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L’OMS vuole più soldi per far fronte alle crisi sanitarie

Una squadra della Croce Rossa a Monrovia, nel 2014. A inizio maggio, la Liberia è ufficialmente uscita dal rischio di epidemia Ebola. Keystone

L’Assemblea mondiale della sanità, in programma a Ginevra, affronta per la prima volta apertamente le carenze dell’OMS nella gestione dell’epidemia Ebola in Africa occidentale. Per migliorare la sua risposta a questo tipo di crisi, l’organizzazione invita gli Stati membri, tra cui la Svizzera, a fare di più.

Gli Stati hanno un atteggiamento paradossale di fronte all’Organizzazione mondiale della sanitàCollegamento esterno (OMS). Se da un lato chiedono un maggiore impegno dell’organizzazione di fronte ad epidemie come quella dell’Ebola – un virus che ha contagiato oltre 26mila persone e ne ha uccise 11mila  in Africa occidentale -, negli ultimi anni si sono sempre rifiutati di aumentare il loro contributo al budget ordinario, privilegiando dei finanziamenti volontari a scopi specifici.

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«Il pianeta non è pronto a fronteggiare questo tipo di epidemie»

Questo contenuto è stato pubblicato al L’associazione umanitaria Medici senza FrontiereCollegamento esterno (MSF), con sede a Ginevra, è in prima linea nella lotta alla diffusione dell’Ebola. Con oltre 10’000 morti, quella decretata il 23 marzo 2014 è la peggiore epidemia di Ebola dalla scoperta del virus negli anni Settanta. swissinfo.ch: Non si sente quasi più parlare di Ebola, perlomeno sulle prime…

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Patrick Durisch, dell’ONG svizzera Dichiarazione di BernaCollegamento esterno, analizza questa contraddizione: «Dopo la crisi finanziaria che ha attraversato l’OMS nel 2010 è stato lanciato un progetto di riforma. I paesi occidentali sostenevano che non bisognasse cambiare gli statuti dell’OMS, ma limitare il suo mandato a ciò che sa fare meglio, vale a dire prescrivere delle norme senza intervenire sul campo. L’idea era di lasciare spazio ad attori più efficaci, come le ONG o le fondazioni private. Oggi, invece, si aspettano che l’OMS reagisca di fronte alle emergenze sanitarie internazionali, come Ebola. Si vuole dunque un’OMS forte, senza però darle gli strumenti di cui ha bisogno e lasciando che siano gli Stati a definire l’insieme delle priorità nazionali».

Secondo l’ambasciatrice Tania Dussey-Cavassini, vice-direttrice dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) e membro della delegazione elvetica all’Assemblea mondiale della sanitàCollegamento esterno (AMS), è probabile che gli Stati attualmente riuniti a Ginevra si mettano d’accordo su un aumento del limite di spesa dell’OMS. «C’è una volontà da parte degli Stati di riconoscere importanza dell’OMS e di fare in modo che sia in grado di gestire una crisi come Ebola».

La direttrice generale dell’OMS, Margaret Chan, propone un budget in crescita del 10% per il periodo 2016-2017, pari a 4,4 miliardi di dollari (4,1 miliardi di franchi svizzeri). Di questi, circa 236 milioni serviranno a rafforzare la capacità di preparazione, sorveglianza e risposta dell’agenzia dell’ONU in caso di emergenza sanitaria.

Riforme in vista

Prima, però, gli Stati membri dovranno trovare un accordo su una riforma dell’istituzione. Un tema che sarà dibattuto in seno all’Assemblea mondiale della sanità, in programma fino a fine maggio.

Un rapporto preliminare, realizzato da un gruppo di esperti su mandato dell’OMS, ha già evidenziato alcuni problemi ed emesso una serie di raccomandazioni.

Principale critica: la lentezza con la quale l’agenzia dell’ONU reagisce di fronte a situazioni di emergenza. «L’epidemia di Ebola, scoppiata a fine 2013, è la più importante e la più complessa mai osservata per questo virus (…). Il gruppo di esperti non è ancora riuscito a determinare come mai gli avvertimenti lanciati tra maggio e luglio del 2014 non hanno portato a un’azione efficace e appropriata (…). È per lo più ammesso che l’OMS non ha né i mezzi né una cultura sufficientemente solidi per far fronte a queste situazioni d’urgenza. Inoltre, per quanto riguarda questa situazione particolare, l’OMS ha atteso fino ad agosto 2014 per cercare il sostengo delle altre agenzie delle Nazioni Unite e di altri attori umanitari».

Il peso dell’urbanizzazione

Per l’ambasciatrice Tania Dussey-Cavassini, questa lacuna è legata soprattutto al recente aumento delle crisi sanitarie. «Negli ultimi 15 anni, le questioni sanitarie internazionali (SARS, influenza aviaria) hanno raggiunto un livello sempre più grande». E ciò sullo sfondo di un’urbanizzazione crescente, con sistemi di salute a lungo trascurati dai grandi attori dello sviluppo come la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale.

«Non siamo riusciti a contenere l’epidemia perché presentava caratteristiche nuove rispetto a quelle precedenti, ad esempio il suo sviluppo in un contesto urbano. Quarant’anni fa, Ebola colpiva le comunità rurali isolate», rileva Tania Dussey-Cavassini. Per poi aggiungere: «I problemi di salute non possono più essere affrontati solo da un punto di vista sanitario. È necessario includere le politiche settoriali che influenzano la sfera sanitaria, come l’accesso all’acqua potabile. È questo il problema. Tutti gli Stati dovrebbero capire che bisogna agire anche sui fattori che hanno un impatto sulla salute e non preoccuparsi unicamente dell’accesso e della qualità delle cure».

Il ruolo del settore privato

Di fronte alla mancanza cronica di mezzi dell’OMS, gli attori privati svolgono un ruolo sempre più importante, come la Bill & Melinda Gates FoundationCollegamento esterno creata nel 2000. Negli ultimi anni, la fondazione del padre della Microsoft è stata il primo o il secondo contributore dell’OMS, dietro gli Stati Uniti.

Tania Dussey-Cavassini giudica l’evoluzione positiva. «È la realtà del nostro mondo. Gli attori non statali si sono trasformati in grandi potenze. Le ONG e le fondazioni sono riuscite a riorientare alcune politiche internazionali nel campo della salute. Con un obiettivo chiaro, una volontà ferrea e mezzi straordinari, la fondazione Gates ha ottenuto risultati degni di nota, ad esempio nella lotta contro l’AIDS in India. Tanto meglio se l’innovazione proviene da persone che la pensano in modo diverso e se queste appartengono al settore privato. È il risultato che conta. Ma evidentemente non possiamo lasciare che sia la fondazione Gates a decidere il bello e il cattivo tempo».

Anche Patrick Durisch insiste su questo punto: «Il fatto che una persona che non è stata eletta sia in grado di mettere sul tavolo grosse somme di denaro ha forzatamente un impatto importante sulle scelte dell’agenzia. Ma quali sono i criteri di assegnazione delle risorse? Sta all’OMS decidere, non certo a Bill Gates».

Questo tema sarà affrontato in seno all’assemblea. L’obiettivo è infatti quello di adottare delle linee direttrici per tutti gli attori non statali che collaborano con l’organizzazione, dalle ONG al settore privato.

«Definire in modo chiaro i rapporti tra l’OMS e i diversi attori coinvolti, i cui interessi sono divergenti, sarà già un primo passo importante. Ma siamo ancora lontani», afferma Patrick Durisch.

La 68esima Assemblea mondiale della sanità (AMS) vedrà riuniti a Ginevra, fino al 26 maggio, circa 3’000 delegati provenienti da 180 paesi.

In apertura dell’assemblea, la direttrice generale dell’OMS Margaret Chan, ha annunciato la creazione di un nuovo programma per rispondere alle emergenze sanitarie «in modo rapido, flessibile ed efficace». Per la sua implementazione, ha proposto un fondo di 100 milioni di dollari.

Da parte sua, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha sottolineato la necessità di riformare l’OMS, criticando la coesistenza di 150 uffici nazionali e 6 uffici regionali, oltre al quartier generale a Ginevra.

Il ministro svizzero degli interni Alain Berset ha invece ricordato le sfide globali in campo sanitario: «L’epidemia di Ebola in Africa occidentale ci ha segnati profondamente. Epidemie, conflitti armati, crisi economica, cambiamenti climatici: queste ed altre sfide spingono i nostri sistemi sanitari al limite e mettono alla prova la loro capacità di resistenza». L’OMS, ha poi detto Berset, «dovrebbe poter assumere pienamente il suo ruolo in caso di epidemie, emergenze umanitarie e, più in generale, per quanto riguarda la sicurezza sanitaria mondiale».

Traduzione dal francese, Stefania Summermatter

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