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Elezione: sette portate con contorno

Le schede azzurro cielo tra le mani degli scrutinatori: 116 per Blocher e 116 per Metzler Keystone

Malgrado i timori della vigilia, l’elezione del Consiglio federale è scivolata via liscia come l’olio. Fiori, sorrisi e lacrime d’amarezza: gli ingredienti di rito c’erano tutti, ma conditi di compostezza.

Sobrio anche lo spettacolo nello spettacolo offerto dai giornalisti e il rinfresco allestito dai cantoni dei nuovi eletti.

È ancora buio quando i primi parlamentari cominciano ad arrivare a palazzo federale. Entrano così, alla spicciolata, salutando cortesemente la signora che apre loro la porta. Sorridono. Hans-Rudolf Merz, che qualche ora più tardi festeggerà la sua elezione, ha il volto radioso di un bambino che si appresta ad aprire i regali di natale.

Si respirano sorrisi e aria di festa. Qualcuno al bar del parlamento brinda con un succo di frutta, chissà a cosa. Dov’è la tensione che ha tenuto campo durante le ultime settimane? Nei corridoi di palazzo sfilano giornalisti e parlamentari col vestito buono. La cravatta sembra ancora d’obbligo, non così la gonna per le donne, che preferiscono giacca e pantaloni, meglio se gessati.

Tra spille, diritti umani e (poche) donne in politica

Sui baveri delle giacche, ma non di tutte, è appuntata una spilla bianca. Ricorda che il dieci dicembre non è solo la data destinata quest’anno all’elezione del Consiglio federale, ma anche la giornata mondiale dei diritti umani. Un’altra spilla, gialla questa volta, dice no all’entrata in governo dello «xenofobo» Blocher. Per quelli che la portano non sarà una bella giornata.

Come non sarà una bella giornata per la giovane portavoce del Partito popolare democratico che sfoggia una borsetta con la scritta «Le donne del PPD vanno dritte al punto». Il punto è stato la destituzione di Ruth Metzler ed è un punto dolente per tutte le donne svizzere, tanto dolente che a giochi fatti, più di una parlamentare ha gli occhi lucidi. «Fa male», dirà tra le lacrime la friburghese Thérèse Meyer (PPD).

Al suono della campanella

Poi finalmente alle otto si comincia: i parlamentari nella sala del Consiglio nazionale, i parenti sulle tribune, giornalisti e tecnici nella Sala dei passi perduti e nei corridoi. A tutte le porte uomini della sicurezza: anche nella tranquilla Svizzera si è pensato bene d’intensificare i controlli per evitare spiacevoli incidenti.

Mentre il dimissionario Villiger pronuncia in romancio una parte del suo discorso d’addio, un sorriso aleggia sul volto dei presenti. Sembra proprio che la quarta lingua nazionale abbia ancora un fascino esotico irresistibile. Ma per la verità, pochi prestano davvero attenzione a quanto va dicendo Villiger: lui è già passato e si vuole conoscere il futuro.

Le operazioni di voto partono al suono della campanella di Max Binder («Avrà un toupet?», chiede qualcuno, ma no, i capelli del presidente dell’Assemblea federale sono autentici). Una cascata di schede rosa plebiscita Moritz Leuenberger. Poi è la volta del giallo riservato a Couchepin. Passa anche lui al primo turno. «Vogliono arrivare rapidamente al sodo», commenta qualcuno. E si accende un’altra sigaretta.

Nella Sala dei passi perduti, dove è riunita la maggioranza dei giornalisti e dove si recano i parlamentari durante le pause, si può fumare. E si fuma di tutto. Anche uno spinello. Sembra proprio che l’aria, non la tensione, si possa tagliare con un coltello.

Il sorriso di Blocher

Servono tre turni per decretare che Christoph Blocher prenderà il posto di Ruth Metzler. Mentre la ministra PPD affonda, il tribuno zurighese passa da un sorriso timido ad un sorriso aperto. Ha i denti un po’ gialli, ma è l’immagine della felicità. In tribuna sua moglie si commuove. La scheda di voto che gli ha portato fortuna è verde, anche se di una tonalità più tenue rispetto al classico verde del suo partito.

Mentre Christoph Blocher ringrazia, i deputati del centrosinistra sfogano la delusione inviando messaggi col cellulare. Blocher spiega che in questo momento economico difficile vuole rinunciare ad una festa ufficiale e prega il suo cantone di spendere i soldi in altro modo. Applauso in sala, ma fuori molti scuotono la testa ridendo. Non è così che si rimetteranno in sesto le finanze del paese. O forse sì. Chissà.

Ruth Metzler dice dignitosamente addio al governo e il parlamento, dopo averla pugnalata, la saluta con una standing ovation. Il presidente dell’Assemblea augura a lei e al marito un felice futuro insieme. Già, il posto di una donna è a casa con suo marito. Strano che nessuno si sia accomiatato da Villiger facendo gli auguri a sua moglie.

Le elezioni di Joseph Deiss e Micheline Calmy-Rey si svolgono senza intoppi. Al settimo ed ultimo turno Hans-Rudolf Merz raggiunge al secondo tentativo la maggioranza assoluta. È mezzogiorno e mezzo e i giochi sono fatti. Il nuovo Consiglio federale – o sarebbe meglio dire vecchio, visto che i suoi componenti hanno tutti più o meno 60 anni – presta giuramento.

Saltano all’occhio Samuel Schmid, che da buon ministro della difesa alza il braccio in modo deciso e marziale, e Micheline Calmy Rey, unica donna rimasta e unico membro del Consiglio federale a preferire la formula della promessa a quella del giuramento. La ministra degli esteri socialista lascia timidamente il braccino a metà strada, forse presaga delle lotte che l’attendono in un governo che ha virato decisamente a destra.

Fiori, banchetti e digestivo

Ad elezione avvenuta i fotografi si lanciano su Blocher come piccioni sul grano. Lo zurighese scende lo scalone di palazzo federale con le braccia piene di fiori. Accanto a lui, la moglie, sommersa dai mazzi di rose.

A pian terreno sono stati allestiti due banchetti in onore dei nuovi Consiglieri federali. Dopo giorni d’incertezza, dagli armadi sono infine usciti i costumi tipici dei cantoni di Zurigo e Appenzello esterno.

Per festeggiare l’elezione di Merz, gli appenzellesi offrono anche il loro tipico amaro. Qualche parlamentare PPD lo prova, forse nella speranza di digerire una giornata da dimenticare.

swissinfo, Doris Lucini

Mentre all’interno di Palazzo federale si festeggia, fuori un gruppo di dimostranti grida il suo disappunto nei confronti di un Consiglio federale vecchio e di destra.

Tre ragazzi aspettano Blocher con un cartone di uova ed un cartello scritto alla buona: «Dolore, dolore, dolore, non bastava Blocher, ci voleva anche Merz».

Ma la loro protesta non raggiunge la gente che si muove incurante tra le bancarelle del mercatino di natale.

La politica oggi sembra essere rimasta tra le mura di Palazzo e la palla al popolo ritornerà solo alla fine della legislatura. Non resta che sperare che il nuovo Consiglio federale faccia il suo dovere e che, come ha detto Christoph Blocher, «con l’aiuto di Dio lo faccia bene».

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