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Quando la nazionalità dei criminali fa discutere

La polizia deve comunicare la nazionalità dei presunti criminali arrestati? Secondo la polizia comunale di Zurigo no. La decisione di non più divulgare ai media, e dunque alla popolazione, la cittadinanza dei presunti delinquenti ha suscitato vive reazioni, a favore ma soprattutto contro.

La nuova prassi è stata annunciata ai rappresentanti dei media dal municipale Richard Wolff (Lista alternativa). Il responsabile del dicastero sicurezza della città di Zurigo ha citato ad esempio due note stampa diffuse nelle ultime settimane dalla polizia cittadina: una si riferiva a due marocchini di 17 anni che hanno rubato orologi e l’altra a un albanese di 22 anni che ha spacciato stupefacenti. 

Secondo il municipale della sinistra alternativa, citare la nazionalità di queste persone serve soltanto a creare una “presunta trasparenza”. È come dire che la nazionalità permette di spiegare un reato. Dello stesso parere l’ex magistrato ticinese, ora deputato al parlamento cantonale Jacques Ducry, che nella nostra intervista video aggiunge inoltre che si tratta di un atto discriminatorio. Per lui è giusto dunque non pubblicare la nazionalità dei presunti criminali fermati.

Cambiamento voluto dalla sinistra

Il cambiamento di modalità è stato deciso sulla base di un postulato presentato due anni fa dalle forze di sinistra che il parlamento cittadino ha sostenuto con 72 voti favorevoli e 46 contrari.

La polizia zurigheseCollegamento esterno fornirà anche in futuro informazioni sulla nazionalità delle persone ritenute responsabili di reati soltanto ma unicamente su espressa richiesta dei giornalisti. In simili casi si dovrà valutare se la nazionalità di un sospettato sia rilevante per il resoconto giornalistico.

Sull’onda della decisione zurighese, i Verdi del canton GinevraCollegamento esterno chiedono al parlamento cantonale, con una mozione, la stessa prassi: non citare più la nazionalità delle persone fermate se non i casi eccezionali.


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Effetto boomerang

La nuova strategia rischia di avere un effetto boomerang: ne è convinto anche l’ex ufficiale della polizia cantonale ticinese e oggi deputato nel parlamento ticinese Giorgio Galusero che aggiunge che la cittadinanza è un dato oggettivo come l’età e il sesso.

Secondo Richard Wolff menzionare il passaporto “è discriminante, perché suggerisce che l’atto sia spiegabile con la nazionalità dell’autore”. Inoltre, come aggiunge Jacques Ducry, va anche considerato il tipo di reato. Per reati gravi, l’opinione pubblica deve essere informata anche sulla cittadinanza del presunto criminale, ma considerato che i reati sono spessi minori, non c’è nessuna necessità. 

Per Giorgio Galusero però, la nuova politica della polizia zurighese rischia di rafforzare modelli di pensiero razzisti. Ad esempio se in un comunicato stampa della polizia si affermerà che un ‘uomo’ è stato sorpreso a spacciare droga, molte persone semplicemente aggiungeranno la parte mancante. L’effetto può essere quindi controproducente.

Manca una norma a livello federale

Le forze dell’ordine della città di Zurigo sono il primo corpo di polizia in Svizzera che rinuncia a indicare la nazionalità degli indagati nei suoi comunicati. Tutti gli altri lo fanno: nei cantoni di San Gallo e di Soletta le autorità sono addirittura obbligate a farlo. Per i nostri due interlocutori c’è la necessità di trovare a livello federale una norma che stabilisca per tutti la stessa prassi.

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