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Il dibattito sull’e-voting, una battaglia per la democrazia

Un momento del lancio dell'iniziativa per una moratoria sul voto elettronico, Lucerna 16 marzo 2019. © Keystone / Alexandra Wey

Dopo anni di test e di discussioni, il voto elettronico in Svizzera è giunto a un bivio. Il governo lo vorrebbe rendere accessibile a tutti, mentre una campagna che travalica i partiti cerca di fermarlo.

Non è facile essere la Posta Svizzera. Prima è arrivato internet e le persone hanno smesso di scriversi delle lettere. Più di recente, nel 2018, AutoPostale, una società affiliata che gestisce servizi di autobus regionali, è stata coinvolta in uno scandalo delle sovvenzioni che ha portato alle dimissioni della CEO della Posta, a una grande attenzione pubblica e alle recenti richieste di privatizzazione.

Poi, quasi due settimane fa, è stata scoperta una falla nel sistema di voto elettronico, progettato da una società spagnola, che la Posta prevedeva di introdurre in diversi Cantoni già per le elezioni parlamentari federali del prossimo autunno. E questa settimana, è stata individuata una seconda falla.

Nel frattempo, l’opposizione al progetto di voto elettronico ha fatto un altro salto di qualità: il 16 marzo un gruppo eterogeneo di esperti informatici e di politici di diversi partiti ha lanciato la campagna per un’iniziativa popolareCollegamento esterno che (se accettata) imporrebbe una moratoria di cinque anni su qualsiasi altro esperimento di voto online in Svizzera.

Nicolas A. Rimoldi, 24 anni, membro della sezione giovanile del Partito liberale radicale di Lucerna che coordina la campagna, non ha peli sulla lingua quando parla dell’azienda statale. A suo avviso, la Posta Svizzera ha affrontato il bug nel sistema di voto elettronico in modo “poco trasparente” e “irresponsabile”, “minimizzando avvertimenti e rischi” e “minando la fiducia” degli elettori.

Fiducia e credibilità, dice, sono il fulcro della democrazia e delle elezioni: i promotori della campagna che coordina ritengono che entrambi siano stati danneggiati da sistemi di voto elettronico poco trasparenti e che sia giunto il momento di “rendere di nuovo sicura la democrazia svizzera”.

Punto di svolta

Ma perché il voto elettronico è diventato una patata tanto bollente proprio ora? I primi test in Svizzera con sistemi di voto elettronico risalgono al 2003 e da allora ci sono stati molti altri esperimenti a livello cantonale (più di 300 all’ultimo conteggio).

I sistemi in uso

Attualmente in Svizzera il voto online è ancora nella fase di prova. Sono utilizzati due sistemi. Il “CHvote“, sviluppato da Ginevra, è usato anche dai cantoni di Berna, Lucerna, San Gallo, Argovia e Vaud, mentre il “Post E-Voting” è usato da Neuchâtel, Friburgo, Turgovia e Basilea Città. In tutti i dieci cantoni questo canale è offerto agli svizzeri all’estero, ma solo cinque – Ginevra, Neuchâtel, Friburgo, San Gallo e Basilea Città – lo mettono a disposizione di parte dell’elettorato residente nel cantone.

Per motivi di sicurezza, le prove di e-voting sono autorizzate soltanto per una certa percentuale dell’elettorato. Per passare alla fase in cui il voto online diventa il terzo canale ordinario a disposizione di tutto il corpo elettorale, devono essere sviluppati sistemi di generazione più avanzata rispetto a quelli utilizzati finora. Per motivi finanziari, il cantone di Ginevra ha deciso di rinunciare: il suo sistema sarà ancora utilizzato soltanto quest’anno. La Posta ha invece deciso di sviluppare il proprio sistema per ottenere l’autorizzazione per l’e-voting generalizzato.

Uno dei motivi è che la Svizzera ha raggiunto un punto in cui la tecnologia sembra destinata a passare a una nuova fase per permettere di mettere il voto online a disposizione di tutto l’elettorato.

Sostenitore del voto elettronico, il governo federale già nel 2017 aveva fissato come obiettivo l’offerta di questo canale di voto nei due terzi dei 26 Cantoni per le elezioni federali dell’ottobre 2019. (Finora solo il 2% circa degli elettori svizzeri ha votato online). 

Naturalmente non c’è garanzia: la raccomandazione dell’esecutivo federale non è vincolante e i cantoni sono liberi di decidere se introdurre il voto elettronico o meno. E attualmente è praticamente certo che quell’obiettivo non sarà raggiunto.

Intanto, lo scorso dicembre, il Consiglio federale si è comunque mosso per preparare il passaggio dell’e-voting dalla fase sperimentale a quella di terzo canale ordinario di voto, accanto a quello tradizionale nell’urna dei seggi elettorali e a quello per corrispondenza: ha adottato un avamprogetto di revisione della legge sui diritti politiciCollegamento esterno in tal senso. Questo è sottoposto a consultazione fino al 30 aprile. In base alle risposte, il governo elvetico deciderà il seguito.

Ma Rimoldi ritiene che sia giunto il momento di mettere un freno alla diffusione generalizzata dell’e-voting. “Dopo quasi due decenni, centinaia di test e milioni di franchi, il sistema ancora non funziona”, afferma. “Ormai è nostro dovere fermare questi sviluppi”.

Un altro fattore è il clima politico. Con l’indagine Mueller negli Stati Uniti, lo scandalo Cambridge Analytica, i timori di notizie false e i bot che influenzano l’opinione pubblica, la questione dell’ingerenza elettorale – interna o esterna – è un grande cruccio per chi si preoccupa dell’integrità delle democrazie.

Il punto di vista dell’hacker

La qualità della democrazia è una delle principali preoccupazioni di Hernani Marques, membro del Chaos Computer ClubCollegamento esterno (CCC). Marques è uno specialista informatico che incontra hacker,  appassionati di computer e  cyberutopisti in un ufficio vicino alla stazione Hardbrücke di Zurigo. Egli è fermamente contrario ai progetti di voto elettronico del governo perché ritiene che la tecnologia non sia all’altezza, come dimostrano le falle trovate dagli hacker.

A suo avviso il dibattito va oltre la tecnologia e si è politicizzato soprattutto perché “la gente non si rende conto dei rischi che comporta”. Alcuni tendono a confondere l’uso della tecnologia per votare con l’uso della tecnologia per servizi come lo shopping o le operazioni finanziarie in linea – dice – servizi che sembrano funzionare bene. Ma qui si parla di democrazia: “Non c’è paragone!”

Senza dubbio, come emerge da recenti rivelazioni della ricercatrice canadese Sarah Jamie Lewis, il sistema della Posta Svizzera, che rimescola i voti elettronici per proteggere la privacy di chi li esprime, non è a prova di manipolazione. Secondo le ricerche di Lewis, la manomissione, con o senza collusione di un insider (ad es. un collaboratore disonesto della Posta Svizzera) potrebbe essere effettuata senza lasciare tracce, tramite un cosiddetto “mix server”.

Marques avverte che ciò potrebbe portare ad ampie frodi elettorali o a campagne di disinformazione su larga scala. Questi scenari non sono impossibili con le attuali pratiche cartacee, ma l’e-voting li collocherebbe su una scala infinitamente più ampia.

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Cavilli aggiunti

Non è solo lo scenario apocalittico di un’ingerenza elettorale che irrita gli avversari del voto elettronico. Altri effetti dannosi incombono sulla democrazia, sostengono: la complessità dei processi, incomprensibili per la maggior parte degli elettori comuni;  costi più elevati, presumibilmente a spese del contribuente. D’altra parte, il voto online non darebbe l’effetto sperato di aumentare i tassi di partecipazione, aggiunge Rimoldi.

È stato anche suggerito che l’e-voting potrebbe esacerbare le stesse disparità sociali che cerca di affrontare. Persone come Marques ritengono che l’idea generale del voto elettronico vada bene, ma che sia tutt’altro che pronta per essere messa in pratica. 

“In definitiva, noi [il CCC] non vediamo come si possa creare un sistema che permetta un vero controllo democratico”, dice. “Forse non lo sarà mai, nel senso che sia anche universalmente comprensibile, e quindi affidabile”. Per lui, il vero ostacolo è la garanzia della segretezza del voto.

Rimoldi e il Chaos Computer Club sono d’accordo. Ma le autorità svizzere non lo sono. Nella sua risposta alle rivelazioni degli hacker, il governo ha esortato la Posta Svizzera a lavorare per rimuovere il bug, ma ha sottolineato che i risultati dell’intrusione non significano che l’intero sistema sia marcio. Il problema sta semplicemente nel rilevare se la manipolazione è avvenuta o meno, dicono.

Sotto la spinta di vari elettori, tra cui molti svizzeri all’estero, il governo continuerà a sostenere l’e-voting come mezzo per promuovere la partecipazione politica di un maggior numero di elettori.

La Posta Svizzera, nel frattempo, ha chiesto a Scytl – l’azienda spagnola incaricata di sviluppare il software – di correggere l’errore, mentre il concorso pubblico di hacking è rimasto aperto fino al 24 marzo. I premi sono ancora da assegnare. Lewis è esclusa perché non ha partecipato al concorso; voleva rivelare pubblicamente la falla.

Una lotta per la democrazia

Allora, quale sarà la prossima mossa? La Posta finora si è dichiarata fiduciosa sulla possibilità di riuscire a risolvere i problemi emersi e dunque di poter proporre il suo nuovo sistema di voto elettronico a quei cantoni che lo vogliono. Ma per saperne di più si deve aspettare la presa di posizione ufficiale.

Una cosa è comunque certa: allo stadio attuale, ossia con l’esistenza delle due falle, il nuovo sistema di voto elettronico della Posta non risponde alle esigenze per ottenere l’autorizzazione della Confederazione, ha confermato all’agenzia di stampa svizzera Keystone-ATS il portavoce della Cancelleria federale René Lenzin.

Per quanto riguarda gli oppositori, hanno tempo fino al settembre 2020 per raccogliere le 100’000 firme necessarie per ottenere un voto nazionale sulla questione. Ce la faranno? Nelle condizioni attuali, il sostegno potrebbe essere difficile – i sondaggi hanno dimostrato che i cittadini svizzeri sono (fino ad ora) largamente a favore dell’e-voting. Ma i sondaggi sono stati realizzati prima della recente copertura mediatica sui problemi di sicurezza.

In ogni caso la democrazia è ora al centro dell’attenzione. Entrambi gli schieramenti sono convinti di operare per la sua salvaguardia e il suo rafforzamento. L’e-voting sta diventando un argomento molto più scottante di quanto i suoi primi sostenitori si aspettassero.

(Traduzione dall’inglese di Andrea Tognina)

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