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C’è molta dinamica nella politica svizzera

uomo con un orangotango
Tutti, primati compresi, dovrebbero avere gli stessi diritti fondamentali. Immagine di archivio scattata nel 1974 allo zoo di Zurigo. Keystone

L’iniziativa popolare ha dominato incontrastata la scena politica svizzera degli ultimi anni. Come mai si sono calmate le acque fra chi ne invocava la riforma e perché sono invece aumentate le discussioni sulla sua attuazione? Politologi ed esperti di democrazia hanno cercato di dare delle risposte, sintetizzate nel nuovo Annuario della democrazia diretta.

Questo articolo fa parte di #DearDemocracy, la piattaforma di swissinfo.ch sulla democrazia diretta.

Gli attivisti del think tank Sentience PoliticsCollegamento esterno lo affermano senza mezzi termini: in definitiva il loro scopo principale non è perseguire l’obiettivo fissato nel testo della loro iniziativa, ossia riconoscere anche per le scimmie gli stessi diritti fondamentali di cui godiamo noi esseri umani. In effetti, gli attivisti che nel 2017 hanno depositato nel Canton Basilea-Città l’iniziativa ‘Diritti fondamentali per i primatiCollegamento esterno puntano molto più in alto.

Sul loro sito web i promotori dichiarano infatti che questi diritti non vanno estesi soltanto alle scimmie, bensì pure ai maiali, alle mucche e alle galline. In sostanza, l’appello vuol essere un primo, cauto passo verso il riconoscimento globale dei diritti fondamentali degli animali – e verso un’alimentazione vegana per tutti gli esseri umani.

Sentience Politics definisce l’iniziativa cantonale come un “piede nella porta”, l’anticamera di un disegno molto più ambizioso. Un piede che però il parlamento cantonale aveva inizialmente spinto fuori, dichiarando l’iniziativa inammissibile in quanto contraria al diritto federale in vigore.  Ad inizio anno il Tribunale costituzionale cantonale ha invece accolto un ricorso inoltrato contro tale decisione.

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Un bocconcino alla volta, poi il boccone indigesto

Si tratta di un primo tentativo, con l’unico scopo di “inserire un piede nella porta”: una formulazione ripresa anche da Suzann-Viola Renninger nel suo articolo, pubblicato nell’ultima edizione dell’Annuario della democrazia diretta (vedi riquadro).

In questo modo di dire l’autrice individua infatti una funzione inedita dell’iniziativa popolare. La tecnica è presa in prestito dal settore pubblicitario e del marketing ed è nota come “manipolazione basata sull’aumento graduale della richiesta per ottenere qualcosa”. 

La prima “richiesta”, vale a dire l’iniziativa popolare con i suoi obiettivi politici, nel nostro caso sarebbero i diritti fondamentali per i primati, un bocconcino che in sostanza avrebbe ancora buone probabilità di essere ingoiato dagli aventi diritto di voto.

Ma poi alla fine ci troveremmo di fronte la “richiesta” o rivendicazione politica di ancorare nella Costituzione l’obbligo al veganismo, senza dubbio un boccone di ben altre proporzioni e molto più difficile da digerire.

Dare voce alle minoranze

La “funzione del piede nella porta” si sposa bene con le altre funzioni del diritto svizzero d’iniziativa. Secondo il politologo Wolf LinderCollegamento esterno, già professore all’Università di Berna, sono tre, tutte volte a promuovere i diritti delle minoranze:

● la funzione di valvola di sfogo, secondo cui l’iniziativa ha lo scopo di contrastare l’élite dominante;

● la funzione di catalizzatore, con cui si arricchisce l’agenda politica con tematiche per le quali in effetti i tempi non sono ancora maturi;

● la funzione di bilanciere, utile quando i contenuti – già oggetto di discussione all’interno di determinati ambienti – devono raggiungere l’opinione pubblica. 

Diminuito il battage preelettorale

Durante l’ultimo decennio ha preso forma anche un’altra caratteristica dell’iniziativa popolare: la funzione di grancassa preelettorale a favore dei partiti, che alla vigilia di importanti appuntamenti alle urne ricorrono a questo strumento per lanciare un tema di grande impatto, capace di conquistare i favori dell’elettorato.

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Nel contributo firmato da Axel Tschentscher, Andreas Gutmann e Lars Ruchti gli autori mostrano che in tempi recenti la cosiddetta marea di iniziative si è piuttosto ritirata, togliendo acqua al mulino di chi ne auspicava la riforma.

Il dibattito era infatti stato lanciato da chi temeva l’esautorazione dello Stato, letteralmente sommerso dall’ondata di iniziative.

Queste preoccupazioni avevano spinto a chiedere un innalzamento dei criteri necessari per l’inoltro di un’iniziativa popolare, che al momento prevedono la raccolta di 100’000 firme valide sull’arco di 18 mesi.  

Secondo gli autori, a calmare le acque ha contribuito anche una recente ricerca secondo cui negli ultimi 40 anni circa l’iniziativa popolare sarebbe stata utilizzata da tutti i partiti principalmente per scuotere l’elettorato.

Comunque sia, malgrado questa conversione a “macchina elettorale”, stando agli autori il diritto del popolo avrebbe conservato la sua funzione originaria di “valvola di sfogo per le minoranze”.

In conclusione, si può dunque affermare che la funzione di valvola di sfogo equivale all’incirca a quella di mobilizzazione delle masse.

L’Annuario della democrazia diretta

L’edizione 2017Collegamento esterno è la settima della collana. La pubblicazione è stata curata per la prima volta da una studiosa svizzera, Nadja Braun Binder. La giurista svolgerà la propria attività fino a quest’estate al Centro per la democrazia di AarauCollegamento esterno, dopodiché lavorerà come professore assistente all’Università di Basilea.

Oltre ai contributi sulla specificità svizzera presentati in queste pagine, l’Annuario della democrazia diretta comprende anche articoli sulla realtà internazionale, ad esempio il referendum secessionista in Catalogna, Spagna, le conquiste della democrazia diretta in America Latina, l’accostamento tra partecipazione dei cittadini e democrazia diretta nel Baden-Württemberg e i rapporti nazionali di Germania e Austria.

La “marea di iniziative”? Un finto spauracchio

Le cifre riportate nell’Annuario confermano inoltre chiaramente che il temuto e incontrollato aumento delle iniziative non trova alcun riscontro nella realtà: nel 2014, l’anno che ha preceduto le ultime elezioni parlamentari, sul piano federale erano state lanciate dodici iniziative popolari, la media esatta dei due anni preelettorali anteriori 2006 e 2010.

Per quanto riguarda gli anni elettorali stessi, i politologi registrano addirittura una forte flessione: nel 2015 le iniziative scese in campo sono state solo sei. Un drammatico crollo rispetto al 2011, con il suo incredibile record di 21 iniziative popolari. Nell’anno elettorale 2007 ne sono ancora state registrate perlomeno dodici.

Il 2016 e 2017 sono stati i classici anni di metà legislatura, che volgerà al termine il prossimo 20 ottobre con l’elezione dei nuovi membri del Consiglio nazionale (Camera del popolo) e Consiglio degli Stati (Camera dei Cantoni). Con una media di 8,5 iniziative lanciate, praticamente gli anni di mezzo corrispondono alla media di lungo termine.

Un gran fracasso sull’attuazione

Oltre alla discussione sulla riforma, che si sta ormai placando, gli autori delineano un altro megatrend: il gran fracasso sulle modalità di attuazione delle iniziative.

Un esempio su tutti è l’iniziativa per l’attuazione, respinta dal popolo nel febbraio 2016, con la quale la destra conservatrice dell’Unione democratica di centro (UDC) voleva sostituirsi al parlamento nell’attuazione sul piano giuridico della precedente iniziativa per l’espulsione degli stranieri che commettono reati, accettata alle urne.

Ha suscitato particolare clamore pure l’attuazione dell’iniziativa contro l’immigrazione di massaCollegamento esterno, anch’essa di matrice UDC. Mentre il parlamento svizzero lavorava alla sua attuazione è stata lanciata l’iniziativa popolare federale ‘Fuori dal vicolo cieco! Rinunciamo alla reintroduzione di contingenti d’immigrazione’.

In seguito, è poi stata ritirata, visto che i promotori hanno visto ampiamente concretizzate le loro rivendicazioni nella legge di attuazione dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa.

Soddisfazione negata invece all’UDC che ha così calcato il piede sull’acceleratore lanciando una seconda iniziativa: nell’autunno 2018 è infatti stata depositata l’iniziativa ‘Per un’immigrazione moderata (Iniziativa per la limitazione)’Collegamento esterno. Il popolo svizzero si esprimerà al riguardo verosimilmente nel 2020.

Popolarità inalterata malgrado le scarse probabilità di successo

Gli autori giungono alla seguente conclusione: l’iniziativa popolare rimane la dominatrice incontrastata tra gli strumenti di democrazia diretta in Svizzera. Solo nel mese di marzo 2019 quattro comitati hanno dato il via alla raccolta di firme per iniziative popolari federali, nella piena consapevolezza del fatto che le chance di successo sono alquanto limitate: statistiche alla mano, soltanto un’iniziativa su dieci viene accettata dal sovrano.

125 anni di iniziative popolari (TG del 5.7.2016)

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Traduzione dal tedesco di Lorena Mombelli

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