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La Svizzera, paese in via di sviluppo nell’e-democracy

A dispetto della sua "Crypto Valley", mecca delle tecnologia di sicurezza informatica, la Svizzera è decisamente in ritardo nel campo della digitalizzazione della democrazia diretta. Reuters

In tutto il mondo iniziative dei cittadini e start-up sperimentano nuove forme di partecipazione politica tramite il web. E cosa fa la Svizzera? Ha perso il treno di questa nuova tendenza, a dispetto del fatto che, quale "campione del mondo di democrazia diretta" – in nessun altro paese ci sono così tante votazioni popolari a livello nazionale –, sarebbe stata predestinata per il loro sviluppo. Quali sono le ragioni di questa contraddizione?

In Germania e Portogallo, i cittadini si esprimono per via elettronica sul bilancio dei loro comuni. In Australia e Argentina, gli elettori potranno probabilmente presto votare direttamente in questo modo su oggetti parlamentari. In Estonia, si riceve una sorta di cittadinanza virtuale, che permette di fondare aziende.

Sei anni, 6’600 contributi: questo è il “caveau” di SWI swissinfo.ch riempito nel corso di 66 mesi con il suo focus sulla Democrazia Diretta. Quest’estate vi presenteremo dieci contributi che hanno mantenuto intatto il loro valore. Perché la democrazia, assieme alla questione climatica e alla previdenza per la vecchiaia, rappresenta uno dei grandi temi globali della nostra epoca.

E cosa succede in Svizzera in materia di democrazia digitale? Praticamente nulla!

“Democrazia diretta digitale”

Notizie false diffuse da fabbriche di troll, bolle di filtraggio di social media, bot, politica globale via Twitter: il confronto con la digitalizzazione è ormai praticamente ovunque in cima all’agenda politica.

In una serie di contributi per #DearDemocracy , Adrienne Fichter spiega influssi ed effetti delle tecnologie digitali sul sistema e i processi della democrazia diretta svizzera.

Concretamente Adrienne Fichter si focalizza sull’influenza dei social media su elezioni e votazioni, partecipazione civica digitale, e-government, tecnologie civiche e dati aperti.

Dopo l’assistenza elettorale interattiva del progetto di ricerca smartvote.chCollegamento esterno e le visualizzazioni delle votazioni delle Camere federali della piattaforma politnetz.chCollegamento esterno, in Svizzera non è più stata prodotta alcuna “vera” innovazione di democrazia digitale. Il voto elettronico è in fase di stallo da tempo. L’adattamento digitale dei diritti popolari si scontra con limiti legali. Strumenti come wecollect.chCollegamento esterno facilitano la distribuzione dei formulari per la raccolta di firme per iniziative popolari o referendum. Ma il formulario va ancora stampato, riempito e firmato di proprio pugno e poi spedito per posta.

Paesi con democrazie rappresentative hanno superato la Svizzera da tempo. Ciò appare come un paradosso, poiché le condizioni della Svizzera sarebbero ideali come laboratorio di democrazia digitale: con la sua democrazia diretta finemente equilibrata, il Centro della democrazia di Aarau, i Politecnici federali di Zurigo (ETH) e di Losanna (EPFL) e le numerose startup di tecnologie di sicurezza digitale della “Crypto ValleyCollegamento esterno” nel cantone di Zugo, dispone delle migliori condizioni preliminari per collocarsi saldamente in vetta alla classifica quale “hub” per innovazioni di democrazia digitale sicure.

A questo si aggiunge l’elevata penetrazione della digitalizzazione: l’85% della popolazione usa Internet regolarmente. È una delle maggiori proporzioni nel confronto tra i paesi membri dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Allora perché siamo ancora un paese in via di sviluppo nel campo della democrazia diretta digitalizzata?

Il freno del federalismo

Uno che ci può aiutare è Hannes Gassert, pioniere in campo di dati aperti e uno dei pochi imprenditori politici in Svizzera. Insieme con l’Impact Hub Bern e il Center for Public Impact, ha messo in piedi lo staatslaborCollegamento esterno (laboratorio statale). Tramite metodi agili e il design thinking, questa startup diretta da Alenka Bonnard vuole rendere lo Stato più efficiente e più dinamico sul piano digitale.

Questa forma è unica in Svizzera. Gassert e Bonnard operano praticamente senza concorrenza, poiché non esiste un mercato per i “servizi di governance”. Dato che non c’è nessun fondo di finanziamento per sostenere dei partenariati pubblico-privato nel campo della democrazia digitale, si deve ricorrere ad altri donatori per colmare la lacuna. Il laboratorio è supportato finanziariamente ad esempio dal fondo per progetti pionieristici Engagement Migros, il numero uno del commercio al dettaglio svizzero.

Hannes Gassert, pioniere in Svizzera dei dati aperti, è fra l’altro cofondatore della startup staatslabor. twitter

Anche Gassert non riesce veramente a spiegarsi perché in Svizzera start-up e settore pubblico si evitano. A suo avviso, uno dei motivi della mancanza di un innovativo cluster della democrazia elvetico è l’autonomia molto pronunciata dei cantoni nella struttura federale della Svizzera. La competenza cantonale per votazioni ed elezioni è una vacca sacra inviolabile. In generale c’è poco scambio tra i cantoni, diversamente si sarebbe probabilmente molto più avanti con l’e-vote, osserva Gassert.

Il rompicapo federale si vede anche nell’e-government, inteso come uso delle nuove tecnologie per migliorare i servizi pubblici e i processi democratici. Da anni, la Svizzera stagna a metà delle classifiche internazionali, a causa soprattutto della mancanza di una strategia a livello nazionale. La Svizzera si ritrova per esempio al 29° posto della classificaCollegamento esterno dell’ONU 2016 per l’e-government.

Reinhard Riedl, professore alla Scuola universitaria professionale di Berna, spiega questo piazzamento scadente con il fatto che in Svizzera ci si accontenta volentieri dello status quo. In generale, le autorità e i politici se ne infischiano di fare un dibattito filosofico sulla democrazia digitale e l’e-government: per loro contano solo le cifre, si rammarica Riedl.

Le innovazioni nel settore pubblico sono tuttora affrontate dal profilo dell’economia aziendale. Vale la pena o meno? I fatti parlano da soli: l’uso dell’offerta di e-government “e-fattura” comporterebbe un risparmio di circa 225 milioni di franchi l’anno per le aziende, calcola Anna Faoro dell’organizzazione degli enti pubblici E-government SvizzeraCollegamento esterno.

e-government = informatica per l’amministrazione

Tuttavia, nonostante le cifre chiare, il dibattito sulle innovazioni per agevolare il cittadino nella rete langue. Questo ha anche ragioni culturali. A un’istituzione organizzata gerarchicamente, come l’amministrazione federale, la partecipazione sembra ancora un incubo.

Una fonte dell’amministrazione federale, che lavora anche nel campo dell’e-government, dice: “In linea generale, l’informatica ora è chiamata e-government. Sono in gioco molti soldi per tutti i tipi di società di consulenza e di informatica. Ma non si tratta quasi mai di sviluppo organizzativo o partecipazione, bensì di tecnologie informatiche. Perciò, dopo dieci anni di e-government siamo ancora molto lontani dagli obiettivi”.

È interessante notare che delle ricerche citano proprio il sistema di democrazia diretta come ostacolo per esperimenti digitali. Uno studio dei pubblicisti Ulrike Klinger, Stephan Rösli e Otfried Jarren, dell’università di Zurigo, del 2015, sulla comunicazione online partecipativa nelle città svizzere, mostra che le amministrazioni hanno difficoltà a vedere l’utilità di progetti di partecipazione digitali. Il motivo: i diritti politici dei cittadini in Svizzera sono già sufficientemente vasti. Le autorità non sanno come si dovrebbe ancora formalmente incorporare il feedback in rete dei cittadini, in processi già molto istituzionali.

Consultazione digitale come lume di speranza

Ma qualcosa si sta facendo nella società civile digitale. L’imprenditore Hannes Gassert e la sua società LiipCollegamento esterno puntano su una delle istituzioni centrali del sistema svizzero: la procedura di consultazione, a cui partecipano tutti i soggetti coinvolti nella politica, nell’economia e nella società. Più precisamente, è la prima fase del processo legislativo in Svizzera, nella quale tutti i gruppi d’interesse sono invitati a prendere posizione.

“La procedura di consultazione è l’arma segreta della Svizzera”, afferma Gassert. La sua azienda collabora con la società statunitense “DOBT Department of Better Technology”. Questa mette il software ScreendoorCollegamento esterno, una piattaforma di servizi digitali, a disposizione di governi, autorità e amministrazioni. Gassert e il suo team hanno adattato la piattaforma per un progetto pilota, conformandolo alle peculiarità svizzere. Se la valutazione in calendario per la corrente primavera avrà successo, l’infrastruttura per una “procedura di consultazione digitale” verrebbe lanciata e sarebbe per tutti i comuni.

Altre start-up si muovono nel “campo minato” dell’e-voting. L’azienda svizzera-estone Procivis vorrebbe creare una piattaforma svizzera per prestazioni di servizi pubblici con la tecnologia blockchain (utilizzata in particolare per i Bitcoin), seguendo l’esempio dell’Estonia. Si tratterebbe di una sorta di iTunes o Google Play per app dello Stato.

Il CEO di ProcivisCollegamento esterno, Daniel Gasteiger vede persino un lato positivo nella scala ridotta che comporta il federalismo svizzero. “In passato si è dimostrata anche molto valida. Se così non fosse stato, la Svizzera non sarebbe diventata un paradiso della stabilità”. Inoltre l’autonomia cantonale fa della Svizzera un campo di sperimentazione unico nel suo genere: come nella competizione sportiva, la miglior soluzione digitale cantonale dovrebbe imporsi a livello nazionale, osserva Gasteiger.


*L’autrice, per due anni e mezzo, ha contribuito alla creazione della start-up politnetz.ch, dove ha diretto il comparto social media e community.


Voi siete favorevoli o contrari al voto online? Perché? Scriveteci le vostre opinioni.

(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

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