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Dietro la moda, la rivista

"Interview" di Andy Warhol è stata la prima rivista alternativa di moda. BAA

In mostra l'evoluzione della moda, della società e dell'immagine della donna: dall'elitarismo della corte, al prêt-à-porter, per ritornare al gusto per il super esclusivo in voga oggi.

Una piccola ma interessante esposizione alla Biblioteca del Museo d’arte e d’archeologia di Ginevra presenta una selezione dei giornali femminili più rappresentativi degli ultimi due secoli.

La moda è un’industria potentissima, spesso dominata da piccoli gruppi e da individui molto influenti, specie di guru planetari che dettano tendenze, creano icone e spingono agli acquisti, o alla frustrazione, milioni di persone.

Già a partire dagli anni ’60 del XX secolo, il filosofo francese Roland Barthes aveva dedicato scritti importanti a quello che lui definiva il “sistema” della moda: il multiforme universo semantico del “vestimentario”, che si rigenera senza sosta di epoca in epoca, e che nella società dei consumi ha conosciuto un’evoluzione senza precedenti, diventando un fenomeno di massa.

Dalla corte alle sartorie

“Anche se esistevano già alcune incisioni nel XVIII secolo, è solo a partire dal XIX secolo che appaiono delle vere e proprie riviste femminili”, spiega a swissinfo Véronique Goncerut Estèbe, commissaria della mostra.

Fino a quel momento la moda era iper esclusiva, destinata alla corte. Dopo la Rivoluzione francese si assiste ad una moltiplicazione delle riviste e gazzette. Segno che sono aumentate le donne che sanno leggere, non solo tra le classi più agiate, e che vogliono “copiare” i modelli degli aristocratici. Le riviste allora avevano i cartamodelli per le sarte.

A metà dell’Ottocento Parigi è già la mecca indiscussa del “bon ton”. La maggior parte delle riviste di moda esposte a Ginevra provengono proprio dalla capitale francese. Se le prime riviste di moda contengono a malapena un’incisione dai colori sbiaditi, progressivamente si arricchiscono di elementi visivi e di consigli che esulano dalla moda.

Il corpo liberato

Passando dalla bacheca dedicata alla seconda metà dell’Ottocento a quella dei primi del Novecento (a malapena un salto di mezza generazione) assistiamo ad una spettacolare rivoluzione: “La liberazione del corpo della donna, che abbandona i corsetti, si taglia i capelli, nuota in costume da bagno, fa sport, mette i pantaloni”, fa notare la curatrice.

A livello di grafica si assiste all’apparizione della fotografia, ma l’incisione viene ancora utilizzata per le copertine o per certe riviste di lusso: “Riviste esclusive, molto care, frutto della collaborazione tra grandi grafici e grandi sarti, riservate ad un ristretto numero di clienti agiate”.

L’apogeo dell’incisione di moda coincide con l’inizio della “haute couture”: ma è anche la fine di un’epoca. Dopo le due grandi Guerre Mondiali le riviste rispecchieranno un nuovo ruolo della donna nella società: la donna che lavora, ottiene diritti, come i primi congedi pagati, e soprattutto attua la propria liberazione morale. “La donna non è più rappresentata solo come un oggetto da decorare”.

A partire dagli anni ’50 riviste come Vogue o Marie Claire cominciano anche ad essere curate da donne giornaliste e capo redattrici.

La rivista come oggetto d’arte

Nel dopoguerra la foto diventa dilagante e a partire dagli anni ’70 compaiono anche i primi fotografi “star”, come Helmut Newton. “Nel 1974 Andy Warhol lancia la rivista ‘Interview’ – che esiste ancora oggi – e che va ben al di là del semplice periodico di moda”, spiega Veronique Goncerut.

Oggi le riviste di moda più all’avanguardia non si trovano più nemmeno nei chioschi, ma bisogna ordinarle direttamente all’editore. Si sviluppano sempre più in direzione dell’arte e spesso con un atteggiamento controcorrente.

“Purple” ad esempio è pubblicata a Parigi solo in inglese, “Crash” volta addirittura le spalle alla fotografia e descrive una sfilata di moda solo con un riassunto e scarni disegni in bianco e nero.

“Vi è la volontà di queste riviste di punta di diventare sempre più delle espressioni artistiche autonome”. Il periodico di moda “Visionaire” non è nemmeno più una rivista, ma un oggetto da collezionisti.

Viene prodotto una, due volte l’anno, solo quando un generoso donatore decide di investire nella pubblicazione. “La Biblioteca ne possiede alcuni esemplari – spiega la curatrice – e cerchiamo di preservarli più intatti possibile. Se i lettori desiderano consultarli, chiamano un addetto che li tocca solo con i guanti bianchi”.

Alla faccia della democratizzazione della moda. Riviste destinate ad una ristrettissima elite: la moda ritorna e la storia si ripete.

swissinfo, Raffaella Rossello, Ginevra

La Biblioteca d’arte e d’archeologia di Ginevra è la più importante del genere in Svizzera.

Nei suoi archivi conserva anche una ricca collezione di periodici di moda, consultabili dal pubblico.

L’esposizione retrospettiva mostra le riviste e i periodici di moda più significativi, dal XIX secolo ad oggi.

Tutti i documenti, molto visuali, sono accompagnati da brevi testi sulla storia della moda, che aiutano a percepire l’evoluzione di un medium, la rivista di moda, che rispecchia molto da vicino l’evoluzione della società e del ruolo della donna.

Visionaire, lanciato nel 1991, si autodefinisce rivista, ma non consiste di un testo e non presenta abiti di moda: è un gadget di lusso.

Un numero di Visionaire ha una tiratura di 3 – 4000 esemplari l’anno. Il prezzo varia dai 500 ai 1500 franchi. La Biblioteca d’arte e d’archeologia di Ginevra colleziona anche questa rivista “futuristica”.

Un esemplare consiste ad esempio di foto tridimensionali da osservare mentre si mangia un certo tipo di caramelle, incluse nel cofanetto della “rivista”.

Un altro esemplare è fatto solo di boccette di profumo. Uno dei Visionaire esposti è un cofanetto di cuoio di Hermes che contiene cartoline postali e foto d’artista montate su cartone (con contributi di Jean-Paul Goude, Nan Goldin, Pedro Almodòvar)

Un altro esemplare è stato prodotto da un fabbricante di giocattoli: sono bamboline che rappresentano grandi creatori di moda, come Karl Lagerfeld, Vievienne Westwood, Jean Paul Gautier.

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