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Dick Marty: non solo risotto e Merlot

Per Dick Marty, in Svizzera occorre rafforzare il dialogo tra le regioni linguistiche Keystone

Presidente di Svizzera turismo, Dick Marty è stato eletto nel 1995 al Consiglio degli Stati, dopo un'esperienza di otto anni nel governo cantonale ticinese. Prima di approdare alla politica, Marty si è distinto nella magistratura ticinese, impegnandosi in particolare nella lotta contro la criminalità organizzata e il traffico di droga. A lui si deve il progetto di trasferire a Lugano la sessione del Parlamento svizzero.

La proposta di tenere una sessione delle Camere federali nella Svizzera italiana – idea invero assai ardita nell’austero e convenzionale contesto della politica nazionale – è nata da un incontro e da una constatazione.

L’incontro: in occasione di una cena, la Presidente del Consiglio di Stato del Canton Ginevra, tra i molti temi affrontati, mi disse quanto importante è stata la sessione del Parlamento federale svoltasi nella sua città nel 1991. Questa trasferta della politica nazionale per tre settimane a Ginevra aveva contribuito ad un netto miglioramento nei rapporti tra la Confederazione e il Cantone. Il resto della Svizzera, così mi disse, aveva meglio preso coscienza del ruolo specifico assunto dal Cantone nell’ambito delle istituzioni internazionali, un compito di evidente interesse nazionale fino allora poco conosciuto e non convenientemente considerato dalla politica federale.

La constatazione: la Berna federale ha un’idea assai vaga della Svizzera italiana; il Ticino, da parte sua, non conosce bene i meccanismi della politica nazionale. Penso che la cattiva conoscenza di una realtà sia più dannosa del fatto stesso dell’ignorarla del tutto, poiché fonte di malintesi, di equivoci e, dunque, di pregiudizi. In altre parole, le mezze verità sono peggiori delle menzogne, come sentenziato anni or sono dalla Corte di cassazione italiana. Sì, tra la Svizzera italiana e la Confederazione, esistono malintesi e pregiudizi. Nei due sensi.

Una sessione in Ticino non potrà di certo risolvere tutti i problemi. Potrà tuttavia contribuire ad una migliore conoscenza reciproca, una miglior comprensione proprio in un momento storico particolarmente delicato. La globalizzazione, infatti, esaspera la concorrenza a tutti i livelli e compromette i delicati equilibri che hanno permesso al Paese di crescere con armonia nonostante la diversità culturale.

La tradizionale solidarietà, pilastro della nostra cultura politica confederale, sembra sempre più lasciare il posto ad una visione sostanzialmente egoistica nell’affermazione dei propri interessi. Le zone periferiche, come lo è la Svizzera italiana, corrono i maggiori pericoli di emarginazione.

Credo che un Paese abbia bisogno anche di momenti fortemente simbolici (e non solo di finanze sane!). Di sicuro la presenza degli attori della politica federale – deputati, ministri, alti funzionari e media – per tre settimane a Lugano non servirà alla sola riscoperta del risotto o del Merlot, come già insinuato perfidamente. Un’immagine, questa, che indica bene quanto tenaci siano certi pregiudizi.

La sessione di Lugano – fatta di lavoro, di incontri informativi e anche di momenti conviviali – è soprattutto un’occasione preziosa per riflettere sui valori di questa Svizzera così composita, così ricca. Ma anche sulla necessità di preservare un dialogo, e non solo una convivenza, tra le diverse componenti del Paese. La Svizzera avrà così l’opportunità di rendersi conto di quanto la cultura italiana sia preziosa, indispensabile, per la propria identità, mentre il Ticino potrà riaffermare, con maggior forza e convinzione, il suo essere profondamente svizzero.

Dick Marty

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