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“Non abbiamo cifre, ma si avverte la pressione”

I chiarimenti di Stefano Rizzi, direttore della Divisone dell'economia

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Lo sviluppo economico del Cantone TicinoCollegamento esterno passa dal sostegno alle aziende esistenti, alle start-up, a chi vuole mettersi in proprio. Ma anche dal favorire l’insediamento di aziende dall’esteroCollegamento esterno.

Certo, questa parte della strategia è delicata: la prossimità con l’Italia, specie in momenti di crisi, potrebbe spingere imprenditori della Penisola a cercare rifugio in Svizzera tentando di portare con sé manodopera e condizioni retributive, assumendo cioè solo o prevalentemente lavoratori frontalieri, con salari tendenti a quelli del paese d’origine. Recenti fatti di cronaca hanno svelato realtà assai precarie [Ancora abusi in un call centerCollegamento esterno, Non pagati ma minacciatiCollegamento esterno, Paghe da fame “travestite” da salari veriCollegamento esterno, Salari da fame in TicinoCollegamento esterno, Contratti falsi, lavoro veroCollegamento esterno, Tripartitica: diversi gli abusi registratiCollegamento esterno].

Stefano Rizzi, direttore della Divisione dell’economia al Dipartimento finanze ed economia del Cantone Ticino, presiede la Commissione tripartitaCollegamento esterno in materia di libera circolazione delle persone. Composta da rappresentanti delle organizzazioni dei lavoratori, dei datori di lavoro, e dello Stato, ha il compito di sorvegliare il mercato del lavoro e individuare situazioni d’abuso.

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Dati ufficiali, sul numero di aziende italiane insediate in Ticino negli ultimi anni, non ce ne sono, fatto salvo per le 127 censite tra il 1997 e il 2013 da CopernicoCollegamento esterno, un’iniziativa di marketing territoriale. Si tratta quindi solo delle imprese che hanno preso contatto con l’Amministrazione cantonale.

Lo scorso febbraio, il domenicale svizzero-tedesco SonntagsZeitung ha pubblicato delle cifre fornite da un istituto d’indagine privato [“Italiane” un terzo delle nuove impreseCollegamento esterno]. La Divisione dell’economia -dopo una verifica dell’Istituto di ricerche economicheCollegamento esterno, che ha preso contatto con la fonte del giornale- ritiene che tali dati manchino di valenza statistica, poiché raccolti per la redazione dell’articolo, senza uno studio e il dovuto rigore metodologico.

Meno chiare le fonti del quotidiano italiano Il Giorno, secondo cui oltre la metà delle aziende fallite in Ticino tra gennaio e luglio 2014 sarebbero d’origine italiana e due terzi di esse avrebbero chiuso per i controlli sistematici su imposte, contratti e salari minimi, norme di sicurezza. In realtà, le “lacune organizzative” citate dall’articolo corrispondono alla mancanza di organi societari [art. 731b del Codice delle obbligazioniCollegamento esterno] e non a infrazioni di normative fiscali o del lavoro, come interpretato dal giornalista.

Nondimeno, la Divisione diretta da Stefano Rizzi sta cercando nuove piste per analizzare i flussi di aziende dall’Italia al Ticino.

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Lo scorso 9 febbraio, gli svizzeri hanno approvato in votazione popolare un articolo costituzionale che introduce tetti massimi annuali e contingenti annuali per gli stranieri, che comprenderanno anche i lavoratori frontalieri.

Il Cantone sta lavorando dunque in una nuova prospettiva.

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