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Tossicomania, una malattia meno vergognosa

Siringhe sterili passano da una mano a un altra.
Siringhe sterili sono distribuite in un locale per iniettarsi la droga a Bienne. In Svizzera i programmi di distribuzione controllata di eroina sono iniziati nel 1994. Keystone / Stefan Meyer

Trent'anni dopo le scene aperte della droga in Svizzera, da quest'estate la giustizia elvetica considera "malate" le persone che soffrono di dipendenza. Ora possono rivolgersi all'assicurazione invalidità (AI).

“Che la roba uno la sniffi, fumi, mangi o se la ficchi su per il culo, il risultato è lo stesso: la tossicodipendenza. (….). Il drogato è qualcuno che ha un bisogno assoluto di droga”, scrisse Williams Burroughs nel 1959 nel romanzo “Pasto nudo”. L’autore americano aveva vissuto per una quindicina d’anni sotto l’influenza di eroina, morfina e altre droghe, assunte in varie forme. E in quegli anni di “malattia”, ossia di “tossicodipendenza, ho potuto constatare con esattezza come opera il virus della droga”, sottolineò nel romanzo.

In Svizzera, l’11 luglio il Tribunale federale, la Corte suprema del Paese, ha riconosciuto in una sentenzaCollegamento esterno che l’assoggettamento a sostanze stupefacenti rientra nella categoria delle malattie psichiche o mentali. In precedenza, la giurisprudenza era stata formale: le persone che soffrono di tossicodipendenza potevano ricevere una prestazione dell’AI solo se la loro dipendenza da un prodotto aveva portato a una malattia o se la dipendenza era il risultato di una malattia. La persona era considerata responsabile della propria salute e poteva seguire un programma di disintossicazione.

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Cambiamento di giurisprudenza

Nella sentenza, l’Alta Corte si è fondata sulle più recenti osservazioni mediche e ha quindi dato ragione a un meccanico zurighese di 44 anni, dipendente da benzodiazepine (ansiolitici) e oppioidi. L’uomo sperava già da sei anni che il suo caso fosse preso a carico dall’AI, ma la sua lotta si era scontrata con l’intransigenza dei tribunali di Zurigo. Questi erano partiti dal principio che ogni dipendenza può, in linea di massima, essere trattata con la disassuefazione. Eppure, secondo Dipendenze SvizzeraCollegamento esterno, l’assunzione quotidiana di benzodiazepine per 4-8 settimane “di solito porta alla dipendenza fisica” e il suo uso prolungato può “causare disturbi della memoria e cognitivi”. Argomenti apparentemente presi in considerazione dal Tribunale federale.

tavolini e sedie in un locale con una grande finestra.
I locali per iniettarsi la droga in buone condizioni igieniche, come questo a Losanna, permettono ai tossicodipendenti di ridurre il più possibile i rischi di infezioni. Keystone/cyril Zingaro

Nelle loro considerazioni, i giudici hanno riconosciuto in particolare che una persona affetta da dipendenza “deve mobilitare notevoli risorse per resistere al desiderio di consumare la sostanza, giorno dopo giorno”, alterando parzialmente o totalmente le sue capacità di lavorare. Quando l’uso di sostanze psicoattive porta a ripetuti inadempimenti sul posto di lavoro o quando l’uso di tali sostanze ha la priorità rispetto a qualsiasi altra attività, allora si tratta chiaramente di un assoggettamento psicologico.

Con questa nuova giurisprudenza, le persone dipendenti da droghe pesanti e oppiacei hanno ora il diritto di chiedere prestazioni dell’assicurazione invalidità, a condizione che la loro capacità lavorativa sia seriamente compromessa da disturbi mentali (depressione, schizofrenia). Esperti di reintegrazione professionale e medici analizzeranno i dossier che arriveranno sicuramente negli uffici AI. Secondo diverse stime, sulle circa 16’000 persone seguite in Svizzera da un centro ambulatoriale di trattamenti per le dipendenze, solo un decimo dovrebbe poter beneficiare di una rendita AI.

Iscritti d’ufficio negli anni ’90

“Venticinque anni fa, quasi tutte le persone che soffrivano di questo tipo di dipendenza beneficiavano già dell’assicurazione invalidità”, ricorda Barbara Broers, medico responsabile del reparto dipendenze degli Ospedali universitari di Ginevra (HUG). Sulla scia della politica dei quattro pilastri (prevenzione, terapia, riduzione dei rischi, repressione) instaurata in Svizzera all’inizio degli anni ’90, le considerazioni di emergenza sanitaria avevano prevalso per stroncare le scene aperte della droga di Zurigo e Berna.

persone che si drogano per strada.
Scena di ordinaria quotidianità nella zona della stazione ferroviaria in disuso del Letten a Zurigo nel 1994. Keystone / Martin Ruetschi

“Quella popolazione era considerata a rischio e spesso soffriva di malattie fisiche (HIV, epatite). Sarebbe stato indecente lasciarla abbandonata a sé stessa, ricorda Barbara Broers. L’AI aveva fornito delle prestazioni a quelle persone per permettere loro di pagare le bollette mensili, trovare un alloggio e nutrirsi. È possibile che all’epoca l’AI si sia anche spinta troppo lontano. Perché collocava quelle persone su un binario morto, senza speranza. Da allora, con le varie revisioni dell’assicurazione invalidità, sono state regolarmente imposte restrizioni”.

“I pazienti hanno lunghi percorsi. […] Occorre mettere insieme tutti i pezzi della loro pratica, per poterla esaminare bene” Barbara Broers, medico

Cause più profonde

L’ipotesi di Barbara Broers è che le ragioni per cui una persona diventa dipendente rimangono complesse. Questo nonostante tutti i nuovi sviluppi della medicina e, in particolare, le attuali possibilità di consultare un maggior numero di immagini dei recettori cerebrali.

“Il consumo di droghe può rispondere a cause più profonde: disturbi post-traumatici o sofferenze legate al malessere”. In base alla sua esperienza, prevede che a volte sarà difficile definire a quale livello di disturbi legati alle sostanze (substance-related disorders) debba essere concessa una rendita AI. “I pazienti hanno lunghi percorsi. A volte hanno fatto una ricaduta dopo la disassuefazione. Occorre mettere insieme tutti i pezzi della loro pratica, per poterla esaminare bene”, rileva Barbara Broers.

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“L’Ufficio AI si procurerà tutte le informazioni necessarie per conoscere lo stato di salute, la situazione professionale o i compiti solitamente svolti dalla persona che presenta la richiesta”, spiega Sabrina Gasser, portavoce dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (UFAS). Un collegio interdisciplinare di esperti in riabilitazione professionale e collocamento, nonché medici specialisti, compresi quelli dei servizi medici regionali, saranno coinvolti nell’esame dei dossier. La decisione finale sarà presa da questo collegio, che dovrà determinare le conseguenze della malattia sulla capacità di guadagno.

Fase di osservazione

Presso il Centro ambulatoriale per il trattamento delle dipendenze di Bienne (Suprax) si calcola che circa il 10% dei pazienti potrebbe rientrare tra coloro che hanno diritto a una rendita. Persone il cui stato di salute è diventato più fragile a causa della loro dipendenza. “L’AI del cantone di Berna ha già informato il Dipartimento degli affari sociali della città che le rendite non saranno accordate automaticamente a tutti i tossicodipendenti. Sarà necessario fornire la prova che la loro salute è deteriorata”, riassume Regula Hälg, direttrice di Suprax.

“In un primo tempo, osserveremo la situazione, poi sceglieremo diversi pazienti per sottoporre i loro incarti all’AI. Circa 200 persone beneficiano di questo programma a Bienne. Ogni giorno, ricevono le loro dosi di prodotti sostitutivi. Raramente lavorano al 100%: la maggior parte ha ridotto le occupazioni professionali o non ha più la capacità mentale o fisica di lavorare normalmente. Delle 208 persone sottoposte a trattamenti presso Suprax, “in futuro una ventina dovrebbe ricevere una rendita AI”, pronostica Regula Hälg.

Dignità umana

“Ricevere una rendita in futuro dovrebbe consentire loro di tornare a una vita più organizzata e anche di integrarsi meglio nella società”.
Ruth Dreifuss, ex ministra della sanità e della socialità

L’ex ministra della sanità e della socialità Ruth DreifussCollegamento esterno, in carica dal 1993 al 2002, si era recata di persona alla stazione ferroviaria in disuso del Letten a Zurigo, scena aperta della droga, per constatare la miseria in cui vivevano all’epoca gli eroinomani. Una zona senza legge dove si moriva di overdose, epatite e AIDS. La ministra socialista aveva ritenuto necessario che quelle persone fossero considerate “malate” e non parassiti o emarginati, e che la loro condizione fosse più una questione di programmi sanitari che di repressione: in primo luogo, una questione di dignità umana, aveva giudicato.

Il suo messaggio, che nel tempo non è cambiato di una virgola, è stato ascoltato la scorsa estate dalla Corte suprema svizzera. “I giudici federali hanno preso una decisione positiva e logica, tenendo conto degli ultimi elementi dei rapporti dell’Organizzazione mondiale della sanità”, osserva l’ex ministra, che è ancora attiva nella Commissione globale per le politiche in materia di drogaCollegamento esterno.

“Non si possono punire le cosiddette persone dipendenti. Con questa sentenza, è riconosciuto loro un diritto. Molte di loro attualmente sono a carico di servizi sociali. Ricevere una rendita in futuro dovrebbe consentire loro di tornare a una vita più organizzata e anche di integrarsi meglio nella società, permettendo loro di assumersi le proprie responsabilità”, conclude.

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(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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