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Dietro al rincaro della benzina

Una pompa di benzina con indicati i prezzi ben al di sopra di 2 franchi al litro.
Anche in Svizzera si sta facendo strada l'ipotesi di ridurre i prelievi fiscali sui carburanti. © Keystone / Urs Flueeler

All'origine dell'impennata dei prezzi del carburante non c'è solo la guerra in Ucraina, ma ci sono problemi più strutturali. Ora però dovrebbe profilarsi un calo. Lo afferma uno specialista in materia di idrocarburi. Intanto si prospetta una riduzione del prelievo fiscale sui carburanti.

Cosa ci aspetta, a breve termine, sul fronte dei prezzi dei carburanti? “Mi affido ai mercati. I mercati stanno scendendo nelle ultime ore, negli ultimi giorni, e danno per quasi impossibile l’interruzione delle forniture di gas e di petrolio da parte della Russia. Perciò le dico anche che nei prossimi giorni dovrebbe essere confermata questa debolezza: prezzi in calo sia del petrolio – della materia prima – che dei prezzi alla pompa”.

A fornirci questa previsione, pur con tutte le cautele del caso, è uno specialista in materia di idrocarburi: Davide Tabarelli, economista, docente universitario a Bologna e fondatore, nel 2006, di una società di ricerca sull’energia e l’ambiente. A incidere sulle variazioni di prezzo del petrolio è tutta una molteplicità di fattori. Ma è soprattutto la dinamica fra domanda e offerta, riducendo il discorso all’osso, a risultare determinante. E l’attuale impennata dei prezzi è da ricondurre al fatto che attualmente “c’è molta domanda e l’offerta tentenna. Tutto qua”, afferma il nostro interlocutore.

“C’è un problema a livello globale di carenza di capacità produttiva e di materia prima, proprio di petrolio”.

Davide Taborelli, economista dell’Univeristà di Bologna

Stiamo insomma uscendo dalla crisi pandemica, la domanda mondiale torna ai livelli del 2019 (quindi nell’ordine di 100 milioni di barili al giorno), a fronte però di un’offerta che fatica a salire. Risultato: prezzi in crescita. Ma va tutto imputato al conflitto in Ucraina? In realtà, spiega l’esperto, vanno considerati problemi di natura più strutturale. La guerra in atto ha certamente accentuato la tensione al rialzo ma in presenza di “un problema a livello globale di carenza di capacità produttiva e di materia prima, proprio di petrolio”.  Inoltre in Europa “abbiamo anche ridotto molto la capacità di raffinazione e in parte anche quella logistica. E questo”, sottolinea, “sta creando un po’ di strozzature”.

Ma quanto incide effettivamente il prezzo al barile su quello dei derivati e segnatamente della benzina? Il rapporto fra i due, spiega Tabarelli, oscilla di norma intorno a 1,2/1,3: in buona sostanza il prezzo della benzina è superiore a quello del petrolio, a seconda dei periodi, in una misura variante fra il 20 e il 30%. In questo periodo si registra però molta instabilità e, alla luce di questo fattore, “bisogna stare sempre molto attenti a giungere a conclusioni affrettate”. Comunque sul lungo termine i ritardi “si annullano e abbiamo sempre questo rapporto 1,2/1,3 che viene rispettato”.

Intanto però sono i consumatori a pagare lo scotto dei rincari. E anche in Svizzera si sta facendo strada l’ipotesi di ridurre i prelievi fiscali sui carburanti, che hanno senz’altro un peso considerevole. Ma quali sarebbero vantaggi e svantaggi di questo ricorso alla leva fiscale? 

“Il segnale che deve emergere deve essere quello di fare un uso razionale di questo bene che è la benzina”.

Davide Taborelli, economista dell’Univeristà di Bologna

Su questa opzione Tabarelli si mostra aperto, sottolineando che un po’ in tutta Europa l’imposizione sui carburanti è molto elevata. Si può quindi ridurla, a tutto beneficio dei consumatori,  ma stando anche attenti al rischio che “con questa riduzione non andiamo a stimolare i consumi”. Perché il segnale che deve emergere dal mercato deve essere quello “di fare un uso razionale di questo bene che è la benzina”. D’altra parte, osserva l’esperto, “lo strumento più efficace per fare efficienza energetica è sempre quello del prezzo”.

E proprio sul versante dei prezzi dovrebbe allora profilarsi una diminuzione. Ma sul lungo termine, aggiunge Tabarelli, “dico anche che avremo la solita regola che dura da cento e oltre anni nell’industria petrolifera”. Ossia “che l’unica cosa certa del petrolio è l’incertezza”.

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