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«Ci sono ancora troppi pregiudizi»

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Quando si è trasferita nella Val-de-Travers, 30 anni fa, Gaudentia Persoz non pensava che la "fata verde" l'avrebbe stregata. Oggi è l'unica donna in Svizzera a distillare l'assenzio. Legalmente, dopo anni di clandestinità.

La notte invernale ha cosparso la foresta di cristalli di brina. Alle prime luci dell’alba, i rami disegnano grandi arabeschi di pizzo bianco su ambo i lati della strada. Una leggera coltre di nebbia permane in fondo alla valle, nascondendo alla vista l’impressionante Creux du Van, principale meta turistica della Val-de-Travers. Ma anche senza questo anfiteatro roccioso, lo spettacolo è fiabesco. E glaciale. La valle attigua è la Brévine, con le sue temperature da primato che le hanno valso il soprannome di “Siberia della Svizzera”.

Questa bellezza rude e selvaggia non ha sedotto Gaudentia Persoz dal primo istante. Nata nel 1967 tra i laghi di Zurigo e di Walenstadt, è cresciuta in mezzo a una natura più ridente. «Da laggiù si ha una vista magnifica sulle Alpi e la pianura. Abbiamo tutto: le montagne, i laghi, le praterie che fioriscono a primavera… mentre qui la vista è limitata, la primavera corta e siamo circondati soprattutto da abeti».

Quando sbarca ai piedi di questa valle, Gaudentia Persoz ha 16 anni e non immagina nemmeno per un secondo che sta per firmare un contratto “a vita” con la Val-de-Travers. «I miei genitori hanno un ristorante. Io volevo seguire la scuola alberghiera, ma per farlo dovevo prima di tutto imparare il francese. Per questo mi sono trasferita nel canton Neuchâtel».

Trent’anni più tardi, Gaudentia Persoz ha mantenuto un leggero accento che tradisce le sue origini. Ma ha ormai messo radici in questa regione che le ha fatto scoprire «la vita, l’amore… e l’assenzio».

La bevanda vietata

L’assenzio, la fata verde, musa dei poeti o elisir diabolico… Per tutto il 19esimo secolo, è stata la bevanda alcolica più in voga nella Svizzera francese e nella vicina Francia. Poi all’inizio del 20esimo secolo soccombe agli attacchi congiunti delle leghe antialcoliche e dei produttori di vino, che riescono ad imporre un divieto. In causa c’è il tujone, la molecola della «follia», principio attivo della pianta d’assenzio, presunta responsabile di vertigini, allucinazioni e comportamenti violenti.

Mentre in Francia i distillatori inventano ogni sorta di surrogati, tra cui il famoso Pastis, sul versante svizzero della catena del Giura si continua a bere l’assenzio sottobanco.

Fin dal suo arrivo, la giovane Gaudentia si accorge che nella Val-de-Travers accadono cose strane. «Lavoravo come ragazza alla pari in un ristorante-macelleria di Verrières, un villaggio alla frontiera con la Francia. Vedevo alcuni clienti nascondersi nella saletta dietro la cucina, con una bottiglia in mano. C’era un non so ché di misterioso, ma chiaramente nessuno voleva parlare d’assenzio a una ragazzina di appena 16 anni. Era vietato ed io ero ancora minorenne. Dunque doveva restare un segreto».

Ci vorrà un anno prima che Gaudentia sia messa al corrente. Una novità che accoglie con allegria. «Ai giovani piace fare cose proibite e il fatto di essere iniziata a questa attività significava anche essere accettata».

L’alambicco in cantina

Qualche anno più tardi, dopo essersi installata a Couvet e sposata con Jean-Michel, Gaudentia inizia ad accarezzare l’idea di distillare lei stessa l’assenzio. Si dà il caso che Couvet sia considerato il luogo di nascita dell’assenzio e che Lucie Persoz, la nonna di suo marito, sia una produttrice “pentita”.

Colta sul fatto durante una grande retata alla fine degli anni Sessanta, Lucie Persoz non è proprio felice all’idea che la sua famiglia corra nuovamente un rischio simile.

«Mio marito alla base è lattoniere e fabbricare un alambicco per lui non era di certo un problema. Ma ci mancava la ricetta. Abbiamo insistito molto con Lucie e alla fine ha ceduto. Ci ha dato la sua formula e il suo savoir-faire», ricorda Gaudentia.

La coppia inizia a piccoli passi, più per passione che per avidità. La produzione resta limitata e l’alambicco nascosto in cantina. Si lavora soprattutto di notte, per paura che gli odori insospettiscano i vicini, e si vende solo alle persone di fiducia e alla famiglia. Il pericolo è più reale che mai. Impiegato presso l’amministrazione cantonale, Jean-Michel rischia infatti il posto di lavoro.

«Abbiamo avuto fortuna, ammette Gaudentia. Non dimenticherò mai l’incursione della polizia dai nostri vicini. Stavo preparando il pranzo in cucina. Verso le 11, vedo un’automobile della polizia che si ferma davanti a casa, poi una seconda, poi una terza e una quarta. Ho iniziato a tremare prima di capire che non erano lì per noi. Era tre mesi prima del cambiamento di legge. Tutti sapevano che l’assenzio sarebbe stato legalizzato, ma i nostri vicini hanno comunque preso una multa di 60’000 franchi. Si dice in giro che sono stati denunciati e che la polizia non aveva altra scelta».

Un successo planetario

Il 1° marzo 2005, dopo quasi 96 anni di proibizionismo, l’assenzio torna ad essere legale in Svizzera. I clandestini escono allo scoperto e si rendono conto che il loro segreto era ben custodito. «Molte persone nel villaggio erano stupite nell’apprendere che distillavamo clandestinamente».

Gaudentia decide allora di abbandonare la sua attività di massaggiatrice per consacrarsi interamente all’assenzio. «Noi sapevamo solo distillare. Il resto lo abbiamo dovuto imparare: trovare le bottiglie e i tappi di sughero – perché prima riempivamo ciò che trovavamo -, fare le etichette, creare una marca, sviluppare una rete di vendita, senza dimenticare tutta la burocrazia… ma questo lo lascio a mio marito e alla fiduciaria».

In pochi anni la piccola impresa cresce e amplia la sua gamma di prodotti. Senza dimenticare i bicchieri, cucchiai e fontane ad acqua che fanno parte del rituale di degustazione. La maggior parte della produzione viene esportata, nel mondo intero. Fuori dall’Europa, il nettare è venduto con il nome di “Green Velvet” (velluto verde), in una bottiglia che ricorda più la vodka che l’assenzio. Una scelta che risponde ai gusti locali e alle leggi di marketing.

Consumare con moderazione

L’assenzio di oggi ha perso la magia di un tempo, come Gaudentia e altri produttori si sono sentiti ripetere dal giorno della legalizzazione? «Ha senza dubbio perso quel gusto di proibito. Ma ha guadagnato in qualità. Ad esempio prima non osavamo coltivare le piante in giardino e spesso le importavamo dalla Polonia. Oggi invece lavoriamo con quattro agricoltori della Val-de-Travers».

E la molecola tujone? «Con la legalizzazione, la Regia federale degli alcool ha esaminato un campione prelevato da tutti i produttori per misurare il livello di tujone. Nessun ex clandestino, ripeto nessuno, era sopra il tasso autorizzato».

Secondo i calcoli di un medico francese, bisognerebbe bere 60 bicchieri di assenzio perché la molecola abbia effetti neurotossici. «Provate a bere 60 bicchieri di qualsiasi alcool… Non andrà certo meglio. Cerco sempre di spiegarlo a chi viene a visitare la distilleria, perché ci sono ancora troppi pregiudizi e false verità», fa notare Gaudentia.

(Traduzione dal francese di Stefania Summermatter)

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