sostenevano in molti appena tre settimane fa – era il rampante consigliere nazionale del canton Zugo Thomas Aeschi.

Le quotazioni di Guy Parmelin sono però continuate a salire col passare dei giorni. In parte più per demeriti dell’avversario che per meriti propri. Troppo polarizzato, troppo neoliberista, troppo vicino a Blocher, troppo poco sperimentato: Thomas Aeschi non ha saputo convincere al di là del proprio partito e di parte del Partito liberale radicale.

Guy Parmelin si è così imposto come una sorta di male minore agli occhi di parte dei partiti di centro e della sinistra. Una sinistra che ha preferito turarsi il naso e infilare nelle urne il nome del consigliere nazionale vodese piuttosto che tentare un improbabile colpo di coda, votando un candidato non ufficiale. «Non avevamo altra scelta che eleggere un candidato UDC. Abbiamo puntato su colui che ritenevamo avesse le prospettive meno negative», ha affermato il presidente del Partito socialista Christian Levrat.

Agricoltore e viticoltore (col fratello possiede una tenuta agricola di 36 ettari), 56 anni, Parmelin siede in Consiglio nazionale dal 2003. Il vodese è considerato un politico pragmatico, capace di scendere a compromessi, di ascoltare. E che è malleabile, hanno fatto intendere alcuni sottovoce. Caratteristiche, queste, che hanno sicuramente fatto la sua forza mercoledì. «Era il candidato considerato meno minaccioso», riassume il quotidiano Le Temps, in un commento per nulla tenero intitolato: «Parmelin o il trionfo della mollezza».

Un UDC più centrista?

Seppur spostatosi a destra con gli anni, seguendo così la strada tracciata dal leader del partito Christoph Blocher, Parmelin ha nel suo DNA politico quelle radici agrarie che facevano la caratteristica dell’UDC fino a una ventina di anni fa. Secondo il politologo Adrian Vatter, intervistato dalla Radiotelevisione della Svizzera tedesca, Guy Parmelin ricorda più i «vecchi» democratici di centro degli anni 1980 che i rappresentanti attuali del partito. Anche se l’UDC vodese ha sterzato a destra come tutto il partito nazionale, è rimasta più vicina al centro che le altre sezioni romande.

Guy Parmelin in breve

Guy Parmelin è nato il 9 novembre 1959. È originario di Bursins, nel canton Vaud. Dopo aver frequentano il liceo a Losanna, ha seguito un apprendistato di agricoltore nel canton Friburgo, diplomandosi nel 1979.

Nel 1993 ha fatto il suo ingresso in politica, nel legislativo del comune di Bursins. L’anno successivo è stato eletto anche nel parlamento vodese, dove è rimasto fino al 2003. Tra il 1994 e il 2003 ha presieduto la sezione cantonale dell’UDC.

Nel 2003 è eletto per in Consiglio nazionale e riconfermato nel 2007 e nel 2011. Nel 2007 e nel 2011 tenta anche la scalata al Consiglio degli Stati (camera alta), senza successo.

Il 9 dicembre 2015 è eletto in Consiglio federale.

Nel 1992 – quando era ancora «giovane e innocente», come ha dichiarato alla Tribune de Genève – aveva votato sì allo Spazio economico europeo, contrariamente al suo partito, all’origine della campagna referendaria. Vent’anni dopo, ha invece fatto parte del comitato dell’iniziativa «contro l’immigrazione di massa», la cui applicazione si sta rivelando un rompicapo per il governo svizzero.

Un centrismo tutto relativo, insomma, quello di Parmelin. Durante la campagna ha del resto promesso che difenderà con fermezza la linea del suo partito in Consiglio federale, rispettando comunque la collegialità.

Il vodese ha ammesso di aver cambiato posizione in materia di politica sociale da quando è a Berna. «Sono diventato più duro o più realista», ha spiegato recentemente. «I fatti mostrano che se si continuano a sviluppare le prestazioni sociali, senza nessuna priorità, si sbatte contro il muro». «Seguo al 95% il programma del mio partito, con qualche sfumatura su oggetti di società come l’interruzione di gravidanza o la diagnosi pre-impianto, temi per i quali ho votato sì».

Affabile, ma…

Poco a suo agio con le lingue – durante la campagna ha suscitato l’ilarità nazionale pronunciando una mezza frase in inglese – Parmelin è però riuscito a farsi apprezzare dai colleghi delle quattro regioni linguistiche con la sua bonomia.

«Amichevole, modesto, accessibile: sono queste le qualità di Guy Parmelin», osserva il Blick. «Sono però anche i suoi punti deboli. Nessuno si aspetta un grande dinamismo dal nuovo consigliere federale dell’UDC, anche se il suo partito ha più volte affermato che bisogna scuotere il governo», prosegue il giornale svizzero tedesco.

«Oggi l’Assemblea federale non ha sicuramente eletto il candidato più qualificato per la successione di Eveline Widmer-Schlumpf», rincara dal canto suo il Tages-Anzeiger. Dal punto di vista dell’UDC, la candidatura di Parmelin serviva soprattutto per aumentare il capitale di simpatia e allargare la base elettorale della destra conservatrice nella Svizzera francese. Per gli avversari dell’UDC, il calcolo era invece completamente diverso, analizza il quotidiano zurighese. L’elezione di Parmelin, meno brillante rispetto ad Aeschi (diplomato ad Harvard), rischia di compromettere l’ascesa elettorale dell’UDC più di quanto avrebbe fatto l’elezione di un candidato «a sorpresa».

«La competenza e le capacità intellettuali sono ancora una volta passate in secondo piano», si rammarica Le Temps. «Il nuovo consigliere federale ha però davanti a sé un compito molto difficile che lo aspetta. Tutto fa pensare che per la Svizzera i quattro prossimi anni saranno ancor più difficili della legislatura che si conclude».

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