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Di chi è la (non gelida) “manina” del salva Berlusconi?

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di Aldo Sofia

Quella della Bohème, e nello specifico della giovane Mimì, è “gelida”. E quella che ha infilato di soppiatto la norma “salva Berlusconi”? Una maliziosa “manina santa”? O, come suggeriscono altri, soltanto “una manina sbadata”? Fatto sta che il provvedimento (ora congelato) si è trasformato in un saporito caso politico. In una insidiosa buccia di banana. Ben altra cosa rispetto alla vicina di casa dell’infatuato Giovanni, a cui la ragazza dell’opera di Puccini si rivolge perché le si è spenta la luce e cerca una candela per poterla riaccendere.

Fuor di metafora: chi, sul frettoloso finale di una riunione di governo, nella generale distrazione ed euforia di una vigilia di Natale (era infatti il 24 dicembre) ha inserito di soppiatto nel decreto fiscale la cosiddetta “norma del 3 per cento”, che di fatto concederebbe a Silvio Berlusconi la possibilità di aggirare la legge Severino, e così riottenere, in particolare, quella candidabilità che la sentenza Mediaset gli preclude invece per i prossimi quattro anni?

Un maldestro tentativo, e un effetto perverso del Patto del Nazareno, sospettano i più. Si sa: Il premier e l’ex cavaliere hanno bisogno uno dell’altro. Soprattutto alla vigilia di due appuntamenti cruciali: riforma elettorale e scelta del nuovo capo dello Stato. “Tu mi garantisci i voti, e io la piena riabilitazione politica”. Questo, pensano in molti, era il patto sottobanco.

Ma se così fosse, ci sarebbe piuttosto da chiedersi di chi è stata la “manina” che, per di più nelle 48 ore in cui non uscivano i giornali, ha poi deciso di “far uscire la notizia”. Perché nemmeno questo è stato chiarito. Doppio mistero, dunque: chi è l’autore del provvedimento canaglia, e chi lo ha svelato?

E se la provvidenziale mano fosse una sola, sornionamente interessata alla doppia operazione. Per mettere in difficoltà due leader alla guida di truppe non proprio disciplinate e fedeli. E per sabotare un patto di legislatura che molti considerano poco etico (la minoranza PD contesta l’accordo col “pregiudicato”) e altri giudicano controproducente (quella parte di Forza Italia che vede un Silvio troppo succube dell’ex sindaco di Firenze, e dunque elettoralmente in difficoltà).

“La manina è la mia”, ha infine confessato lo stesso Renzi. Una battuta, naturalmente. Un modo per smetterla col gioco dello scaricabarile, e tentare di uscire dall’angolo promettendo di correggere , ma solo dopo la nomina del nuovo presidente della Repubblica, una norma che da più parti viene comunque criticata per il suo contenuto: in effetti, l’idea di base é quella di depenalizzare il reato se l’evasore non supera una determinata percentuale in rapporto al maltolto. Una sorta di mini-condono.

Ecco dunque Renzi anche in versione San Sebastiano, sono il colpevole, trafiggetemi pure, ma rimedierò. Qualche malizioso suggerisce che, fatta salva una bella “faccia tosta”, anche in questo caso il premier, che cerca voti a 360 gradi, potrebbe avere molto da guadagnare. Agli elettori di Forza Italia manda a dire, “vedete, io ci ho provato”; e ai suoi contestatori interni, “vedete, ascolto anche le contestazioni della sinistra”.

E se il tutto fosse semplicemente il risultato di una équipe di governo spesso vittima dell’improvvisazione e pasticciona? Beh, non rimarrebbe che citare la massima di Talleyrand, principe vescovo e politico francese: “tutto questo è stato peggio di un crimine, è stato un errore”.

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